Milano prima in Italia, ovvero il “sovranismo dei ricchi”
Ci sono vittorie che riempiono d’orgoglio il vincitore. E altre che svelano invece il dramma dei perdenti. Che vittoria è quella di Milano fotografata dalla classifica sulla qualità della vita del Sole 24 ore? Milano è per il secondo anno la città d’Italia dove si vive meglio. È prima anche per reddito dei suoi abitanti. Su questo, rimando a quanto ha scritto ieri su queste pagine Alessandro Robecchi: “Il reddito medio è quello di chi ordina il sushi, più il reddito di chi glielo porta in bicicletta, diviso per due”. Milano ha infatti anche il record delle disuguaglianze, oltre a un’aria mefitica (è al 94esimo posto per qualità dell’aria, è tra le città più inquinate d’Italia).
Ma, più in generale, il giusto orgoglio di essere comunque primi dovrebbe almeno fare i conti con una riflessione sullo stato complessivo del Paese. Uno stato pietoso, drammatico, allarmante, a dar retta ai risultati della ricerca. La secessione del Nord è già avvenuta – ci dice la classifica del Sole – anche se è scomparsa dai programmi della Lega di Matteo Salvini. Ai primi posti, oltre a Milano, sono insediate Bolzano, Trento, Aosta. Tra le prime dieci ci sono Trieste (quinta), Monza (sesta), Verona (settima), Treviso (ottava), Venezia (nona) e Parma (decima). Più dietro, ma in salita rispetto agli anni scorsi, Genova, che conquista ben 11 posizioni, Firenze, che ne scala sette e arriva al quindicesimo posto, e Torino (trentatreesima con cinque posizioni in più).
Sotto Roma, un disastro. Bari è la numero 67, Napoli 81. Ultima, per la quarta volta, Caltanissetta, al posto numero 107. Risultati confermati dagli indici regionali. Primi, nell’ordine, Trentino Alto Adige, Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia Romagna, Lombardia. Penultima la Calabria, ultima la Sicilia. È un’Italia spezzata in due, quella che emerge dalla ricerca. Un Nord dove si vive bene e con comportamenti virtuosi dei suoi abitanti (cultura e reddito pesano anche su questi). E un Sud che accresce la sua distanza dalla parte ricca e ben funzionante del Paese.
Tornano alla mente le parole su Milano pronunciate un mese fa dal ministro Giuseppe Provenzano: “A differenza di un tempo, oggi questa città attrae, ma non restituisce quasi più nulla di quello che attrae. Intorno a essa si è scavato un fossato: la sua centralità, importanza, modernità e la sua capacità di essere protagonista delle relazioni e interconnessioni internazionali non restituisce quasi niente all’Italia”.
Tra le proteste del sindaco Giuseppe Sala e della Lega, stupiti che qualcuno osasse cantare fuori dal coro unanime che gorgheggia le lodi della città, aveva aggiunto la sua riflessione l’economista Gianfranco Viesti: “Il timore è che lo sviluppo di Milano sia avvenuto spesso a danno del resto del Paese, e che fantastichi di se stessa come una città-stato largamente autonoma; e che il suo sviluppo sia avvenuto senza dare alcuna spinta al resto del Paese”. Una città, aveva scritto Viesti, a rischio di “sovranismo comunale”.
Ora il problema appare più generale, non è soltanto l’eccellenza della numero uno a fare la differenza, ma è tutto il Nord a mostrare un “sovranismo della ricchezza” in opposizione a un Sud perdente e perduto. Altro che “movimento del Nord” (Sala), “autonomia differenziata”, “questione settentrionale”. Chi ha responsabilità di governo dovrebbe capire che la faglia tra Nord e Sud è la prima emergenza di un Paese che o si salva tutto insieme, o tutto insieme perisce.
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