SEGRETI

Stragi del 1993: indebolire il governo Ciampi per aprire la strada a Berlusconi

Stragi del 1993: indebolire il governo Ciampi per aprire la strada a Berlusconi

di Lirio Abbate/

Indebolire Ciampi per favorire Berlusconi

Le stragi del 1993 a Roma, Milano e Firenze, sono servite «per indebolire il governo Ciampi» che in quel momento era alla guida del Paese, ed avevano l’obiettivo di «diffondere il panico e la paura tra i cittadini, in modo da favorire l’affermazione del progetto politico di Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri». Lo affermano i magistrati della procura antimafia di Firenze titolari dell’inchiesta sui mandanti esterni degli attentati di trent’anni fa in cui è indagato Marcello Dell’Utri in concorso con i boss di Cosa nostra, Filippo e Giuseppe Graviano.

Gli investigatori del Centro operativo della Dia di Firenze e Milano si sono presentati ieri a casa di Dell’Utri ed hanno eseguito un decreto di perquisizione disposto dai procuratori aggiunti Luca Turco e Luca Tescaroli e dal pm Lorenzo Gestri. Gli agenti hanno ispezionato pure gli uffici dell’ex senatore in via Senato.

E sono stati individuati e sequestrati elementi utili all’indagine. Un blitz che ha sorpreso Dell’Utri e i suoi familiari. Lui, già condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, è accusato di aver istigato e sollecitato il boss Graviano «ad organizzare e attuare la campagna stragista e, comunque, a proseguirla, al fine di contribuire a creare le condizioni per l’affermazione di Forza Italia, fondata da Silvio Berlusconi, al quale ha fattivamente contribuito Dell’Utri, nel quadro di un accordo, consistito nello scambio tra l’effettuazione, prima, da parte di Cosa nostra, di stragi, e poi, a seguito del favorevole risultato elettorale ottenuto da Berlusconi, a fronte della promessa da parte di Dell’Utri, che era il tramite di Berlusconi, di indirizzare la politica legislativa del Governo verso provvedimenti favorevoli a Cosa nostra in tema di trattamento carcerario, collaboratori di giustizia e sequestro di patrimoni, ricevendo altresì da Cosa nostra l’appoggio elettorale in occasione delle elezioni politiche del marzo 1994».

«L’accordo stragista», per i magistrati, aveva uno scopo politico, in particolare l’attentato all’Olimpico che doveva uccidere decine di carabinieri in servizio allo stadio il 23 gennaio 1994, fortunatamente fallito, come fanno notare i pm nel decreto notificato a Dell’Utri, si colloca tre giorni prima dell’annuncio ufficiale di Berlusconi di scendere in campo. Una strage che doveva essere «funzionale a dare il colpo decisivo alla compagine governativa, in quel momento al potere (governo Ciampi), eliminando decine di carabinieri», e tutto questo doveva servire «per avvantaggiare Berlusconi e Dell’Utri».

I magistrati fiorentini prendono in esame sentenze definitive e dichiarazioni di collaboratori di giustizia, lette correlativamente al contesto istituzionale dell’epoca. L’ambito politico era caratterizzato dalle dimissioni del Governo Ciampi il 13 gennaio 1994 e dallo scioglimento anticipato delle Camere il 16 gennaio 1994, sette giorni prima dell’attentato all’Olimpico. Per gli inquirenti quella strage (mancata) avrebbe costituito uno strumento di pressione di straordinaria portata nei confronti di tutte le forze politiche presenti al momento sulla scena, e attive nella fase di transito verso la nuova legislatura. Ma l’attentato è fallito e non è stato ripetuto, mentre il Cavaliere annunciava la sua discesa in campo.

Dell’Utri e Berlusconi, come scrivono i pm, sono stati i «beneficiari degli effetti dello stragismo in un contesto nel quale erano alla ricerca di una via d’uscita da una doppia congiuntura sfavorevole: la crisi economica-finanziaria del gruppo Fininvest e la dissoluzione del loro referente politico tradizionale» i socialisti e alcune correnti dc.

