Ruby 3, nuovo processo per corruzione in atti giudiziari
Papi non c’è più, ma il processo Ruby 3 continua. Lo ha deciso ieri (14 ottobre 2024) la Corte di cassazione, che ha annullato la sentenza di assoluzione del 15 febbraio 2023 e ha disposto il processo d’appello per stabilire se c’è stata corruzione in atti giudiziari, con il pagamento da parte di Silvio Berlusconi di una ventina di ragazze presenti alle feste di Arcore del bunga-bunga, che erano poi diventate testimoni nei processi Ruby 1 e Ruby 2, in cui avevano negato che ci fosse del sesso nelle “cene eleganti”.
I pm d’accusa, il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano e l’aggiunto Luca Gaglio, avevano fatto ricorso direttamente in Cassazione (“revisio per saltum”) contro una sentenza pronunciata non sui fatti, ma su qualificazioni giuridiche. La suprema corte ha accolto tutti e quattro i motivi del loro ricorso e ora l’appello si dovrà celebrare entro i binari stabiliti dalla Cassazione.
Un brutto colpo per la settima sezione penale del Tribunale di Milano, presieduta da Marco Tremolada (lo stesso che aveva assolto tutti gli imputati di Eni-Nigeria). La sentenza Ruby 3 non aveva valutato i fatti accertati, cioè i pagamenti che Berlusconi aveva elargito alle ragazze delle feste e agli altri testimoni (almeno 4 milioni di euro) affinché mentissero ai giudici; ma aveva stabilito che quegli imputati non dovevano essere considerati testimoni, bensì indagati già all’epoca. Se non erano testimoni con l’obbligo di dire la verità, svanisce l’imputazione di falsa testimonianza; e, non essendo testimoni, non erano neppure pubblici ufficiali, dunque svanisce anche il reato di corruzione (che solo un pubblico ufficiale può commettere).
La settima sezione aveva così contraddetto 32 giudici, i tre collegi del Ruby 1, i cinque del Ruby 2 e i due giudici dell’udienza preliminare che avevano già valutato e seccamente respinto l’ipotesi di considerare le ragazze imputate e non testimoni. I pm hanno sostenuto in punto di diritto davanti alla Cassazione che invece gli imputati avevano mantenuto la qualità di testimone e pubblico ufficiale, dunque erano imputabili del reato di corruzione in atti giudiziari. La Cassazione ha dato loro ragione e ora il processo d’appello dovrà stabilire se gli imputati sono colpevoli di corruzione in atti giudiziari, avendo mentito ai giudici in cambio di denaro e regali (auto, case…), essendo dunque corrotti in concorso con Silvio Berlusconi, il (presunto) corruttore non più processabile perché defunto.
È andata invece prescritta per tutti l’accusa di falsa testimonianza. Caduta anche l’accusa di riciclaggio per Luca Risso, all’epoca fidanzato di Ruby, ovvero Karima El Mahroug, la ragazza allora minorenne che Berlusconi pagava in cambio di prestazioni sessuali. Risso è considerato l’intermediario e gestore dei soldi arrivati da Arcore, ma per lui il ricorso dei pm milanesi è stato ritenuto inammissibile.
“Non è ancora finita”, dichiara a caldo Marysthelle Polanco, una delle imputate (foto qui sopra). “Berlusconi è morto ma adesso il processo è mio. Pensavo non andasse così, lui è assolto e io rischio di essere condannata. Com’è possibile?”. Commenta il suo avvocato, Paolo Cassamagnaghi: “Mai così desideroso come oggi di leggere le motivazioni. A oltre tredici anni dai fatti si ricomincia: senza alcuni pezzi, perché sono prescritti, e senza il presunto corruttore Berlusconi che è morto dopo essere stato assolto e l’assoluzione per lui è definitiva”. Sotto: Karima El Mahroug detta Ruby.