Giustizia Amara. Ecco i verbali segreti sulla loggia Ungheria
- Perché adesso è il momento di pubblicare.
- Così Amara ha disintegrato la Procura di Milano.
- I verbali segreti.
Perché adesso
è il momento di pubblicare
di Gianni Barbacetto e Antonio Massari /
Quando il 29 ottobre 2019 sono stati consegnati alla redazione del Fatto quotidiano, con un plico anonimo, i verbali di Piero Amara sulla presunta loggia Ungheria, ci siamo rifiutati di pubblicarli. Per i seguenti motivi. Primo: erano fotocopie che potevano essere state costruite ad arte, possibili polpette avvelenate. Secondo: se fossero stati autentici, i verbali non erano firmati dai pm, quindi erano usciti illegalmente dalla Procura di Milano. Terzo: in entrambe le ipotesi, ci saremmo resi strumento di un danno; se falsi, pubblicando notizie inesistenti; se autentici, avvisando gli eventuali indagati dell’esistenza di un’indagine (molto delicata, visti i nomi citati) che sarebbe stata compromessa sul nascere. Consegnammo i verbali alla Procura di Milano per verificarne l’autenticità e preservare l’indagine. Senza consentire che altri dettassero i tempi delle nostre scelte.
L’ipotesi che ci fu prospettata: qualcuno aveva sottratto illegalmente quei verbali dai computer dei pm. Solo mesi dopo abbiamo saputo che erano stati consegnati dal pm Paolo Storari all’allora consigliere del Csm Piercamillo Davigo — convinti di un’inerzia investigativa della Procura — ed erano infine arrivati al Fatto consegnati dalla segretaria di Davigo, Marcella Contrafatto. Quando fu perquisita, nell’aprile 2020, abbiamo raccontato l’esistenza dell’inchiesta (poiché sarebbe emersa dagli atti della sua indagine) ma scegliendo di non fare i nomi dei presunti aderenti alla loggia.
Le vicissitudini processuali di Piero Amara e la sua propensione a creare inchieste farlocche (a Trani, a Siracusa, con l’obiettivo di distruggere le indagini della Procura di Milano su Eni) suggerivano cautela, in attesa che la Procura di Perugia e le altre al lavoro sulla presunta loggia Ungheria potessero effettuare almeno i primi riscontri. Ieri il Fatto ha dato conto di uno di questi riscontri: quello sull’accusa di corruzione rivolta da Amara al magistrato Marco Mancinetti, caduta secondo la Procura di Perugia che ha archiviato Mancinetti e chiesto ai colleghi di Milano di indagare Amara per calunnia.
Abbiamo così tenuto fede al nostro impegno, consentendo per undici mesi ai magistrati di svolgere le indagini senza intromissioni. Ora che almeno una parte dei verbali segreti di Amara è stata depositata dalla Procura di Roma negli atti d’inchiesta su Marcella Contrafatto (dunque non sono più segreti, pur essendo ancora oggetto d’indagine di altre Procure) e che sono ormai pressocché impossibili gli inquinamenti probatori, abbiamo deciso di raccontare ai lettori che cosa Piero Amara ha riferito ai pm su quella che definisce “loggia Ungheria”.
Alcuni verbali sono ancora secretati, ma molti dei nomi che contengono, di presunti affiliati o di personaggi coinvolti in relazioni e affari, sono ormai da mesi oggetto di chiacchiere e illazioni. Il numero delle persone a conoscenza di quei verbali è alto, in molte “stanze del potere”, e ciò rende possibili pressioni e ricatti. Meglio dunque scoprire le carte, sapendo che ciò che Amara racconta può essere vero, ma può essere anche falso e calunnioso. Il Fatto ritiene che sia giunto il momento di pubblicare tutto. I lettori potranno conoscere tutti i nomi fatti da Amara, sapendo (anche grazie agli articoli già pubblicati, sulle accuse a Mancinetti, Giuseppe Conte, Sebastiano Ardita) che ciascuno di quei nomi potrebbe essere vittima di una calunnia (ci risulta per esempio che il comandante della Gdf Giuseppe Zafarana abbia chiarito la sua posizione, come la pm Lucia Lotti).
Qualcuno, in questi mesi, ha preteso più o meno velatamente di impartirci lezioni di giornalismo, insinuando che dietro la scelta di non pubblicare vi fossero chissà quali interessi e che, se si fosse trattato di Silvio Berlusconi (giusto per fare un nome) avremmo pubblicato tutto senza remore. Bene, chiunque potrà ora scoprire che c’è anche Berlusconi tra i nomi degli affiliati indicati da Amara. È l’ora di stroncare i chiacchiericci e le possibilità di ricatto nati da queste carte fuggite dal controllo della Procura di Milano. Così, da oggi, il Fatto quotidiano vi racconta la vera storia della loggia Ungheria.