La campagna stragista si conclude dopo il fallito attentato del 23 gennaio 1994. Fatto che per l’accusa sarebbe «riconducibile all’assicurazione di dell’Utri e Berlusconi» data dopo il sostegno elettorale a Forza Italia, «corroborando, sul piano logico, l’esistenza dell’accordo con Dell’Utri» e consentendo «di escludere che l’azione dei corleonesi sia stata posta in essere autonomamente alla mera ricerca dell’instaurazione di un rapporto con Dell’Utri e il suo referente, il deceduto Silvio Berlusconi». Ci sarebbe stato quindi un accordo tra i mafiosi e l’ex senatore.

«Dell’Utri è portatore di un profilo particolarmente adatto per alimentare intese stragiste», ricordando che «ha svolto un ruolo di trait d’union tra il Cavaliere e la criminalità mafiosa dal 1974 al 1992, che è risultato far ricorso alle sue conoscenze mafiose per alimentare la nascita di Forza Italia».

Sono stati ricostruiti due canali paralleli di comunicazioni tra Cosa nostra e l’ex senatore. Il primo era gestito da Leoluca Bagarella e Giovanni Brusca, i quali si servivano di Vittorio Mangano che disponeva di un ufficio a Como dopo aver lasciato Arcore, e veniva indirizzato verso Dell’Utri «con un mandato a coltivare il rapporto con specifico riferimento alla campagna di strage». Il secondo canale era gestito dai fratelli Giuseppe e Filippo Graviano: quest’ultimo, per l’accusa, «si rapportava direttamente non solo con Dell’Utri, ma anche con Berlusconi».

L’inchiesta si sofferma anche sui fiumi di denaro che sono stati versati per diversi anni da Berlusconi nelle tasche della famiglia Dell’Utri, che inducono gli inquirenti a ritenere che «le erogazioni costituiscano la contropartita a beneficio di Dell’Utri per le condanne patite e il suo silenzio nei processi penali che lo hanno visto e lo vedono coinvolto». In alcune conversazioni intercettate veniva fatto riferimento «alla necessità di ricattare Berlusconi». Per alcune elargizioni di denaro, che superano il mezzo milione di euro, è indagata per trasferimento fraudolento di valori anche Miranda Ratti, moglie di Dell’Utri.

C’è poi un colloquio del 15 ottobre 2021, poco prima della mezzanotte, fra l’ex vice ministro del governo Berlusconi, Gianfranco Micciché e Dell’Utri, in cui i due commentano la futura elezione del Presidente della Repubblica.
I magistrati scrivono: «Gianfranco Micciché, riportando quanto gli aveva confidato Matteo Renzi, riferiva a Marcello Dell’Utri: “Berlusconi mi ha detto dieci volte ‘Io ho bisogno solo di un Presidente della Repubblica che dia la grazia a Marcello’”». Durante la conversazione «emerge, altresì, che Berlusconi, secondo Micciché, ha riferito a Matteo Renzi, nel corso di una cena effettuata a Firenze, che: “Marcello è in galera per colpa mia”». A Dell’Utri è stato notificato anche un avviso di garanzia, in cui i pm hanno fissato per martedì 18 luglio il suo interrogatorio a Firenze. (La Repubblica, 13 luglio 2023)

Dalle carte sequestrate i riscontri sulle accuse a Dell’Utri

L’ex senatore di Forza Italia, Marcello Dell’Utri, conservava nella sua abitazione e nell’ufficio, documenti riservati che possono riscontrare alcune delle accuse formulate dai pm della procura della Repubblica di Firenze nell’ambito dell’inchiesta sui mandanti esterni delle stragi del 1993. All’amico di Silvio Berlusconi sono stati trovati atti ritenuti di estrema importanza che supportano l’impianto accusatorio. La scoperta è stata fatta dagli investigatori del Centro operativo della Dia di Firenze che mercoledì hanno bussato alla porta di casa della famiglia Dell’Utri, dando esecuzione ad un decreto di perquisizione disposto dai procuratori aggiunti Luca Turco, Luca Tescaroli e dal sostituto Lorenzo Gestri.

