Eni l’ha ribadito più volte, anche con comunicati ufficiali: “Le negoziazioni con gli advisor finanziari di Malabu non hanno avuto buon fine e si sono interrotte nel novembre 2010”. Erano le trattative per acquistare i diritti d’esplorazione di Opl 245, il gigantesco giacimento petrolifero al largo delle coste nigeriane, avviate con la società Malabu attraverso la mediazione dell’“advisor finanziario” Evp di Emeka Obi.
Ora Eni e i suoi dirigenti (tra cui l’amministratore delegato Claudio Descalzi e il suo predecessore Paolo Scaroni) sono a processo a Milano per corruzione internazionale, con l’accusa di aver pagato una megatangente di 1,092 miliardi di dollari. Ma davvero “le negoziazioni si sono interrotte nel novembre 2010”? No, a guardare i nuovi documenti arrivati da Ginevra dopo una faticosa rogatoria della Procura di Milano: Emeka Obi continua nei mesi seguenti a incontrare gli uomini ai vertici dell’Eni (Claudio Descalzi e Roberto Casula) a Milano, a Parigi, a Londra e anche nella capitale della Nigeria, Abuja.
Perché i manager della compagnia petrolifera italiana hanno continuato a incontrare Obi almeno fino al febbraio 2011? Che motivo avevano di parlare con lui, anche dopo che avevano raggiunto un accordo diretto con il governo nigeriano? Per quale motivo incontrarlo ripetutamente, se davvero Obi era solo il mediatore della società Malabu, che ormai era stata esclusa dalla trattativa? Sono le prime domande suggerite dalla valigetta di documenti più contesa della Svizzera, arrivata a Milano, al procuratore aggiunto Fabio De Pasquale, dopo tre anni di braccio di ferro e sei pronunce delle autorità giudiziarie elvetiche. Il trolley era stato sequestrato a un fiduciario svizzero nell’aprile 2016 dai magistrati di Ginevra che stavano indagando su un’altra vicenda.
Conteneva documenti, un hard drive con 41 mila file elettronici, chiavette usb e passaporti britannici e africani. Il tutto apparteneva a Emeka Obi, che con la sua Evp (Energy Venture Partners) – e con l’intervento di mediatori italiani come Luigi Bisignani e Gianluca Di Nardo – aveva tentato di vendere a Eni la licenza di Opl 245 per conto di Malabu, società riconducibile all’ex ministro del petrolio nigeriano Dan Etete, che se l’era fatta concedere dal governo per una cifra bassissima.
La trattativa dura fino al 30 novembre 2010, quando lo schema cambia e l’operazione, prima apertamente indecente, diventa “safe sex” fatto “con il condom”, scrive l’Economist già nel 2012: Eni paga 1,092 miliardi di dollari non a Malabu e a Etete, bensì su un escrow account di JpMorgan a Londra su cui opera il governo della Nigeria, che poi provvede a distribuirli ai conti nigeriani di Malabu per farli arrivare – secondo l’ipotesi d’accusa – a Dan Etete, al presidente della Repubblica Goodluck Jonathan, ad altri politici e mediatori nigeriani e forse anche italiani. Per questo affare, Obi è già stato condannato per concorso in corruzione internazionale, in primo grado con rito abbreviato, a 4 anni di carcere. Ora le sue carte segrete arrivate da Ginevra aggiungono elementi agli argomenti dell’accusa. Tra queste, c’è una lunga e meticolosa cronologia su foglio elettronico. Rivela che ha continuato a seguire l’affare almeno fino al febbraio 2011.
Domenica 31 ottobre 2010, Obi incontra Etete a Parigi, all’Hotel Bristol. Lunedì 1 novembre, ai due si unisce anche l’ex diplomatico russo Ednan Agaev, che faceva da mediatore per Shell, partner di Eni nell’affare Opl 245 (e sua coimputata nel processo di Milano). Giovedì 4 novembre, Obi incontra direttamente Descalzi, nel quartier generale di Eni a Milano. Il 16 e il 17 novembre, Obi incontra Descalzi a Milano in maniera più riservata, ai grandi magazzini Coin. La cronologia aggiunge, tra parentesi: “drinks”. Sempre al Coin di Milano, il 30 novembre avviene un incontro con Descalzi e Casula (“drinks”). Lo stesso giorno, il meeting si sposta all’Hotel Four Seasons di Milano, con la partecipazione di Etete, Casula e Agaev. Il 1 e il 2 dicembre, sempre al Four Seasons, s’incontrano Etete e Agaev.
Venerdì 10 dicembre è Casula a incontrare Obi, a Milano, per un pranzo (“lunch”) alla Scala. Poi, il 13 gennaio 2011, Casula incontra Obi in Nigeria, ad Abuja. Il 17 gennaio il meeting è nell’ufficio dell’Attorney general nigeriano, Mohammed Bello Adoke. Il 31 gennaio Casula incontra Obi nel quartier generale della Nae (Nigerian Agip Exploration), la consociata nigeriana di Eni. Il 2 febbraio, Obi incontra Descalzi a Londra, in hotel, e domenica 14 febbraio vede Descalzi, Casula e Vincenzo Armanna all’Hilton Hotel di Abuja.
Se questi documenti entreranno nel processo di Milano sulla presunta corruzione internazionale in Nigeria, Eni e Descalzi dovranno spiegare perché hanno continuato a negoziare con Obi e quali erano i contenuti di questa trattativa fuori tempo massimo, visto che ormai l’affare Opl era stato concluso – almeno formalmente – direttamente con il governo nigeriano. Per chi lavorava Obi? Secondo Eni rappresentava la Malabu di Etete. Secondo Armanna era invece uomo di Scaroni e Descalzi, platealmente cacciato da Etete che non lo riconosceva come mediatore. Saranno i giudici a decidere.