Il Sistema Sangalli. L’eterno re della rete dei commercianti
È l’uomo pubblico a cavallo tra politica e impresa più longevo d’Italia. Carluccio Sangalli ha attraversato la prima, la seconda e la terza Repubblica, continuando ad alternare il suo irresistibile e rassicurante sorriso quando ti parla con la freddezza del killer quando decide. È passato attraverso l’Italia democristiana, il berlusconismo, il salvinismo. Oggi ha 82 anni, colleziona una dozzina di presidenze e cariche varie, con compensi adeguati (gli avversari dicono: 1 milione al mese che si somma al vitalizio da parlamentare; lui replica: magari!).
È (o è stato) presidente della Confcommercio della Lombardia e di quella nazionale, della Camera di commercio di Milano e dell’Unioncamere nazionale, dell’Unione del commercio di Milano, di Rete Imprese Italia, di Infocamere, di 50&più (l’associazione dei pensionati del terziario), dell’Ente mutuo della Lombardia (la cassa sanitaria del commercio) e tanto altro ancora. Per vent’anni è stato anche vicepresidente della Cariplo. A luglio si è fatto approvare in Confcommercio una riforma dello statuto che introduce la figura del past-president operativo, così potrà passare la carica formale al suo figlioccio, l’ex deputato di Forza Italia Luca Squeri, restando al comando a vita.
Nel suo ufficio, accanto all’enorme poster del Milan (da giovane Carluccio è stato calciatore nel Parabiago), ha la fotografia in bianco e nero di suo padre, Vincenzo Sangalli, segretario provinciale della Dc di Milano, che presenta Alcide De Gasperi al comizio in piazza Duomo prima delle mitiche elezioni del 18 aprile 1948. Il suo primo comizio, invece, Carluccio lo tiene a 16 anni, alle elezioni del 1953: “Mio padre, mentendo, disse che non aveva voce e mi chiese di parlare al posto suo”.
Non ha più smesso. Si fa sette legislature alla Camera dei deputati, dal 1968 al 1992. Dal 1976 al 1978 è al governo, come sottosegretario di Stato al Turismo e spettacolo. Sempre con la Dc, corrente “Primavera”, cioè quella di Giulio Andreotti (“È una gran persona”). Uomo concreto, è ammiratore incondizionato di Paolo Cirino Pomicino, politico forte ai tempi delle Finanziarie con annesso “assalto alla diligenza” (“Si cercava di portare a casa qualcosa”, spiega, “nell’interesse del Paese”).
Della sbandierata crisi delle forze intermedie se ne fa un baffo. Il mondo associativo dei commercianti è da sempre la fonte della sua forza. Base elettorale che lo manda in Parlamento, poi platea che lo issa al vertice della Confcommercio, organizzazione potente che rappresenta oltre 700 mila imprese. Il suo essere commerciante, in verità, dura poco: nel 1970 è titolare di una concessionaria Fiat a Sesto San Giovanni che si chiama “La Padana”, ma senza intenzione: erano altri tempi. Preferisce la politica. E appena uscito dal Parlamento, diventa nel 1995 presidente dell’Unione del Commercio di Milano. Nel 2006 viene indicato come uno dei possibili candidati a sindaco di Milano per il centrodestra, ma lui sceglie di restare nel mondo associativo dei commercianti. Strappa la Confcommercio a Sergio Billè, ferito dagli scandali e dagli affari con il suo amico Stefano Ricucci.
Sangalli bonifica l’organizzazione dalle incrostazioni affaristiche, ma al contempo costruisce un formidabile sistema di potere che lo incorona re dei commercianti e imperatore del terziario. A vita. Tenta di costruire Rete Imprese Italia, per unire commercianti e artigiani (Confcommercio, Confesercenti, Confartigianato, Cna e Casartigiani) e dar vita alla Confindustria dei Piccoli, con 4,2 milioni di imprese, 14,5 milioni di dipendenti e 817 miliardi di fatturato, quasi il 60 per cento del valore aggiunto prodotto in Italia. Non ci riesce, anche perché la casta delle forze intermedie non è entusiasta di mollare poltrone, budget e ricchi stipendi. Ma consolida il Sistema Sangalli: gestisce decine di incarichi, distribuisce centinaia di poltrone, controlla una fittissima trama di relazioni di potere. Da Milano, la sua rete si estende in tutta Italia. E conquista le Camere di commercio, che hanno un ruolo istituzionale, tengono il registro delle imprese e indicano uomini in consigli d’amministrazione tutt’altro che ininfluenti.
Per avere un’idea del potere del sistema Confcommercio, che è diventato Sistema Sangalli, basti pensare che un milione e mezzo di lavoratori del settore versano un euro al mese in un fondo che va poi diviso a metà tra Confcommercio e sindacati confederali: è una decina di milioni l’anno che entrano nel sistema in un battito di ciglia. L’Anticorruzione di Raffaele Cantone ha avuto da ridire su operazioni come la realizzazione del sito internet del Tribunale di Milano e l’implementazione della sua rete intranet, affidate dal Comune, con fondi Expo, proprio alla Camera di commercio di Milano, senza giustificare perché dovesse occuparsene proprio questo ente. Ma Sangalli non si scalfisce.
Ed esce salvo anche dalla vicenda delle molestie sessuali per cui lo aveva denunciato la sua segretaria Giovanna Venturini. Tre vicepresidenti chiedono a Sangalli di dimettersi, per “questioni etico-morali”. Lui nel 2018 paga in silenzio 216 mila euro alla donna, ma un anno dopo la Procura di Roma la indaga, insieme all’ex direttore generale Francesco Rivolta, per estorsione: gli chiedevano soldi e le dimissioni. Sangalli non si dimette. Il calciatore del Parabiago ha vissuto una vita da mediano, in campo e in politica. Ne ha viste tante, ha visto nascere e morire la Dc e il berlusconismo. Figurarsi se s’impressiona per lo strano me too della Confcommercio.