C’è un piccolo Mose su quel ramo del lago di Como
Como è da otto anni senza lungolago. La passeggiata sul Lario, su cui s’allunga splendido il centro della città, è dal 2008 un cantiere che impedisce la vista del lago. Uno scandalo senza fine. E ancora oggi non se ne vede la via d’uscita. Ora il giornale locale, La Provincia, ha raccolto le cartoline raffiguranti il lago ingabbiato, firmate da 80 mila cittadini, e le consegnerà al presidente del Consiglio Matteo Renzi, per dire: “Basta allo scandalo delle paratie”. Tutto cominciò con un Innocente Proverbio, incredibile ma veridico nome di un pensionato che a passeggio con Pluto, il suo cane, nel settembre del 2009 sbirciò oltre le transenne del cantiere sul lungolario e non vide più il lago: c’era invece un muro alto quasi due metri. Innocente telefonò alla Provincia – involontario caso di citizen journalism – e lo scandalo esplose. Saltò subito l’assessore, poi affondò nel lago l’intera giunta di centrodestra. Alle elezioni del 2012 vinse il centrosinistra che era sempre stato contrario al progetto e che prometteva di restituire a Como il suo lago.
I nuovi amministratori ci hanno provato, ma niente da fare. Il muro viene abbattuto, il cantiere però resta a impedire la vista, perché il piccolo Mose di Como è fatto anche di paratie, opere idrauliche, grandi vasche sotterranee dove imprigionare le acque per bloccare le esondazioni. Non si può più azzerare la situazione, non si riesce a tornare allo stato iniziale, perché ormai è già stato realizzato un terzo delle opere e sono stati già spesi 9 milioni di euro.
Il lungolago resta ibernato da un sortilegio cattivo. I lavori compiuti mettono in pericolo la stabilità degli edifici vicini. Viene chiesto l’intervento tecnico-scientifico dell’università. È preparata una variante per completare i lavori e smantellare il cantiere. L’azienda chiede più soldi. Ma interviene l’Anac, l’Autorità anticorruzione di Raffaele Cantone, che boccia la procedura. Non si può fare. Entra in campo anche la Corte del conti. E la Procura della Repubblica apre un’inchiesta, che costa un avviso di garanzia al sindaco pd Mario Lucini. “Sono indagato per un’opera che non volevo”, dice amaro, “pago le conseguenze di un progetto voluto da chi mi ha preceduto”.
Il progetto risale al 1998: grazie alla legge Valtellina (altre più gravi esondazioni), si ipotizza l’arrivo di 17 milioni di euro per costruire paratie che proteggano la città. Un piccolo Mose su quel ramo del lago di Como che volge a Ponente. La politica si mette subito al lavoro, benché l’acqua del Lario abbia inondato l’adiacente piazza Cavour, in fondo, soltanto 17 volte dal 1845. Nel 2000 il progetto prende forma. Comune, Provincia, Regione, Soprintendenza sanno del muro. Eppure ci vuole l’Innocente Proverbio a gridare che il re è nudo, con Pluto che abbaia. Il 27 febbraio 2010, la svolta: i lavori si fermano. Nel 2012 arriva il nuovo sindaco. Il muro è abbattuto, il mostro del lago non c’è più, ma il cantiere resta fermo, chiuso, impenetrabile. Passano altri quattro anni e nessuno riesce a sciogliere l’incantesimo del lago. In totale, otto anni senza lungolario.
Intanto il lago di Como è diventato una delle mete più glamour del pianeta, dopo George Clooney arrivano sulle sue rive e ville e grand hotel Cindy Crawford, Catherine Zeta Jones, Matt Damon, Bill Murray, Drew Barrymore, Michael Douglas, Brad Pitt, Jennifer Aniston, Angelina Jolie. Possono godere l’incanto struggente del lago sia sulla riva di Cernobbio e Laglio, sia di Blevio e Torno. Non in città, l’aperitivo in piazza Cavour è con vista sul cantiere. Ora ci prova il giornale locale, che porterà le cartoline a Renzi. Riuscirà a spezzare l’incantesimo?