GIUSTIZIA

Sinagra: “Su Eni-Nigeria critiche ingiuste. L’indagine dei pm era doverosa”

Sinagra: “Su Eni-Nigeria critiche ingiuste. L’indagine dei pm era doverosa” Foto Roberto Monaldo / LaPresse 17-01-2016 Roma Economia Trasmissione tv "In Mezz'Ora" Nella foto Claudio Descalzi (ad Eni) Photo Roberto Monaldo / LaPresse 17-01-2016 Rome (Italy) Tv program "In Mezz'Ora" In the photo Claudio Descalzi (ceo Eni)

I processi si fanno per arrivare a una sentenza, che può essere di condanna oppure d’assoluzione: è la normalità processuale. Ma nel caso Eni-Nigeria, l’assoluzione in primo grado ha scatenato critiche, polemiche, attacchi ai magistrati che hanno rappresentato l’accusa. Tanto che è dovuto intervenire il procuratore della Repubblica Francesco Greco con un comunicato in cui ha difeso il procuratore aggiunto Fabio De Pasquale e il sostituto Sergio Spadaro, “i quali, nonostante le intimidazioni subite, hanno svolto il loro lavoro con serenità, professionalità e trasparenza”; e ha ribadito che “in materia di corruzione internazionale, l’obbligatorietà dell’esercizio dell’azione penale è rafforzata dagli impegni assunti dallo Stato italiano con la convenzione Ocse di Parigi del 1997”.

Ora la partita si è trasferita nel processo d’appello a due degli imputati dell’inchiesta Eni-Nigeria sul campo petrolifero Opl 245 (i mediatori Emeka Obi e Gianluca Di Nardo) che avevano scelto il rito abbreviato ed erano stati condannati in primo grado a 4 anni. Il processo d’appello si è aperto con una scelta inaspettata del procuratore generale Francesca Nanni, che invece di mandare in aula, a rappresentare l’accusa, uno dei magistrati che si occupano di processi per corruzione (Fabio Napoleone, Vincenzo Calia, Massimo Gaballo), ha incaricato Celestina Gravina, trasferita dal Csm a Milano dopo una non brillante permanenza a Matera come procuratore della Repubblica (aveva definito, davanti alla Commissione antimafia, “fuocherelli” gli attentati mafiosi in Basilicata; e “chiacchiere da comari”, davanti alla Bicamerale sul ciclo dei rifiuti, le denunce di traffici di materiali radioattivi).

Gravina ha subito chiesto l’assoluzione per i due imputati. E ha criticato l’eccessivo costo delle indagini della Procura di Milano: “C’è stato un grande dispiego di risorse di cui qualcuno dovrà rispondere”. Sono insorti tre autorevoli ex magistrati della Procura generale – Laura Bertolé Viale, Maria Elena Visconti e Salvatore Sinagra – che hanno firmato una lettera in cui contestavano “le critiche per l’eccessivo costo delle indagini”. Sinagra (il magistrato che firmò le condanne in appello per i poliziotti, assolti in primo grado, che fecero irruzione nella caserma Diaz durante il G8 di Genova) ha accettato di spiegare al Fatto quella lettera.

“I nostri rilievi riguardavano soltanto l’affermazione secondo cui quell’indagine aveva comportato un ‘enorme spreco di risorse’. Ciò equivale a dire che l’indagine non andava fatta. Questa valutazione, non necessariamente connessa alla richiesta di assoluzione, è inopportuna e indebita. Su un piano più generale”, continua Sinagra, “si deve osservare che l’oggetto del giudizio d’appello non sono le indagini, ma la sentenza appellata. Nel processo di secondo grado, le critiche del procuratore generale (pg) dovrebbero rivolgersi alla sentenza, e non alle indagini”.

Non solo: “Il processo Eni-Nigeria rientra sicuramente fra i processi indiziari, nei quali la decisione è frutto della relazione logica con la quale il giudice lega i vari indizi. Questa operazione è inevitabilmente impregnata di soggettivismo e così si spiega che tali processi, nei vari gradi di giudizio, possano avere esiti opposti. Ma questo non raro fenomeno non sempre è significativo di indagini sbagliate, perché le stesse indagini possono dare luogo a sentenze contrastanti. I toni sprezzanti non si addicono quindi alla valutazione della prova indiziaria”.

Ma è normale che la pubblica accusa in appello smentisca la richiesta di condanna del pm in primo grado, già accolta dal giudice, e chieda l’assoluzione? “Sul piano dello stretto diritto nulla lo vieta. I due uffici di pubblica accusa, uno per il primo grado e uno per l’appello, sono funzionalmente differenti. C’è anche la possibilità che il magistrato del pubblico ministero che ha svolto le indagini possa essere applicato dal pg a rappresentare l’accusa in appello. Il sistema impone perciò, per la stessa credibilità generale della pubblica accusa nel suo complesso, una certa coerenza nella condotta dei due uffici, con l’eccezione delle ipotesi di avocazione. Deve quindi considerarsi del tutto eccezionale la richiesta di assoluzione del pg, dopo una condanna ottenuta in primo grado. Infatti, il sostituto pg d’udienza che intende chiedere la riforma della sentenza di condanna in processi penali di rilievo, sottopone, in base a una prassi normalmente seguita, la sua intenzione al capo dell’ufficio, il procuratore generale: la sua richiesta deve essere valutata dal titolare dell’ufficio e non può essere lasciata alle scelte del singolo sostituto”.

Quanto alle critiche sull’opportunità di sottoporre a indagini i “campioni nazionali”, secondo Sinagra “ignorano due principi costituzionali: l’obbligatorietà dell’azione penale e il principio di uguaglianza di tutti davanti alla legge. Ma richiedono anche l’attenzione verso la libertà della stampa, perché quei campioni foraggiano, lecitamente con la pubblicità, molti giornali che, seppur sommessamente, pretendono una sorta di immunità per i ‘campioni nazionali’”.

Il Fatto quotidiano, 28 marzo 2021
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