Eni, il pm e i garantisti alla vongole
Il garantismo alle vongole della destra italiana e di una bella fetta dell’informazione ha già trovato chi è il colpevole, a indagini appena iniziate, in una storia così attorcigliata da far invidia a Kafka e a Borges. È Fabio De Pasquale, il procuratore aggiunto di Milano che ha rappresentato, insieme a Sergio Spadaro, la pubblica accusa nel processo Eni-Nigeria.
Ha nascosto prove favorevoli agli imputati, denuncia il collega Paolo Storari, a sua volta indagato per aver fatto uscire dalla Procura di Milano verbali segreti del testimone Piero Amara, ex avvocato esterno di Eni, regista di un oscuro “complotto” per inquinare le inchieste milanesi sulle presunte corruzioni internazionali di Eni.
De Pasquale e Spadaro rispondono che non hanno sottratto alcuna prova: erano documenti, verbali, frammenti di chat ancora sotto analisi per verificarne l’attendibilità, provenienti da un’altra indagine (quella appunto sul “complotto” di cui si occupava il collega Storari) che non si potevano depositare, come spiegano De Pasquale e Spadaro in una accurata relazione mandata al procuratore della Repubblica Francesco Greco il 5 marzo 2021, dodici giorni prima della sentenza Eni-Nigeria (che ha assolto tutti gli imputati).
La nota dei due pm è stata ora mandata da Greco alla Procura di Brescia che ha iscritto De Pasquale e Spadaro nel registro degli indagati per rifiuto di atti d’ufficio e ha deciso una mossa mai vista prima: il sequestro informatico (senza realizzare copia forense), dai computer d’ufficio dei due magistrati, di un anno e mezzo di email, che prevedibilmente contengono atti segreti su decine d’inchieste.
Vedremo come andrà a finire. Intanto, però, viene il fondato dubbio che i nostri immarcescibili garantisti della politica e della stampa, a De Pasquale non perdonino non ciò che non ha fatto oggi (le “prove” non depositate), ma ciò che ha fatto ieri (le indagini che hanno portato alla condanna definitiva di Bettino Craxi prima e di Silvio Berlusconi poi).