MILANO

Sala e le donne. Quella Casa di via Marsala che potrebbe chiudere per sempre

Sala e le donne. Quella Casa di via Marsala che potrebbe chiudere per sempre

La Casa delle Donne di Milano, ospitata da anni in locali del Comune, è a rischio chiusura. Ma siccome Giuseppe Sala non è Virginia Raggi, nessuno protesta, nessuno s’indigna, come invece successe nel 2020 per la Casa delle Donne di Roma. A Milano è dal 2013 che gli spazi di una ex scuola di via Marsala sono stati assegnati per bando (anche grazie all’impegno di Anita Sonego, allora delegata alle pari opportunità del sindaco Giuliano Pisapia) alla Casa delle Donne. Sono 900 metri quadrati con un bel giardino, dove per sei anni sono state organizzate attività, corsi, incontri, presentazioni di libri e riviste, sportelli di orientamento e sostegno psicologico, eventi culturali, artistici e politici.

Nel 2019 il contratto è scaduto. “Da oltre un anno è ormai scaduta l’assegnazione in comodato d’uso della Casa delle Donne di Milano e il protrarsi dell’incertezza per il nostro futuro è fonte di grande preoccupazione”, si legge in una allarmata “lettera aperta alle donne e agli uomini di Milano”. Il 15 gennaio 2021 è arrivata “la tanto attesa delibera comunale” che avrebbe dovuto risolvere il problema.

Invece ha definito le “linee di indirizzo per la concessione in uso terzi di alcuni locali dell’immobile sito in via Marsala 8 da destinare ad attività sociali, culturali, educative e/o formative e per la partecipazione attiva dei cittadini”. Cittadini: scomparso ogni riferimento alla Casa delle Donne, con “una svista linguistica”, “una cancellazione simbolica” che – dice la lettera aperta – sembra dimenticare che “la cittadinanza non è fatta solo di uomini”.

Il Regolamento del Comune, spiegano a Palazzo Marino, impone di fare una gara e vinca il migliore, perché gli immobili comunali vanno “valorizzati” (cioè affittati a prezzi di mercato), altrimenti potrebbe intervenire la Corte dei conti. Ma le attività di valore civile, culturale, sociale? Il lavoro svolto in questi anni dalla Casa delle Donne? E i soldi già spesi (oltre 150 mila euro raccolti grazie a bandi e donazioni) per ristrutturare e rendere ospitale (con bar, cucina, laboratorio di sartoria, bibliomediateca…) uno spazio inizialmente inabitabile?

Impossibile sostenere un affitto di mercato, per una associazione senza fini di lucro. Difficile anche con lo sconto del 70 per cento previsto per le attività di rilievo civile (a Torino, la sindaca Chiara Appendino l’ha alzato al 90 per cento).

Come fare allora? Nei giorni scorsi le responsabili della Casa sono state chiamate a Palazzo Marino ad incontrare un paio di assessori. Si è aperta una trattativa. Per assegnare, con bando, una parte dell’immobile in affitto, scontato del 70 per cento. E un’altra parte a titolo gratuito, con la procedura dei “patti di collaborazione” (già sperimentati, per esempio, dalla Casa delle Donne di Ravenna). È comunque un impegno economico pesante – spiegano le responsabili – perché i prezzi degli affitti milanesi sono altissimi. Perché non sono considerate le spese già sostenute per arredare e ristrutturare. E perché resta l’incertezza di una assegnazione che potrebbe vedere vincitore un altro soggetto.

La trattativa continua. La sorte della Casa delle Donne resta incerta. Il dibattito resta sottotraccia, perché Sala è come Garibaldi: non si può parlarne male. È per definizione verde, efficiente e amico delle donne. Eppure le soluzioni si potrebbero trovare. Anche grazie ai soldi del fondo contro le discriminazioni e la violenza di genere: 2 miliardi messi a disposizione per le associazioni dalla legge di bilancio dello Stato, che prevede anche la concessione di spazi gratuiti per attività contro la violenza di genere. Vedremo che cosa succederà nei prossimi giorni e se la Casa delle Donne di Milano potrà continuare la sua storia.

Il Fatto quotidiano, 3 marzo 2021
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