SEGRETI

Eterni misteri italiani. La Loggia Ungheria è la nuova P2?

Eterni misteri italiani. La Loggia Ungheria è la nuova P2?

La Loggia Ungheria è la nuova P2? È questa la domanda cruciale per capire finalmente la vera natura del potere nell’Italia della terza Repubblica: del potere quello vero, quello che vede senza essere visto, che rende omaggio ai riti della democrazia ma poi decide con sguardi dritti e strette di mano oblique, usando, e non servendo, partiti e istituzioni. E dunque: la Loggia Ungheria è la nuova P2? La domanda è cruciale, ma ha bisogno di una risposta preliminare: la Loggia Ungheria esiste?

Esiste certamente nei racconti di un potente avvocato siciliano, Piero Amara, che per anni ha lavorato per l’Eni, ricevendo parcelle milionarie, e ha aggiustato faccende e affari per altri e per sé. Lo arrestano la prima volta nel 2018 per quegli affari e per aver corrotto qualche magistrato. Lui reagisce attaccando alcuni dei vecchi amici che – sostiene – lo hanno abbandonato, nell’Eni e fuori, e parlando come un pentito di mafia che vuole collaborare con la giustizia, per regolare i conti con la sua cosca.

La più fantasmagorica delle sue rilevazioni è la Loggia Ungheria. Ne parla ai magistrati milanesi Laura Pedio e Paolo Storari tra la fine del 2019 e i primi mesi del 2020. La racconta come una vera e propria loggia massonica segreta, con i suoi segnali di riconoscimento tra aderenti che s’incontrano per la prima volta (un certo modo di stringersi la mano, premendo tre volte il dito indice sul polso; e una domanda posta all’interlocutore al primo incontro: “Sei mai stato in Ungheria?”, a cui non doveva seguire alcuna risposta).

Dice di avere, ben nascosta all’estero, una lista di nomi, una quarantina, che però non consegna ai magistrati. Negli interrogatori, subito segretati, nome dopo nome allinea oltre settanta tra politici, magistrati, funzionari dello Stato, imprenditori, avvocati, banchieri, generali dei carabinieri e della Guardia di finanza, monsignori vaticani. Nei suoi racconti, verbale dopo verbale, prende forma, più che una loggia organica e organizzata, una rete complessa e multipla di relazioni, conoscenze, attenzioni, gratitudini, ricatti, obbedienze, dipendenze.

Mondi diversi e anche lontanissimi tra loro si lambiscono, si sfiorano. Il collante è sempre quello del potere e degli affari: forse più il primo che i secondi. Il potere di determinare una nomina, del resto, serve – a monte – a realizzare molti affari – a valle – e per di più senza fastidiosi controlli futuri dei poliziotti o dei magistrati che hai contribuito a far nominare. Amara disegna uno scenario entro il quale politica, magistratura, istituzioni, imprese trovano una loro particolare regolazione dei rapporti reciproci, una quadra occulta e invisibile.

Ma attenzione: verità o farneticazioni, quelle di Amara? Riscatto o ricatto? In maniera compiuta non lo sapremo mai, perché, come hanno raccontato le cronache, i verbali di Amara – che andavano tenuti segreti e sui quali dovevano essere compiute indagini accurate e riservatissime per dividere il grano dal loglio, per separare il vero dal falso, per distinguere i fatti dalle calunnie – sono diventati di fatto pubblici, o almeno noti ai personaggi citati.

La Loggia Ungheria è la nuova P2? Domanda cruciale per capire la vera natura del potere nell’Italia di oggi. Ha bisogno di una risposta preliminare: la Loggia Ungheria esiste? È verità o menzogna, riscatto o ricatto?

Qui non è il luogo per discutere chi abbia torto, se i magistrati accusati di essere lenti ad avviare le indagini o quelli che hanno fatto uscire i verbali segreti dalla Procura di Milano. Comunque sia, ormai l’inchiesta sulla P2 del terzo millennio è bruciata. Impossibile. Con un curioso paradosso: il primo compito che era stato affidato ad Amara, o che Amara aveva assegnato a se stesso – e cioè intorbidare le inchieste della Procura di Milano sulle operazioni di Eni e sugli affari petroliferi in Nigeria – è stato realizzato. Obiettivo raggiunto. Le indagini dei pm milanesi non hanno ottenuto alcun risultato. I processi in cui Amara aveva messo il naso si sono conclusi con ecumeniche assoluzioni. E le investigazioni sulla Loggia sono ormai impossibili.

È ancora possibile però leggere in filigrana le dichiarazioni di Amara per tirare un provvisorio, incerto, giornalistico bilancio di quella che lui chiama Loggia Ungheria e delle sue mirabolanti avventure. A partire da una prima osservazione: c’è del vero nei suoi racconti. Non siamo forse più in grado di stabilire un confine netto tra vero e falso, le verifiche di polizia giudiziaria non possono più essere realizzate con efficacia; ma alcuni fatti, alcune operazioni, alcune relazioni che Amara racconta sono veri. Non riusciamo per ora neppure a stabilire se la Loggia Ungheria esista come entità organizzata, o se sia soltanto una “rete relazionale”, come si esprime nei verbali lo stesso Amara; ma di certo alcune delle attività lobbistiche raccontate da Amara sono reali.

