CORONAVIRUS

Il professor Pesenti: “In un paio di settimane chiuderemo l’ospedale in Fiera”

L’ospedale in Fiera, costato 21 milioni di euro e pressocché inutilizzato, sarà presto chiuso: parola del professor Antonio Pesenti, primario di anestesia e rianimazione del Policlinico di Milano e responsabile dell’Unità di crisi della Regione Lombardia per le terapie intensive. “Penso che se le cose vanno avanti così”, ha dichiarato a Fanpage.it, “entro un paio di settimane chiuderemo l’ospedale in Fiera Milano”.

“Ma non ci pensiamo nemmeno”, replica a distanza una fonte autorevole di Regione Lombardia. “Il ministro della Salute sta predisponendo un piano che prevede la preparazione di centri Covid in tutte le regioni d’Italia. Noi ce l’abbiamo già, è l’ospedale in Fiera, un gioiello. Perché mai dovremmo chiuderlo?”.

Il “Bertolaso hospital” di Milano era stato annunciato dal presidente della Lombardia Attilio Fontana come un hub con 600 posti di terapia intensiva da far nascere in due padiglioni della Fiera di Milano. A dare un sapore glam all’operazione era arrivato, volontario, anche lo chef Carlo Cracco, a cucinare per chi lavorava nel cantiere.

Il progetto si ridimensiona strada facendo: i posti diventano 400, poi 200, infine 157. Oggi i posti pronti sono 53, i pazienti sono una ventina. Era il 12 marzo quando l’assessore regionale al Welfare Giulio Gallera aveva lanciato la sfida: “I cinesi a Wuhan ci hanno messo dieci giorni a costruire un ospedale? I lombardi ne impiegheranno sei”. Sarà inaugurato il 31 marzo (19 giorni dopo) e i primi tre pazienti entrano in corsia il 6 aprile (25 giorni dopo). È arrivato fuori tempo: le terapie intensive si svuotano (per fortuna, e speriamo non tornino ad affollarsi dopo le riaperture).

Guido Bertolaso, chiamato da Fontana a dirigere l’operazione, aveva definito il nuovo ospedale “un’astronave che i medici non riescono a digerire”. Critici, infatti, molti clinici, come Giuseppe Bruschi, dirigente medico del Niguarda, che aveva spiegato: “Una terapia intensiva non può vivere separata da tutto il resto dell’ospedale”, perché il Covid-19 provoca complicazioni su cui è necessario intervenire d’urgenza e che non sono solo polmonari, ma cardiovascolari, nefrologiche, neurologiche… Qualcuno racconta che anche il professor Alberto Zangrillo, primario del San Raffaele, se ne sia andato da una riunione in Regione sull’ospedale sbattendo la porta.

Poi Bertolaso aveva abbandonato l’impresa, contagiato dal virus, e il progetto era stato via via ridimensionato. L’astronave non è mai decollata. Con i suoi venti pazienti, è diventata il simbolo del flop di Regione Lombardia nell’azione di contrasto alla pandemia. I 21 milioni dei costi sono stati offerti da donatori privati, ma secondo i critici sarebbero stati più utili se impegnati per potenziare ospedali già esistenti o rafforzare la medicina territoriale. Ora proprio il primario che lo ha tenuto a battesimo ne annuncia il possibile smantellamento entro un paio di settimane, perché i ricoveri in terapia intensiva sono in continuo calo, anche in Lombardia, l’area che resta la più colpita dal virus.

Secondo il professor Pesenti, l’ospedale in Fiera è “una scialuppa di salvataggio”, pensata a marzo, “quando non sapevamo dove si sarebbe fermata l’epidemia. Noi abbiamo chiesto allora una scialuppa di salvataggio, per avere a disposizione dei letti nel caso l’epidemia avesse continuato a crescere. C’erano delle previsioni catastrofiche: fino a 140 mila posti di terapia intensiva occupati in Italia. Noi siamo soltanto dei medici e davanti al continuo aumento della richiesta di posti letto abbiamo chiesto alla Direzione sanità della Lombardia di trovare delle soluzioni d’emergenza”.

Ammesse le previsioni sbagliate, Pesenti ne tira le conseguenze: “Oggi la scialuppa di salvataggio non serve più. Sono più i pazienti dimessi dalle terapie intensive di quelli ricoverati. Penso dunque che noi a breve, entro un paio di settimane, chiuderemo le attività della Fiera, se le cose vanno avanti così”.

Furibondi i vertici di Regione Lombardia, che vedono smentita la loro strategia e ammesso il loro fallimento. E non da un avversario, ma dal medico che aveva partecipato all’operazione. “L’ospedale in Fiera resta”, ribattono in Regione. “Sarà il centro Covid con i posti di terapia intensiva in più che ogni Regione deve preparare, come sarà previsto dal piano che il governo sta approntando”.

Il Fatto quotidiano, 14 maggio 2020
To Top