La sòla di Sala: non si è mai iscritto ai Verdi. Ma quanto è ambientalista?
La notizia era stata data in prima pagina da Repubblica il 12 marzo, al decollo della campagna elettorale per la riconferma a sindaco di Milano: “Ho deciso”, annunciava Giuseppe Sala intervistato da Piero Colaprico. “Aderisco ai Verdi europei”. Lasciare il Pd e compiere “la svolta green”: una doppia non-notizia: perché Sala non ha mai avuto la tessera del Pd, ma soprattutto non si è mai iscritto ai Verdi. Il suo è stato solo un annuncio: “Colgo la sfida raccogliendo l’invito del Partito Verde Europeo a firmare la loro Carta dei Valori e poi, con i tempi giusti, a essere cooptato nel partito”.
Quali siano i “tempi giusti” per la magica “cooptazione” lo sa solo lui. Nell’attesa, si può cercare di valutare i fatti e le realizzazioni concrete, per stabilire il grado reale di ambientalismo del sindaco uscente. Un risultato lo ha comunque già ottenuto: i Verdi milanesi hanno immediatamente chiuso la guerra che gli hanno fatto fin dal suo insediamento e si sono accodati a Sala, sostenendolo fin dal primo turno elettorale. Malgrado i mal di pancia di tanti militanti che, dopo che avevano criticato per cinque anni le scelte ambientali e urbanistiche del sindaco, hanno deciso di abbandonare il partito verde e di passare alla Civica AmbientaLista che, insieme a Milano in Comune, sostiene il candidato sindaco Gabriele Mariani.
Del resto, era stato Sala, nel gennaio 2020, a sbeffeggiare la leader dei Verdi italiani, Elena Grandi, che gli aveva chiesto di scusarsi per la decisione di abbattere gli alberi del milanese Parco Bassini: “Sono i Verdi che dovrebbero scusarsi con gli italiani”, la replica di Sala, “perché sono riusciti a raccogliere a malapena il 2 per cento del consenso mentre in altri Paesi d’Europa sono arrivati anche al 15, perché un ambientalismo che è solo del ‘no’ e della rigidità porta a queste cose. I Verdi in Italia oggi non possono vantarsi di niente perché non hanno mai raggiunto capacità di avere una forza negoziale”. Tutto dimenticato. Ora è amore. Ma quanto è verde Sala?
Piste ciclabili: promosso. Oggi a Milano ci sono 300 chilometri di piste ciclabili. Erano 113 nel 2011. Gli automobilisti si lamentano per le code che rallentano il traffico, il centrodestra protesta, ma Milano così si sta preparando a una futura mobilità meno inquinante.
Consumo di suolo: bocciato. Milano è una città ad altissimo consumo di suolo: 510 mila metri quadrati (dati Ispra) nei cinque anni di Sala sindaco. Ma il bello deve ancora arrivare: saranno “riqualificati” (cioè cementificati) milioni di metri quadri che invece si potevano restituire al verde: una bella fetta degli 1,3 milioni degli Scali ferroviari, dell’1,1 milioni dell’ex Expo, i 150 mila mq dell’ex Macello, e forse anche l’area di San Siro, i 416 mila di Piazza d’armi, gli 800 mila di Bovisa Gasometro.
Verde: bocciato. Per far posto ad altro cemento, sono stati abbattuti (o lo saranno) alberi del parco Bassini, di piazza Baiamonti, del parco La Goccia, del parco Cividale, del parco dei Capitani. Non è stata mantenuta la promessa (sancita da un referendum popolare) di mantenere a parco l’area ex Expo. In cambio, però, il progetto ForestaMi ha l’obiettivo di piantare 3 milioni di alberi entro il 2030. “È, vero, sono state piantate molte decine di alberelli. Molti però sono morti durante l’estate per mancanza d’acqua”, documenta (con foto) Patrizia Bedori, uscita dal Movimento 5 stelle e capolista di Milano in Comune. “Il traguardo al 2030, invece che a fine consiliatura, è poi un trucco per non dover rendere conto dei veri risultati finali”.
Piano aria e clima: bocciato. Il Piano aria a clima del Comune di Milano dichiara di voler raggiungere entro il 2025 i livelli di inquinamento indicati dalla Direttiva europea, ma non propone alcuna azione concreta per ottenere questo risultato. Non indica alcuna azione per ridurre l’ozono, che supera tutti i parametri di sicurezza indicati dall’Europa e dall’Organizzazione mondiale della sanità. Quanto al Co2, il Comune dichiara di volerne ridurre le emissioni del 45 per cento entro il 2030. “Risultato impossibile”, contesta l’avvocato Veronica Dini, che assiste 29 comitati e associazioni milanesi: perché ha stanziato il 98,5 per cento del suo budget affinché gli edifici comunali diventino meno inquinanti dieci anni dopo, entro il 2040; e non prevede alcun intervento “per la riqualificazione delle case private, che rappresentano la stragrande maggioranza degli edifici milanesi, rendendo così sostanzialmente velleitario l’obiettivo indicato”.