I dirigenti del Pci vennero informati in via riservata sulle liste della P2. Lo racconta Claudio Petruccioli, nel 1981 condirettore dell’Unità, nel libro Comunisti a modo nostro (Marsilio), scritto insieme a Emanuele Macaluso: “Venne a parlarmi Ibio Paolucci”, cronista giudiziario del quotidiano comunista. “Il pm Guido Viola – scrive Petruccioli – aveva chiesto di parlare con me”.
Nel marzo 1981, Viola era il pubblico ministero del caso Sindona, assegnato ai giudici istruttori Giuliano Turone e Gherardo Colombo che, indagando sul finto rapimento del bancarottiere, il 17 marzo 1981 avevano scoperto e sequestrato a Licio Gelli le liste della sua loggia segreta. L’incontro avviene “nello studio di un notaio, in piazza Cordusio”. Viola racconta a Petruccioli “del sequestro di Castiglion Fibocchi, di cui non si sapeva ancora nulla, e mi sciorina tutti i nomi – dico quelli più importanti, i più clamorosi”.
“Mi spiega che ha chiesto di parlare con me per un motivo molto semplice: ‘Perché’, dice, ‘in questa lista non compare nessuno del suo partito, non siete dunque condizionabili, ricattabili. A voi, infatti, chiedo di fare pressione affinché questi elenchi vengano resi pubblici’. Mi fa capire (o, almeno, io capisco) che se questi elenchi non venissero resi pubblici, potrebbero esserci dei pericoli per gli inquirenti”.
Il giorno dopo, Petruccioli va a Roma, a Botteghe Oscure, e riferisce a Ugo Pecchioli, responsabile della sezione Problemi dello Stato del partito. “Quando arrivo ai nomi dei militari e dei capi dei servizi segreti lo vedo sbiancare – mi interrompe su un nome: ‘No! Anche lui?’. Era chiaro che ad alcune di quelle persone erano stati affidati incarichi di rilievo dopo averli discussi e concordati con lui”.
“Non sapevamo nulla”, reagiscono con stupore Turone e Colombo. “Viola non ci ha mai parlato di questa sua iniziativa e se ce ne avesse parlato non saremmo stati d’accordo, non glielo avremmo lasciato fare”. Viola nel 1990 uscirà dalla magistratura e da avvocato sarà condannato per riciclaggio.
“Erano mesi tremendi”, ricorda Turone. “Arrivavano pressioni e, lo confesso, avevamo paura. Avevamo scoperto nella lista della P2 i nomi di personaggi importanti, politici, imprenditori, militari, alte cariche dello Stato. Stavamo ben attenti che non uscissero, perché lo scoop di qualche giornale avrebbe gettato una macchia sulla nostra inchiesta. Il difensore di Gelli presentava a ripetizione istanze, che sembravano minacce, per chiedere che i documenti che avevamo sequestrato fossero restituiti al Venerabile. Noi due giudici istruttori avevamo portato, in gran segreto, la lista al presidente del Consiglio, Arnaldo Forlani, e chiedevamo che fosse il governo a renderla pubblica”.
Aggiunge Colombo: “Non sapevo dell’incontro di Viola con Petruccioli, anche se non mi stupisce. Come pm era informato su tutto da noi giudici istruttori, ma lui aveva uno stile diverso da noi. Forse la sua, comunque, era una richiesta d’aiuto, sbagliata seppur in buona fede, per proteggere l’indagine”. I nomi della lista poi non uscirono, né sull’Unità, né su altri giornali. “Paolucci era un giornalista corretto”, ricorda Turone, “e non usò quelle informazioni per fare uno scoop che avrebbe danneggiato l’inchiesta”.
Forlani intanto temporeggia. Turone, Colombo e il capo del loro ufficio, il consigliere istruttore Antonio Amati, gli mandano una lettera in cui chiariscono che ritengono coperte da segreto istruttorio le deposizioni dei testimoni che stavano sfilando davanti a loro, ma non “il restante materiale trasmesso” (cioè le liste). Intanto si muove Francesco De Martino, il socialista presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta su Sindona: annuncia che la Commissione da lui guidata ha intenzione di rendere pubbliche le liste. Quello stesso giorno, il 20 maggio 1981, il tg della notte dà la notizia: la presidenza del Consiglio ha deciso di pubblicare i nomi degli appartenenti alla loggia massonica P2.