Rotto dal Pd il “Modello Pisapia”, ora Milano rischia
Giuseppe Sala in conferenza stampa esibisce tranquillità e soddisfazione: “Uno a zero, palla al centro. È un ottimo punto di partenza per il ballottaggio”. Eppure ha tremato, nella lunga notte dello spoglio, quando i 4-5 punti di vantaggio su Stefano Parisi degli exit poll sono via via evaporati. Alla fine, altro che uno a zero, è un pareggio. La distanza si è ridotta a un soffio: 41,6 per cento Sala, 40,7 Parisi. I due sono separati da meno di un punto, lo 0,9. Sono 4.938 voti. Aveva ragione Matteo Renzi: la partita, tra due settimane, si vincerà ai rigori. Ma forse Renzi ha avuto torto quando ha scelto Sala come candidato sindaco. Insieme ai giovani leoni del Pd milanese, ha pensato di riconquistare la città – dopo la parentesi di Giuliano Pisapia, troppo autonomo dal Pd – schierando in campo Mr. Expo, un goleador che avrebbe dovuto vincere facile. Errore. I gol non si sono visti. I dati del primo turno dimostrano che il manager dell’esposizione universale non è piaciuto ai milanesi.
Lo dimostrano già i numeri dell’affluenza: record d’astensionismo a Milano, dove lo scontro tra i due manager gemelli ha chiamato alle urne solo il 54,6 per cento degli elettori. Meno della media nazionale (62,1) e ben 12,9 punti meno che nel 2011, quando per lo scontro tra Pisapia e Letizia Moratti votò il 67,5 per cento. Sala, con il suo 41,6, è sotto di ben 7,2 punti rispetto al Pisapia del primo turno 2011, quando raccolse il 48,8 per cento, sette punti più di Letizia Moratti (41,5). Il candidato del Partito della Nazione non ha funzionato e ora rischia di riconsegnare la città al centrodestra.
Il “Modello Milano” che Pisapia avrebbe invece voluto continuare era fatto di unità a sinistra (Sel e Pd alleati) e coinvolgimento dei movimenti civici e personalità senza partito. La candidatura di Mr. Expo ha rotto questo schema, facendo perdere migliaia di voti di sinistra ma anche civici, che sono andati in parte a Basilio Rizzo (3,6 per cento), in parte ai Cinquestelle (balzati a Milano al 10 per cento, dal 3 che avevano raccolto nel 2011), in parte finiti nell’astensione. Il “Modello Pisapia” è stato mantenuto a Cagliari, dove ha funzionato benissimo: Massimo Zedda – che nel dicembre 2015 aveva firmato con Pisapia e con il sindaco di Genova Marco Doria una lettera che invitava all’unità con sinistra e civici – ha vinto addirittura al primo turno. A Milano Renzi e il Pd hanno preferito invece dissolvere quel modello e puntare al Partito della Nazione.
Con un candidato, oltrettutto, fortissimo sulla carta e sui giornali, grazie alla notorietà (e ai soldi) di Expo, ma che si è dimostrato fragile in campagna elettorale, dove è stato surclassato da un Parisi più abile, più empatico, più capace di comunicare, meno smemorato sui case e affari all’estero e ben attento a non farsi schiacciare da Berlusconi e Salvini, che ha tenuto a distanza, continuando a rimarcare la sua autonomia. Forza Italia ha mantenuto qui il 20,2 per cento, un miracolo reso possibile grazie alla faccia rassicurante di Parisi, non a quella di Berlusconi, assente dalla campagna elettorale. La Lega ha conquistato l’11,7 per cento: chi aveva ipotizzato un sorpasso di Salvini su Berlusconi è seccamente smentito. Per il resto, a destra è un disastro: Fratelli d’Italia solo al 2,4 e Milano popolare, la lista di area Ncd capeggiata da Maurizio Lupi, ferma al 3,1. Non bene, soprattutto, la lista Parisi, che doveva dare la marcia in più allo schieramento, anche oltre i confini del centrodestra, ma si è fermata al 3 per cento.
A sinistra, bene il Pd (28,9 per cento) e la lista Sala (7,6). Quello che è mancato a Mr. Expo è l’apporto della componente “arancione”: è stato un fallimento – del tutto prevedibile – la lista Sinistra x Milano guidata da Daria Colombo (3,8), che si è verniciata d’arancione per tentare, invano, di recuperare Sel e quell’ala civica che aveva determinato il successo di Pisapia nel 2011. Un altro brutto segnale per il Pd, a Milano viene dalle elezioni per i municipi, gli ex consigli di zona. Erano tutti e nove a maggioranza di centrosinistra, ora sono cinque a quattro del centrodestra.
Adesso tutti gli occhi puntati al ballottaggio. “Chiederò il voto a tutti coloro che vogliono cambiare Milano”, dichiara Parisi, “anche a radicali e Cinquestelle. Non ci sono più le barriere destra-sinistra, quello che conta è la voglia di cambiare la città”.