MILANO

L’inganno della Piramide. Il glicine è salvo (forse), il cemento ha vinto

L’inganno della Piramide. Il glicine è salvo (forse), il cemento ha vinto

Vittoria? Quando il saggio indica il cemento, lo stolto guarda il glicine

Quando il saggio indica il cemento, lo stolto guarda il glicine. Paradossale, la vicenda del giardino di piazza Baiamonti, a Milano. È una piccola area verde con un glicine clamoroso e quattro tigli, assediati dal cemento di Porta Volta. Verde doveva restare, un parco cittadino in una zona altamente cementificata, un’oasi in una città ad altissimo consumo di suolo. Invece il sindaco Giuseppe Sala e la sua giunta dell’“attrattività” immobiliare l’hanno votata a ospitare la terza “Piramide” disegnata da Herzog e De Meuron, simmetrica a quelle che ospitano Microsoft e Feltrinelli sull’altro lato della piazza.

Farne l’ennesima palazzina per uffici pareva troppo brutto, soprattutto in presenza di comitati di cittadini agguerritissimi che volevano conservare l’area verde. Ecco allora l’ideona di Sala e dell’allora ministro della Cultura Dario Franceschini: piazzarci il museo nazionale della Resistenza. I partigiani usati come scudo umano per il cemento.

Al dunque però, al momento di aprire il cantiere, ecco che la sfolgorante fioritura del glicine riapre la partita: i cittadini, i comitati, i vip, vogliono salvare la pianta. Riuscirci non pare difficile: è sufficiente una piccolissima modifica al progetto, poiché il rampicante rampica non sul terreno destinato dagli dei dell’“attrattività” a ospitare la “Piramide”, ma sul vecchio casello daziale di Porta Volta. E infatti, dopo un po’ di tira e molla come quando ti vogliono vendere un tappeto, alfine il glicine è (abbastanza) salvo (i tigli no). Sarà potato, vedremo quanto. E vedremo se sopravviverà.

“Vittoria!” gridano i verdottimisti. Vittoria? A vincere in verità è il partito della “Piramide”, che finalmente sarà costruita e sarà costruita senza opposizione alcuna. Tutti felici e contenti, viva il glicine e viva la Resistenza.

Ma il primo obiettivo non era fermare la cementificazione di quest’ultimo fazzoletto di verde assediato dalle costruzioni, tra Chinatown e corso Como? Non era bloccare l’edificazione della “Piramide”?

Nel 2018-19, i cittadini, interpellati dal Comune di Milano, avevano detto: no alla piramide, vogliamo il parco. Il comitato contro la “Piramide” aveva raccolto migliaia di firme. Carlo Monguzzi (allora consigliere comunale eletto nelle liste del Pd) aveva dichiarato battaglia: “Dobbiamo dare un segnale forte, meno cemento e più alberi. Abbiamo l’occasione di passare alla storia come quelli che hanno spezzato in due una Piramide di cemento e al suo posto piantato alberi”.

Sono passati quattro anni, il buon Monguzzi è ancora consigliere comunale, questa volta eletto direttamente nelle liste dei Verdi, ma oggi sembra aver dimenticato la sua stessa battaglia di allora: “Vittoria!”, ha gridato per il salvataggio (vedremo) del glicine, “viva il glicine e viva la Resistenza”.

Eppure ci sono tanti posti a Milano dove è possibile impiantare il museo della Resistenza, senza consumare nuovo suolo, senza aggiungere nuovo cemento, senza distruggere un prato superstite, senza abbattere i tigli. No: proprio in piazza Baiamonti dev’essere fatto, per rendere possibile l’edificazione della “Piramide”.

Ma poi: siamo sicuri che si farà davvero, questo benedetto museo della Resistenza? I soldi sono stati previsti qualche governo fa, ma alla fine sarà il governo in carica – fra tre-quattro anni, a cose fatte, a “Piramide” costruita – a decidere che cosa metterci dentro. Uffici? La sede di una multinazionale? Il museo delle foibe? Si accettano scommesse.

Il Fatto quotidiano, 2 giugno 2023
To Top