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Il gruppo Rocca, Mani pulite dall’Italia al Brasile

Il gruppo Rocca, Mani pulite dall’Italia al Brasile

La notizia – passata quasi inosservata sui media italiani – è che una potentissima multinazionale basata in Italia, la Techint della famiglia Rocca, è stata costretta a pagare una multa di 78 milioni di dollari alla Securities and Exchange Commission, la commissione (simile alla nostra Consob) che vigila sui mercati finanziari degli Stati Uniti.

La Sec ha contestato a Tenaris, società del gruppo Rocca quotata alla Borsa di New York, di avere violato il “Foreign Corrupt Practices Act”, per aver fatto pagamenti in dollari con causali oscure ed ambigue: “bribes”, cioè tangenti – sospetta la Sec – rese possibili da sistemi di controllo interni al gruppo fatti apposta per non vedere la corruzione.

Ma per capire da dove nasce la supermulta americana bisogna volare da New York a Milano. Qui la Procura, retta allora da Francesco Greco, ha aperto nel 2016 una inchiesta penale su una presunta tangente da 6,5 milioni di euro che sarebbe stata pagata in Brasile in più tranches tra il 2009 e il 2013. A pagare sarebbe stato Hector Alberto Zabaleta, allora dirigente del gruppo Techint in Brasile, per ottenere 22 contratti del valore complessivo di 1,4 miliardi di euro per la fornitura di tubi a Petrobras, la compagnia petrolifera di Stato brasiliana.

I soldi sarebbero arrivati da società uruguaiane alimentate dalla San Faustin, holding lussemburghese del gruppo Rocca, che controlla Tenaris, la quale controlla Confab, la società che doveva vincere a ogni costo l’appalto brasiliano dei tubi. Questa è l’ipotesi d’accusa formulata dai pm della Procura di Milano Donata Costa e Isidoro Palma, che hanno iscritto sul registro degli indagati, per corruzione internazionale, Gianfelice Rocca, grande capo del gruppo, suo fratello Paolo e il cugino Roberto Bonatti.

Il 25 maggio scorso, però, la settima sezione penale del Tribunale di Milano ha chiuso la partita con una sentenza di non doversi procedere: “L’azione penale non doveva essere iniziata per difetto di giurisdizione italiana”. Il flusso dei soldi della tangente contestata dai pm milanesi è passato dal Lussemburgo, dalla Svizzera, dall’Uruguay, dall’Argentina fino al Brasile, ma non ha mai toccato l’Italia, dove pure c’è la testa del gruppo.

I Rocca non hanno fatto in tempo a tirare un respiro di sollievo per lo scampato pericolo, che è arrivata la Sec: ben più rapida ed efficace della giustizia italiana e dei nostri sistemi di controllo del mercato, ha avviato una trattativa con il gruppo Rocca e gli ha mandato il conto, salato, di 78 milioni di dollari.

Pochi hanno scritto della nuova disavventura dei Rocca, nessuno ha notato il gemellaggio Brasile-Italia scattato, 30 anni dopo, sempre sotto la stella di Mani pulite. Il gruppo Techint, fondato da Agostino Rocca e oggi guidato da Gianfelice Rocca, che è stato anche presidente di Assolombarda, è una multinazionale della siderurgia, ingegneria e progettazione tecnologica, presente con diversi marchi (dalle acciaierie Tenaris di Dalmine fino agli ospedali Humanitas) in Europa, Stati Uniti e Sud America, con 70 mila addetti e un giro d’affari di 30 miliardi di euro.

Trent’anni fa fu coinvolto nella Mani pulite italiana: il 14 luglio 1992 fu arrestato Paolo Scaroni, allora amministratore delegato della Techint, che ammise di aver pagato 2,5 miliardi di lire al Psi di Bettino Craxi per ottenere appalti dall’Enel e patteggiò una pena di 1 anno e 4 mesi. Oggi il numero uno della Techint brasiliana, Zabaleta, viene accusato di aver pagato oltre 6 milioni di dollari per ottenere appalti da Petrobras, l’azienda-fulcro della Mani pulite brasiliana (“Lava Jato”), già costata il carcere anche all’ex presidente Lula.

Né l’Antonio Di Pietro del Brasile, Sergio Moro, né la Procura di Milano sono riusciti a ottenere condanne penali. A difendere il libero mercato e sanzionare il gruppo della famiglia Rocca ha dovuto pensarci, con i suoi modi spicci, la Sec.

Il Fatto quotidiano, 17 giugno 2022
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