Dove sono i radicali di una volta, sempre pronti a fare uno sciopero della fame (sacrosanto) quando viene scippato un diritto democratico ai cittadini? Con una decisione putiniana, i garanti (de che?) incaricati dal sindaco di Milano Giuseppe Sala hanno detto che i referendum per far scegliere ai cittadini se vogliono o no che sia distrutto lo stadio Meazza non si possono fare. Decide Sala e la sua giunta, cioè Sala.
Docili e obbedienti, gli assessori hanno subito detto sì alla proposta di Milan e Inter che vogliono abbattere la “Scala del calcio” per poter sistemare i loro disastrati conti, cementificando l’area. Con roba che con lo stadio c’entra come una racchetta da tennis con il calcio: un grattacielo di 17 piani, un gigantesco centro commerciale di 88 mila metri quadri, un centro congressi, aree d’intrattenimento, cinema, più altre amenità, per un totale di 133 mila metri quadrati totali. Un regalone a Paolo Scaroni, gran regista degli affari del Milan, che ha militarizzato la stampa, sportiva e d’informazione, per non far uscire una sola parola di dissenso.
La giunta putiniana di Sala si è riunita di corsa il 20 settembre, i più in pantofole da casa via web, approfittando del fatto che l’attenzione dei cittadini è concentrata sulle elezioni di domenica prossima. E ha approvato in fretta e furia il progetto di Milan e Inter, dando il via alla procedura di “dibattito pubblico” che tanto tutti sanno già come andrà a finire, si accettano scommesse.
Gli affari di Scaroni sono stati approvati all’unanimità, in pantofole e in Church’s, vergognosamente presente l’assessore all’Ambiente Elena Grandi, grande esperta del verde del suo terrazzo, assenti la vicesindaca Anna Scavuzzo e gli assessori Marco Granelli e Alessia Cappello, che almeno si risparmieranno eventuali indagini per abuso d’ufficio. Eh sì, perché c’è un trucco, nel progetto proposto dalle squadre, che chi ha votato non ha visto o ha fatto finta di non vedere.
La proposta delle squadre presentata il 5 settembre 2022 ha recepito tutte le richieste del Comune di Milano – dicono Sala e la giunta – dunque l’approviamo. Ma non è stata affatto accolta la richiesta centrale: riportare le volumetrie del cemento entro i limiti previsti dal Piano di governo del territorio (Pgt), cioè con indice d’edificazione 0,35.
Qui la cosa si fa molto tecnica, roba da urbanisti e legulei. Ma proviamo a spiegarla facile. Se si seguono le norme del Comune di Milano e si usa una calcolatrice non taroccata, le volumetrie che si possono costruire con indice 0,35 sono 75.220 metri quadrati lordi. Il progetto di Milan e Inter ne prevede invece 98.321, cioè 23.101 in più (praticamente tutto il grattacielo a uffici).
Questo perché, contro le regole urbanistiche comunali, Scaroni non toglie dall’area totale, su cui si calcola l’indice, i 66 mila metri quadri dello stadio attuale, che le norme dicono invece si debbano togliere prima di calcolare l’indice. Lo sanno bene quelli che hanno firmato il piano delle squadre, tanto che nel progetto scrivono che per andare avanti dovrà essere approvata una variante del Pgt.
Ma Sala ha fatto finta di non vedere le righe del piano che accennano alla variante (probabilmente scritte da Ada Lucia De Cesaris, legal advisor di Milan e Inter ma anche ex assessore all’urbanistica del Comune di Milano ed ex vicesindaco, che ora lavora per Scaroni, ma le norme le conosce bene). Così il sindaco ha dato l’ordine di votare sì agli ubbidienti scolaretti della sua putiniana giunta. Esponendo gli sprovveduti a un’indagine per abuso d’ufficio. L’appassionante serie “San Siro a Salaland” continua.