Interessante è l’origine che l’ex avvocato Eni attribuisce alla Loggia Ungheria: nasce nel suo territorio, nella regione da cui proviene, la Sicilia. A partire dal 2005 – racconta Amara – “ho frequentato con una certa assiduità l’Opco (Osservatorio permanente sulla criminalità organizzata)”. “L’Opco è formato soprattutto da magistrati (per lo più siciliani), qualche avvocato e professori universitari e ha sede a Siracusa. Io entrai a far parte del comitato scientifico. L’Opco è una associazione privata finanziata dalla Regione Sicilia”.

Organizza convegni e finanza studi antimafia: ma di fatto – secondo l’avvocato – è una centrale per stringere relazioni che possono diventare utili, per attivare scambi di favori: “Una sorta di contropotere, a volte anche più forte della politica”. Un gruppo da cui possono inoltre arrivare anche consulenze ben pagate. Un salotto in cui siedono molti magistrati a cui rivolgersi in caso di bisogno.

Il sistema della Loggia Ungheria è policentrico. A guidare le danze non è la politica, ma gli affari. I partiti sono fuori dal gioco grande: sono le grandi compagnie le registe (o, nel caso sia tutto falso, le beneficiarie inconsapevoli) delle trame di Amara

Una relazione tira l’altra. I rapporti di potere si consolidano. I gruppi informali s’incrociano con uomini di qualche partito politico (come l’Udc) e di qualche corrente organizzata della magistratura (come Unicost). Attenzione: siamo su un terreno scivoloso, perché Amara racconta, ma non fornisce prove e riscontri di quel che dice. E le indagini sono state azzoppate dalle fughe di notizie. Ma, come abbiamo detto, c’è un meccanismo che appare in filigrana, nel lobbismo raccontato da Amara.

Diverso da quello della P2, quanto il sistema della corruzione nella Prima Repubblica, la Tangentopoli scoperta dall’inchiesta Mani pulite, era diversa dal sistema successivo arrivato fino a noi. L’organizzazione centralizzata, con i cassieri dei partiti che controllavano ogni flusso di denaro pubblico, dopo Mani pulite è stata sostituita da una rete di sistemi corruttivi in cui ogni capobastone o aspirante leader può costruire le sue relazioni con gli imprenditori con cui stringe patti e contatti.

In maniera simile, il sistema della P2 era centralizzato, nato sotto l’ombrello geopolitico della Guerra Fredda, aveva l’anticomunismo come bandiera ed era legittimato dai rapporti internazionali con il Grande Alleato americano. Aveva affiliazioni segrete ma regolari, negli elenchi della più grande comunità massonica italiana, il Grande Oriente d’Italia. Infiltrava le istituzioni, a partire da quelle più delicate (i servizi segreti, l’esercito, l’Arma dei carabinieri, la Guardia di finanza) per poi espandersi nei partiti, nei gruppi industriali, nei palazzi di giustizia, nei giornali. Faceva affari e affarucci, condizionava le nomine pubbliche, costruiva carriere, tesseva ricatti, copriva delitti, scambiava favori: dichiarando sempre un fine politico.

Oggi il sistema che s’intravede nella fantasmagorica Loggia Ungheria è spezzettato, policentrico, rizomatico. A guidare le danze non è la politica, ma sono gli affari. I partiti sembrano fuori dal gioco grande: sono le grandi compagnie, e non la politica, ad apparire le registe (o, nel caso sia tutto falso, le beneficiarie inconsapevoli) delle trame tessute dall’avvocato Amara, che è stato coinvolto (e arrestato) in vicende che riguardano due grosse realtà economiche, Eni e Ilva.

I riferimenti al quadro geopolitico ci sono anche oggi, nei grandi affari internazionali che trattano gas, petrolio, acciaio, ma sono sfumati, invisibili, privi di connotati fissi e irrevocabili. Il mondo bipolare della P2 si è trasformato in un mondo multipolare, in cui più della politica conta la magistratura, da condizionare per sospendere il controllo di legalità o per impedire o condizionare gli interventi fastidiosi delle Procure della Repubblica, dei Tribunali amministrativi, del Consiglio di Stato.

Le logge, le lobby, i gruppi di relazione e di pressione continuano però a pesare molto e a condizionare in maniera determinante la vita economica del Paese. Questo, almeno, si legge in controluce nei racconti della Gola Profonda del potere segreto italiano. Verità o menzogna? Chissà: in un gioco dove nulla è ciò che sembra, ogni cosa può essere rovesciata nel suo contrario.

La risposta di Eni
In relazione all’articolo pubblicato da FQ Millennium dal titolo “Se anche esiste, l’Ungheria non è la P2. Lì comandava la politica, qui dettano legge gli affari”, Eni tiene a precisare che le indagini dei PM sulla vicenda del blocco Opl245 in Nigeria hanno ottenuto eccome un risultato, vale a dire il rinvio a giudizio della società, del suo attuale ed ex Amministratore delegato e di alcuni manager. Tuttavia, l’ipotesi accusatoria delle indagini è stata poi totalmente sconfessata da un Tribunale della Repubblica, dopo 73 udienze e 43 testimoni, e non certo dalle macchinazioni di Amara e Armanna concepite ed eseguite per puro interesse personale di lucro, loro e di soggetti terzi. 
Per quanto riguarda Eni, gli affari di Piero Amara e dei suoi sodali non sono sfuggenti né misteriosi: sono stati da tempo svelati, identificati e conseguentemente portati all’attenzione della magistratura inquirente. Vi chiediamo di pubblicare questa nostra precisazione.

Erika Mandraffino
Director External Communication

 

Fq Millennium, luglio 2021
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