Così Amara ha disintegrato
la Procura di Milano
Nel lungo corridoio della Procura di Milano c’è chi, per cercare di capire che cosa sta succedendo, comincia dalle arti marziali. Nella lotta greco-romana, ci si confronta a mani nude e vince il più forte. Nella lotta giapponese, invece, vince chi riesce ad approfittare della forza del suo avversario e a farlo cadere, vittima della sua stessa forza. La politica ha provato per anni a piegare con la forza i magistrati. L’ufficio che è stato diretto da Francesco Saverio Borrelli, Gerardo D’Ambrosio, Manlio Minale ha sempre subìto attacchi, ispezioni governative, interventi legislativi, provvedimenti ad personam, dossieraggi.
I magistrati hanno risposto indossando la toga e sventolando la Costituzione. I conflitti interni (che sono sempre esistiti) erano gestiti e risolti. Oggi invece esplodono e trascinano la magistratura al suo record storico (negativo) nell’apprezzamento da parte dei cittadini.
Che cosa sta succedendo, dunque, a Milano? Il conflitto mortale è stato innescato dalle dichiarazioni rese tra il dicembre 2019 e il febbraio 2020 da Piero Amara, avvocato esterno dell’Eni. È lui a parlare ai magistrati Laura Pedio e Paolo Storari di una fantasmagorica “loggia Ungheria” a cui apparterrebbero magistrati, politici, avvocati, generali, banchieri, funzionari, imprenditori, alti prelati vaticani. La racconta come una vera e propria loggia massonica segreta, con i suoi segnali di riconoscimento (un certo modo di stringersi la mano, premendo tre volte il dito indice sul polso; e una domanda posta all’interlocutore al primo incontro: “Sei mai stato in Ungheria?”).
Amara dice di avere, ben nascosta all’estero, la lista degli iscritti, una quarantina, che però non consegna ai magistrati. Nei suoi interrogatori allinea oltre settanta nomi, ma non fornisce alcuna prova. Alcuni dei personaggi citati sono notoriamente in forte conflitto tra loro e ben difficilmente accetterebbero di stare dentro la stessa loggia. Dai suoi racconti, verbale dopo verbale, prende forma, più che una loggia organica e organizzata, una rete complessa e multipla di relazioni, collaborazioni, attenzioni, gratitudini, ricatti, obbedienze, dipendenze.
Il primo compito che era stato affidato ad Amara, o che Amara aveva assegnato a se stesso — e cioè intorbidare le inchieste della Procura di Milano sull’Eni — è stato realizzato. Di più: è riuscito a ridurre la Procura guida d’Italia all’afasia
Cita affari, piaceri, scambi di favori. Il collante è quello del potere e degli affari. Centrale la capacità di manovrare le nomine delle persone giuste al posto giusto. Determinanti i rapporti con la magistratura, penale, civile, amministrativa, per aggiustare le cause e addomesticare i controlli di legalità. Sono verità, farneticazioni, o calunnie, quelle di Amara? Il suo è un riscatto o un ricatto? È possibile che il vero sia mischiato al falso, ma non sappiamo in quali proporzioni. E ora per la magistratura sarà difficile discernere il grano dal loglio, perché i verbali di Amara — che andavano tenuti segreti e sui quali dovevano essere compiute indagini rapide, accurate e riservatissime — sono usciti dal controllo della Procura di Milano e diventati noti ai protagonisti.
Ma accertare le verità e segnalare le fandonie resta una necessità, perché Amara è depositario di molti segreti e non bisogna cedere alla tentazione, o al disegno, di ridurlo a semplice mitomane. Sui tempi e i modi dell’indagine si è consumata a Milano una rottura che ha avuto anche l’effetto di rendere forse impossibile stabilire se la loggia Ungheria è la P2 del terzo millennio o la più colossale delle bufale. Con un curioso paradosso finale: il primo compito che era stato affidato ad Amara, o che Amara aveva assegnato a se stesso — e cioè intorbidare le inchieste della Procura di Milano sulle operazioni di Eni in Algeria, Nigeria e Congo — è stato realizzato: obiettivo raggiunto. Di più: una mossa di lotta giapponese è riuscita a ridurre la Procura guida d’Italia all’afasia.
Ecco i verbali segreti
sulla loggia Ungheria
Pubblichiamo a partire da oggi alcuni stralci — selezionati per rilevanza dei ruoli pubblici — degli interrogatori resi davanti ai pm della Procura di Milano, Laura Pedio e Paolo Storari, da Piero Amara, ex legale esterno dell’Eni, già condannato per corruzione e ora indagato a Perugia per violazione della legge Anselmi sulle associazioni segrete.
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