Passano le settimane, la fase 2 stempera il lockdown, ma resta chiaro che in Italia il problema coronavirus si chiama Lombardia. Troppi errori sono stati commessi, proprio nella regione più ricca d’Italia, diventata anche quella con più morti e contagiati d’Europa. Non è il caso, allora, di individuare e cacciare “quanti si sono resi responsabili di scelte incongrue ed erronee”?
È quanto chiede una lettera aperta che sta circolando in questi giorni. È stata inviata al governatore della Lombardia Attilio Fontana, ai componenti del Consiglio e della giunta regionale lombarda, al sindaco di Milano Giuseppe Sala, al ministro della Salute Roberto Speranza e al presidente del Consiglio Giuseppe Conte.
L’idea è partita da Giuliano Turone, che da giudice istruttore arrestò Luciano Liggio a Milano e scoprì le liste della P2. Ha coinvolto un altro ex magistrato, Luigi Caiazzo, con il quale ha steso il testo poi firmato da altri ex magistrati come Elena Paciotti, ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati, da avvocati come Giuliano Spazzali e da centinaia di altri cittadini milanesi e lombardi.
“Preoccupati”, dice la lettera, “per la gravità e la diffusione della pandemia nella nostra regione”, chiedono “che l’emergenza sanitaria sia gestita nel modo più rispondente alle necessità di tutela della salute individuale e collettiva”.
La lettera prende atto che “la Lombardia è stata investita da una calamità spaventosa e che gli amministratori della Regione si sono trovati a fronteggiare una situazione senza precedenti”. Ma poi contesta il fatto che, “a differenza di quanto accaduto in altre regioni, qui si è andata accumulando una serie di errori, di scelte incongrue e omissioni che hanno portato la nostra Regione essere quella con il maggior numero di malati di Covid-19 in Italia”, oltre che la più colpita in Europa.
Qualcosa non ha funzionato? “Le gravi disfunzioni e le carenze denunciate con riguardo alla Regione Lombardia sono sotto gli occhi di tutti”, prosegue il testo, che ricorda la mancata istituzione di una “zona rossa” ad Alzano Lombardo e Nembro; il trasferimento nelle residenze per anziani di malati che hanno contagiato persone fragili; il mancato reperimento di strumenti di protezione soprattutto per i medici e per il personale sanitario; l’omesso coinvolgimento dei medici di base; i pochi tamponi; i contrasti con il governo centrale; l’assenza di tracciamento dei contagi e di monitoraggio degli asintomatici, tanto più necessari per passare con maggiore serenità alla “fase due”.
Come ha potuto l’“eccellenza lombarda” diventare il “disastro Lombardia”? Stanno cercando di rispondere anche alcune procure della Repubblica, quella di Bergamo che indaga sulla mancata “zona rossa” ad Alzano Lombardo, quella di Milano che cerca le responsabilità delle morti al Pio Albergo Trivulzio e nelle residenze per anziani.
La lettera aperta di Turone e Caiazzo termina chiedendo se non sia il caso che qualcuno ammetta gli errori commessi e si dimetta: per impedire “che la situazione possa peggiorare ulteriormente, i sottoscritti chiedono che siano adottate con urgenza le misure necessarie” affinché l’emergenza sanitaria sia affrontata con “razionalità, adeguatezza e competenza”. Se poi risultasse da “opportune verifiche ispettive” che qualcuno con responsabilità istituzionale si è “reso responsabile di scelte incongrue ed erronee”, allora sarebbe il caso che lasciasse il suo posto.