I documenti vagliati dai magistrati sono stati acquisiti nel procedimento sulle bombe mafiose e su alcuni di questi sono stati disposti accertamenti per verificare l’origine e avviare riscontri. E quindi, nuovi filoni di indagine. L’arrivo nella residenza di Segrate degli investigatori della Dia di Firenze ha colto di sorpresa i coniugi Dell’Utri. Forse per questo motivo tenevano fra Segrate e gli uffici di via Senato a Milano i documenti sequestrati.

A Dell’Utri vengono contestati tre capi d’accusa. Il primo è quello di concorso in strage con i boss Giuseppe e Filippo Graviano e Gaspare Spatuzza (tutti e tre già giudicati e condannati in altri processi). I pm hanno inserito le aggravanti di aver agito per finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico, di aver agevolato l’attività di Cosa nostra, con riferimento agli attentati commessi a Roma, Firenze e Milano dal 28 luglio 1993 al 23 gennaio 1994. Il secondo è il trasferimento fraudolento di valori in concorso con la moglie Miranda Ratti, alla quale Silvio Berlusconi aveva bonificato somme di denaro, con la causale di prestito infruttifero, «al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione».

Il terzo è per aver omesso di comunicare, per lui che ha una condanna definitiva per mafia, le “variazioni patrimoniali”, in particolare bonifici ricevuti da Berlusconi per quasi un milione di euro nell’arco di nove mesi fra il 2021 e il 2022. Per i magistrati «l’accordo stragista descritto nell’imputazione, di cui si è reso protagonista Dell’Utri, si fonda sui rapporti economici tra Giuseppe Graviano ed esponenti di Cosa nostra, da una parte, Dell’Utri e Berlusconi dall’altra». I pm sottolineano nel decreto gli esiti di una consulenza tecnica «che individua ingressi di flussi finanziari nelle imprese riconducibili a Berlusconi, di cui Dell’Utri già all’epoca era referente e fidato collaboratore, privi di paternità per 70 miliardi e 540 milioni di lire, nel periodo febbraio 1977-dicembre 1980».

Da brani di intercettazioni riportati nel decreto emergerebbero contatti fra l’ex vice ministro Gianfranco Micciché con Matteo Renzi e Silvio Berlusconi in cui avrebbero discusso di Dell’Utri e della volontà del cavaliere di voler votare un presidente della Repubblica che avrebbe dato la grazia a Marcello, che scontava la condanna definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa. Renzi ieri ha affidato ai social la sua reazione attaccando la procura di Firenze, sostenendo che “inseguono il fantasma di Berlusconi”. Mentre l’avvocato Giorgio Perroni che è stato il difensore di Berlusconi smentisce l’esistenza di un accordo stragista tra Cosa nostra e Dell’Utri, «tale ipotesi nel corso del tempo si è sempre inequivocabilmente dimostrata priva di qualsivoglia fondamento, ed è stata smentita dall’accertamento dei fatti che ha originato plurime archiviazioni ».

E infine il difensore di Dell’Utri, l’avvocato Francesco Centonze, dice di attendere la chiusura delle indagini che «consentirà anche di conoscere, finalmente, su quali elementi si fondi la tesi accusatoria — già a prima vista del tutto incredibile e fantasiosa — per la quale Marcello Dell’Utri avrebbe addirittura “istigato e sollecitato” il boss Graviano “ad organizzare la campagna stragista” del 1993». Intanto per martedì 18 luglio è previsto l’interrogatorio dell’ex senatore a Firenze. (La Repubblica, 14 luglio 2023)

di Lirio Abbate, La Repubblica, 13 e 14 luglio 2023
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