Strage di Bologna. “Se Giorgia Meloni cerca la verità, basta con la pista internazionale”
Sono passati 42 anni dalla strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980 in cui morirono 85 persone e 200 rimasero ferite. Rimane viva, in città, la stessa voglia di verità sugli esecutori e sui mandanti. “Sono stati fatti grandi passi avanti, con gli ultimi processi”, dice Paolo Bolognesi, presidente dei famigliari delle vittime. Ma rimane viva anche la voglia di depistaggio.
Dopo le condanne definitive all’ergastolo di Giusva Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, sono stati riconosciuti in primo grado esecutori della strage anche Gilberto Cavallini e Paolo Bellini.
Sì, e l’ultimo processo, quello a Bellini, ha segnato un passo avanti notevole perché ha confermato in un’aula giudiziaria che i vertici della loggia massonica P2 hanno organizzato e finanziato la strage, che i servizi segreti hanno protetto gli stragisti e che gli esecutori erano terroristi fascisti.
Non soltanto gli “spontaneisti armati” dei Nar di Fioravanti.
No. È risultato che hanno partecipato anche Terza Posizione e Avanguardia Nazionale. Confermata così la teoria dell’“Arcipelago”: i diversi gruppi neri dovevano apparire divisi e addirittura in contrasto tra loro, ma poi erano uniti nell’eseguire insieme l’operazione Bologna: altro che “spontaneismo armato” dei Nar, isolati, fuori dai giochi, lontani dai servizi segreti! Il processo Cavallini ha cancellato per sempre questa barzelletta.
La “pista internazionale” torna però da oltre 40 anni a essere riproposta come alternativa alla pista nera.
Dal processo Bellini è emerso, tra l’altro, che il primo versamento per creare il depistaggio della “pista internazionale” è stato fatto il 16 febbraio 1979, più di un anno prima della strage: soldi dati al direttore del Borghese, Mario Tedeschi, proprio per preparare il terreno alla diffusione della “pista internazionale”. La “pista palestinese”, in voga ancor oggi, è solo una variante di quel depistaggio. A luglio 2022 sono stati desecretati 250 documenti: non contengono niente che dimostri la pista internazionale per le stragi di Bologna e Ustica.
Alla “pista palestinese” sono molto affezionati gli aderenti a Fratelli d’Italia.
Non solo loro, ma anche loro, soprattutto il deputato Federico Mollicone, fondatore del gruppo “La Verità oltre il segreto”. Invece di cercare la verità, mi pare però cerchi di confondere le acque, forse per allontanare qualsiasi sospetto da vecchi arnesi neri finiti oggi in Fratelli d’Italia.
Preoccupato per la possibile vittoria elettorale di Giorgia Meloni?
Me lo chiedono in molti. Io rispondo che a espatriare non ci penso proprio. Anche quelli di FdI dicono di volere la verità: vedremo. Se poi faranno di tutto per non arrivarci, denunceremo il fatto che non vogliono la verità. Il dovere di noi parenti delle vittime è di cercare la verità fino in fondo. E la verità non è la “pista internazionale”, la “pista palestinese”, baggianate messe in circolo dalla P2. Dovremo prendere atto invece che il governo Andreotti, con Francesco Cossiga ministro dell’Interno, nel 1978 ha nominato ai vertici dei servizi segreti tutti uomini della P2, infedeli allo Stato democratico e nominati proprio perché infedeli. Avevano giurato fedeltà alla Costituzione, ma hanno tradito il loro giuramento. È questa situazione che ha permesso la realizzazione della strage di Bologna, l’omicidio a Palermo il 6 gennaio 1980 del presidente della Regione siciliana Piersanti Mattarella, a giugno l’assassinio del giudice Mario Amato.
Perché nei processi Cavallini e Bellini si è trattato anche dell’omicidio Mattarella?
Perché nel covo dei Nar di via Asolone a Torino, frequentato da Cavallini, sono stati trovati pezzi di targhe che potrebbero essere collegate a quella dell’auto usata per il delitto Mattarella. Le indagini e i processi sulla strage di Bologna non sono ancora finiti. E i famigliari delle vittime continuano a collaborare portando materiale ai magistrati.
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