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“Non può essere una donazione”. Inchiesta della Procura sui camici di Fontana

“Non può essere una donazione”. Inchiesta della Procura sui camici di Fontana

di Gianni Barbacetto e Davide Milosa /

La Procura di Milano ha un fascicolo aperto sulla fornitura di camici e altro materiale sanitario offerti alla Regione Lombardia dalla Dama spa, l’azienda controllata da Andrea Dini e da sua sorella Roberta, moglie del presidente lombardo Attilio Fontana.

Giornata pesante, quella di ieri, per il presidente che in mattinata ha visto il Tar annullare l’accordo della Regione con Diasorin sui test sierologici. Poi il Fatto ha dato notizia dell’indagine sui camici: un fascicolo per ora a modello 45, senza indagati e ipotesi di reato. Riguarda la fornitura ad affidamento diretto, che la Regione accetta ad aprile 2020, di materiale sanitario per 513 mila euro, che Dama spa ha fatturato in data 30 aprile.

La vicenda è stata raccontata domenica dal Fatto quotidiano, anticipando una inchiesta giornalistica di Giorgio Mottola andata in onda ieri sera nel programma Report di Rai3. Fontana ha passato la giornata di ieri a difendersi, sostenendo che si è trattato non di una fornitura commerciale, ma di una donazione. “Non c’è stato alcun equivoco. Sono stati comprati tutti i camici di tutti quelli che li producevano perché ne avevamo bisogno. Da parte dell’azienda di mio cognato i camici sono stati donati. Quindi non c’è alcun problema”.

Eppure l’affidamento diretto a una azienda controllata dalla moglie e dal cognato del presidente della Regione configura un imbarazzante conflitto d’interessi. Potrebbe in astratto comportare anche un’ipotesi d’accusa di abuso d’ufficio, ma la Procura milanese, in attesa di compiere accertamenti, ha aperto soltanto un fascicolo a modello 45, cioè senza indagati né ipotesi di reato. All’ufficio diretto dal procuratore Francesco Greco era arrivata nelle scorse settimane una segnalazione proveniente dall’interno di Aria, la centrale acquisti della Regione Lombardia. Una segnalazione da Aria risulta sia arrivata anche alla Procura di Como.

Dama spa compare regolarmente nell’elenco fornitori della società regionale Aria. Ma a differenza di altre aziende fornitrici, non ha sottoscritto il “patto d’integrità” del 2019, che comprende anche la dichiarazione di assenza di conflitti d’interesse. Così, in piena emergenza Covid, l’azienda aveva potuto presentare un’offerta commerciale alla Regione per la fornitura di camici, copricapi e calzari sanitari.

Aria l’aveva accettata, aveva firmato l’ordine di fornitura il 16 aprile e il 30 aprile aveva ricevuto una regolare fattura, con pagamento previsto a 60 giorni. Soltanto il 22 maggio (dopo che il giornalista di Report aveva chiesto spiegazioni a Dini e Fontana) erano cominciate ad arrivare in Regione note di storno di Dama spa che annullavano le richieste di pagamento.

Ma le donazioni prevedono tutt’altra procedura, spiega uno specialista, l’avvocato Mauro Mezzetti: “Intanto non basta la decisione del solo rappresentante legale: è necessaria una decisione del consiglio d’amministrazione di cui deve essere informato il collegio sindacale, perché sia garantito che la donazione non danneggia l’azienda donatrice.

Poi, se non si tratta di una donazione di beni di modico valore (e mezzo milione di euro non mi pare sia un valore modico)”, continua l’avvocato Mezzetti, “ci vuole un atto notarile, sottoscritto con la presenza di due testimoni e la redazione di una nota firmata da chi dona, da chi riceve e dal notaio”. Non solo: “L’atto di donazione va registrato entro venti giorni”, conclude Mezzetti, “altrimenti scattano sanzioni, perché le donazioni sono sottoposte a un’imposta dell’8 per cento, con pene pecuniarie per chi non paga”.

Il Fatto quotidiano, 9 giugno 2020
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