Anche Meloni fa la guerra ai magistrati: benvenuta nell’eterna storia italiana
Chi sperava che Giorgia Meloni portasse aria nuova nei rapporti tra politica e magistratura ora deve proprio ricredersi. Anche Giorgia entra nella lunga storia italiana dei politici di governo che additano i magistrati come nemici della politica, anzi della democrazia. La giudice di Catania che interpretando le leggi rimette in libertà un immigrato diventa un eversore che “si scaglia contro i provvedimenti di un governo democraticamente eletto”.
A luglio, appena nascosta dietro il fragile schermo delle “fonti Chigi”, aveva attaccato le toghe colpevoli di indagare due membri del suo governo, Daniela Santanché e Andrea Delmastro. Mancano solo i servizi dei Tg melonizzati sul colore dei calzini di qualche giudice e poi saremo ripiombati in pieno clima berlusconiano.
Certo, per ora Silvio Berlusconi è ancora ineguagliato. I pm milanesi che lo indagavano erano “un’associazione a delinquere”. Quelli che lo mettevano sotto inchiesta erano “un cancro della democrazia che va estirpato”. Silvio ha fatto scuola. Anche a sinistra, o da quelle parti. Matteo Renzi ha attaccato con nomi e cognomi i magistrati colpevoli di aver aperto inchieste su di lui e sui suoi canali di finanziamento: autori di condotte “eversive” e “scandalose”, creatori di tesi accusatorie “farneticanti” e “strampalate”.
L’altro Matteo, Salvini, per non essere da meno, da ministro aveva messo nel mirino le toghe che osavano indagare su esponenti della Lega. Atti dovuti, ma lesa maestà. Ora, per un attimo, fa coppia con Giorgia: “Le notizie sull’orientamento politico della giudice di Catania sono gravi, ma non sorprendenti”. No, nessuna sorpresa: continuità dei governi contro la giustizia.