Calajò, capo incontrastato del quartiere milanese della Barona, si trova in cella dallo scorso aprile per traffico di droga. E nonostante questo può contare sull’amicizia con pezzi da novanta oggi liberi.
Tra questi il boss della ’ndrangheta Salvatore Barbaro, legato al clan Barbaro-Papalia e il killer di Cosa Nostra Antonio Sinagra, sorvegliato speciale a Segrate, e già organico alla famiglia palermitana di Corso dei mille.
Ora nelle documentate annotazioni della penitenziaria emergono chiare le sue minacce nei confronti dei pm Francesco De Tommasi e Gianluca Prisco, titolari del fascicolo, che proprio per questo, come rivelato dal fatto.it, da luglio sono stati messi sotto scorta. Decine i passaggi intercettati. Dice Calajò: “Sono fiero di essere Cosa Nostra! Appena esco compro una famiglia (…) li ammazziamo a tutti! Una bomba (…) e stavolta non sbagliamo. Non ci inginocchiamo”.
Annota la penitenziaria: “In alcune conversazioni sono stati richiamati gravi fatti di sangue che hanno visto protagonisti giudici che si erano opposti alla mafia, come ad esempio il riferimento all’attentato ai giudici Falcone e Borsellino” che Nazzareno si prefigge di emulare: “E vedo se posso fare pure saltare all’aria De Tommasi, la Dolci (Alessandra Dolci capo della Dda, ndr) e pure Prisco, vedrai che ce la faccio pure a far saltare all’aria a questi. Ce l’hanno fatta quelli non ce la devo fare io?”.
Ma è soprattutto il pm De Tommasi a finire nel mirino del boss a capo, si legge, “di un sodalizio che racchiude in se tutte le caratteristiche tipiche di un’associazione di stampo mafioso”. Accusa, quella di mafia, che al momento non è contestata a Calajò. Che, intercettato, prosegue: “De Tommasi non ti conviene, credimi. Lasciaci stare e siamo a posto così e ti salvi la vita! A me di questa galera non me ne fotte niente. E te lo faccio vedere, non è uno scherzo! Ti lascio in un lago di sangue. Tuo padre, tua madre, i tuoi fratelli, le tue sorelle, i tuoi figli li uccido tutti!”.
E ancora: “Io lo ammazzo De Tommasi, ti mangio come un cannibale, lo sgozzo (…). Ti faccio esplodere con una bomba (…). Il Tribunale di Milano lo faccio arrivare su Marte”. Calajò è senza freni: “Ti faccio fare la fine di quei due porci di merda (…). Ti faccio diventare un martire come loro”. Dopodiché aggiunge: “Non vi preoccupate, giù in cantina abbiamo quattro bombe e quattro mitra”.
Parole intercettate che nella storia dell’antimafia milanese non si erano mai ascoltate. Per primo se le intesta Nazzareno Calajò, la cui recente vicenda criminale, compresi i suoi legami d’affari con i capi delle curve di Inter e Milan, è stata qui raccontata più volte. Tanto che nell’elenco dei minacciati finisce anche il direttore Marco Travaglio: “Pensa te! Il Fatto quotidiano di quell’infame di Travaglio! – dice Calaiò – A Travaglio lo taglio in due con una motosega, il minimo che potrei fare a uno scarafaggio così”.