POLITICA

Verdini, il Mr. Wolf della politica italiana, da Silvio ai due Matteo

Verdini, il Mr. Wolf della politica italiana, da Silvio ai due Matteo Denis Verdini nell'Aula del Senato durante la discussione generale sull'emendamento presentato dal governo in materia di unioni civili, sul quale Ë stata posta la questione di fiducia, Roma, 25 febbraio 2016. ANSA/ GIUSEPPE LAMId

3 novembre 2020, Denis Verdini entra nel carcere di Rebibbia. È stato condannato in via definitiva a 6 anni e 6 mesi per il crac del Credito Cooperativo Fiorentino.

Un posto nel Pantheon della Seconda (o Terza?) Repubblica, Denis Verdini se l’è comunque conquistato. Solo lui è riuscito ad attraversarne da kingmaker tutte le mutevoli stagioni, passando da Silvio Berlusconi a Matteo Renzi, fino all’altro Matteo, Salvini. Ora il finale è mesto, ma dopo una dozzina d’inchieste e mezza dozzina di processi, c’era da aspettarselo. I soliti guastafeste in toga hanno rovinato una lunga storia di affari e politica, di carne e giornali, di banche e terremoti, pale eoliche e grembiulini, destra e sinistra, patti e amici, soldi e promesse.

“Sono come Wolf, risolvo problemi”, disse di sé evocando il personaggio di Pulp Fiction. Non era in California, ma nell’aula 9 del Tribunale di Roma, dove stava cercando di spiegare il suo ruolo nella cosiddetta P3 e, più in generale, nella politica e negli affari: “Sono un facilitatore, sono rapido”.

La sua rapida, lunga corsa comincia a Fivizzano, già patria di Sandro Bondi, politico e poeta, ma si assesta a Firenze, dove fa gli incontri che determinano la sua vita. Si occupa di macellerie, commercio di carni, import-export di bovini. Ma il Macellaio ha due passioni: le banche e la politica. Diventa presidente della Cassa Rurale e Artigiana di Campi Bisenzio, che poi si trasforma in Credito Cooperativo Fiorentino. Ed è vicino di casa di Giovanni Spadolini: tenta le prime, sfortunate prove elettorali nel Partito Repubblicano.

L’incontro che lo segna è quello con Giuliano Ferrara, che nel 1997 cala in Toscana per contrastare Antonio Di Pietro, candidato senatore del centrosinistra nel Mugello. Denis gli fa da taxi, con la sua prima Mercedes bianca, su e giù per le colline. Il Macellaio diventa il Taxista: la sconfitta era assicurata, ma gli apre la strada per diventare editore (del Foglio) ed essere ammesso alla corte di Silvio Berlusconi, che lo annusa e capisce in un momento le sue capacità di “risolvere problemi”.

Esce da un’inchiesta per violenza sessuale ed entra in una serie d’indagini per soldi spariti e bilanci storti. Dalla carne è passato alla carta, come editore del Foglio e del Giornale berlusconiano, edizione della Toscana, che non gli porta soldi ma relazioni e amici, da Gianni Letta a Luigi Bisignani, da Marcello Dell’Utri (“Per me è un’icona, un punto di riferimento, una figura carismatica”) a Daniela Santanché, da Guido Bertolaso a (giù a Sud) Nicola Cosentino, l’amico dei Casalesi. È ormai colui che dà le carte al tavolo di Forza Italia e di tutta la coalizione di centrodestra. All’ombra del Principe, tesse relazioni, decide carriere, consolida poteri.

Ma galeotta fu la carta: un certo Tiziano Renzi, distributore con barbetta dei suoi giornali a Rignano e dintorni, ha un figlio in politica. Promettente. Denis lo fiuta e nel 2005 lo porta da Silvio: “Lo devi assolutamente conoscere. Non è dei nostri, ma è bravo. Un comunista più anticomunista di questo non s’è mai visto”. Farà strada, infatti, conquisterà il Pd. E Denis continuerà a fare il suo lavoro: intesse accordi, progetta patti. Nasce quello del Nazareno.

Quando Silvio declina, sogna il Partito della Nazione. Il Taxista traghetta uomini e poltrone: “Tutti mi chiedono cosa ci guadagnano a venire con me. Gli rispondo che sono il taxi. Vuoi rimanere al potere? Solo io ti conduco in dieci minuti da Berlusconi a Renzi”. Peccato che intanto i guastafeste in toga continuino a lavorare, le inchieste si moltiplicano, i processi corrono, alla P3 si aggiunge la P4, senza dimenticare il vecchio amico della P2, Flavio Carboni (“Un personaggio vulcanico, pieno di fantasia e di voglia di fare, forse un po’ troppo insistente, a volte”).

Peccato anche che il referendum di Renzi e le elezioni politiche non vadano come Denis sperava. Piombano a Roma gli alieni a cinquestelle. Un contatto gli resta, colpa dell’amore: la figlia Francesca diventa la fidanzata dell’altro Matteo. Ma è troppo poco per costruirci su strategie politiche. E poi Salvini si autoesclude dal governo. A Denis il Suocero non resta altro che scendere dal taxi e accettare che la sentenza sia eseguita.

Il Fatto quotidiano, 4 novembre 2020
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