Il trionfo di Zaia in Veneto? Merito del virus e del virologo (Crisanti)
È il trionfatore delle elezioni regionali. Luca Zaia ha conquistato per la terza volta la poltrona di presidente del Veneto, superando per la prima volta nella storia delle Regioni italiane la soglia del 70 per cento e arrivando fino al 76,8 per cento dei voti. Ma non deve inorgoglirsi troppo, l’ex pr di discoteche diventato grande amministratore e politico di rango. A vincere, anzi a stravincere, è stato il professor Andrea Crisanti.
Intendiamoci: Zaia ha una sua buona dote di elettori e la Lega in Veneto ha uno zoccolo durissimo di sostenitori. Ma il virologo dell’Università di Padova e dell’Imperial College di Londra c’entra, con la vittoria del 21 settembre. Ha gestito la pandemia da Covid-19 isolando e controllando il primo focolaio di Vo’ Euganeo, tracciando i contatti, moltiplicando i tamponi e impedendo che succedesse in Veneto il disastro che è successo nella regione vicina, anch’essa governata da un presidente leghista come Zaia, Attilio Fontana, che non è riuscito a impedire che la Lombardia diventasse l’area con più contagiati e morti d’Europa.
Gli elettori veneti lo hanno capito e hanno premiato Zaia, votato trasversalmente da destra e da sinistra, premiato, per come ha saputo controllare l’epidemia, anche da tanti elettori che prima del Covid mai avrebbero messo la croce sul suo nome. Ha ottenuto infatti, come candidato presidente, ben 13 punti in più della somma delle tre liste che lo sostenevano (63,9 per cento). La Lega si è fermata al 16,9 per cento, mentre la sua lista personale, “Zaia presidente”, ha raggiunto il 44,6.
Gli effetti del Coronavirus sulla politica sono ancora tutti da studiare. Certo non si può negare che anche Vincenzo De Luca, in Campania, sia stato favorito dalla pandemia. Il 67 per cento dei voti con cui è stato rieletto, impensabile prima dell’esplosione dei contagi, è merito anche della sua gestione dell’emergenza virus, pittoresca (“Mando i carabinieri con il lanciafiamme!”, ha rilanciato via twitter perfino Naomi Campbell), ma efficace. E di certo pagante dal punto di vista mediatico.
E in Veneto? Zaia non ha fatto una gran campagna elettorale. Non ha alzato i toni, non ha calcato i temi politici. È stato fermo e ha raccolto i frutti (trasversali) di una buona gestione della pandemia. E allora bene ha fatto Crisanti a ricordargli come sono andate le cose. Il 28 febbraio, Zaia parlava di “epidemia mediatica”. Perfettamente in linea con tanti altri amministratori e politici, di destra e di sinistra, che a Milano, a Bergamo, a Roma e in tutta Italia sottovalutavano il pericolo e invitavano ad andare avanti come se niente stesse succedendo.
Poi ha avuto la lucidità di dar retta all’epidemiologo tornato da Londra a Padova. “In una situazione disastrosa”, racconta Crisanti, “il presidente mi ha dato retta seguendo l’evidenza scientifica. Se non fosse stato per me, Zaia avrebbe combinato un disastro”. Poi però, come succede quasi sempre ai politici, si è intestato ogni merito, dimenticando l’apporto fondamentale dei tecnici e degli scienziati. Va sempre così: quando sbagliano è tutta colpa loro, quando ottengono risultati è tutto merito del politico.
Zaia ha raffreddato i rapporti con Crisanti fin quasi alla rottura. “Si è preso il merito e allora non ho potuto tacere”, dice il professore. “L’ho trovata una debolezza umana, ma non mi sono fatto mettere i piedi in testa e ho difeso i meriti miei e dell’Università di Padova”. Ed ecco allora un compito per i maghi dei sondaggi: quanto pesa statisticamente Crisanti nel risultato di Zaia? Quanti non lo avrebbero mai votato senza gli effetti della pandemia?