Fabrizio Rondolino, il Pio Pompetta della Bestia di Matteo Renzi
La Bestia del primo Matteo (Salvini) per ora è congelata dopo le disavventure del suo stratega, Luca Morisi. Ma intanto emerge la Bestia del secondo Matteo (Renzi), raccontata dagli atti dell’inchiesta sulla Fondazione Open. È una vera macchina da guerra, un apparato d’intelligence privato, una struttura professionale di disinformazione da far invidia alle barbe finte dei servizi segreti. Almeno nei progetti. La Bestia di Renzi è pianificata, a partire dal 2014, come un apparato di guerra psicologica, d’intossicazione informativa.
L’Italia è il Paese dei dossier del Sifar (il vecchio servizio segreto militare), dell’Ufficio Affari Riservati del prefetto-gourmet Federico Umberto D’Amato, del covo di via Nazionale del Sismi di Pio Pompa. La qualità del lavoro, com’è evidente, va nel tempo via via scemando. Il dramma scolora nel vaudeville. La Storia si presenta dapprima come tragedia, poi come farsa. Infatti lo stratega della Bestia renziana sarebbe Fabrizio Rondolino, sedicente giornalista un tempo al servizio di Massimo D’Alema.
Comunque inquietante il messaggio che invia a Renzi il 7 gennaio 2018: “Caro Matteo, eccoti un primo appunto sulla struttura di propaganda antigrillina che ho preparato con Simona in questi giorni. Sarebbe utile vederci presto per approfondire e iniziare la Lunga marcia”. Renzi-Mao riceve l’email e la gira a Marco Carrai, esperto di cybersecurity, con allegato il documento word che esplicita i punti strategici del piano di lavoro. Tra questi, la “character assassination: notizie, indiscrezioni, rivelazioni mirate a distruggere la reputazione e l’immagine pubblica di Grillo, Di Maio, Di Battista, Fico, Taverna, Lombardi, Raggi, Appendino, Davide Casaleggio (e la sua società), Travaglio e Scanzi”.
Il punto 2 del piano è: “Realizzare inchieste/indagini serie sul personale grillino”. Per concretizzarlo, “è necessario creare una piccola, combattiva redazione ad hoc, che lavori esclusivamente sul progetto nella massima riservatezza: vanno individuati almeno due giornalisti d’inchiesta e un investigatore privato di provata fiducia e professionalità (a costo medio-alto)”.
La Storia si presenta dapprima come tragedia, poi come farsa. Infatti dopo il Sifar, l’Ufficio Affari Riservati e Pio Pompa arriva Rondolino, lo stratega della Bestia renziana
Il Piano di rinascita democratica di Licio Gelli era scritto meglio, ma erano anche altri tempi, altro fuoco. Stavolta i giornalisti individuati sono invece del calibro di Annalisa Chirico. Di lei parlano in una chat l’ex ministro Luca Lotti e il presidente della Fondazione Open Alberto Bianchi. “La Chirico scrive domani sul Foglio sulla vicenda Consip. L’ha sollecitata M. (Matteo Renzi, ndr). Mi chiede se hai qualche elemento da darle della tua difesa”: così scrive il 2 marzo 2017 Bianchi a Lotti.
Qualche giorno dopo, aggiunge: “La Chirico stasera va dalla Gruber, glielo ha chiesto Matteo”. Fino a prova contraria, la Chirico era per la Bestia renziana anche la fornitrice di contenuti da diffondere: “Il post della Chirico sui popcorn stamattina è da viralizzare”, ordina il 15 marzo 2017 l’amministratore della chat “Gruppo per post” ai 115 membri del gruppo. Senza badare a spese, con l’utilizzo di software sofisticati e costosi come Voyager e Tracx, forniti da società israeliane.
In vista delle (auspicate) elezioni nel 2018, Renzi (email del 31 dicembre 2017) vuole “una presenza televisiva molto più organizzata e massiccia”. Punta su La7 e il suo direttore: “Dobbiamo pretendere una figura dedicata di raccordo tra noi e Andrea Salerno”. Vuole “conoscere le scalette”. Con uno “sguardo particolare su Gruber, Floris, Formigli, Giletti, Minoli”. Per Mediaset, “accordo con Brachino/Confalonieri. Monitorare costantemente Berlusconi”. Per la Rai, “Accordo Agnoletti/Orfeo. Vanno, però, verificate anche le virgole. Montare polemiche sempre”. “Avere interviste fisse, ma soprattutto far uscire qualche commento e notizia da riprendere sui social”. Risultati? Scarsi, visti i sondaggi. Aridateci Pio Pompa.