Penati condannato dalla Corte dei conti per la Milano-Genova
Da anni ripete come un mantra: “Sono stato assolto da tutto”. Ora una sentenza della Corte dei conti mette qualche granello di sabbia nella solida convinzione di Filippo Penati e dei giornali che da anni lo ospitano senza mai chiedergli conto di una prescrizione che ha azzerato le accuse più gravi che gli erano state rivolte su quello che è stato chiamato il “sistema Sesto”.
La nuova sentenza è quella d’appello che ribalta le assoluzioni che chiusero nel 2015 il processo di primo grado per l’acquisto nel 2005 da parte della Provincia di Milano del 15 per cento delle azioni dell’autostrada Milano-Serravalle. Allora Penati era presidente della Provincia e aveva, a sorpresa, comprato azioni di una società di cui, insieme al Comune di Milano, aveva già la maggioranza.
A guadagnarci fu il venditore, il gruppo Gavio, che incassò 238 milioni, vendendo a 8,93 euro azioni che solo diciotto mesi prima aveva pagato 2,9 euro; realizzando dunque una plusvalenza di 176 milioni. L’allora sindaco di Milano, Gabriele Albertini, affermò che Penati aveva fatto un regalo cash a Marcellino Gavio. In cambio, secondo Albertini, Gavio si schierò a fianco dei “furbetti del quartierino” sostenendo Giovanni Consorte, il presidente di Unipol (la compagnia d’assicurazioni legata al vecchio Pci), nella sua scalata alla Bnl: Gavio investì infatti 50 milioni per lo 0,5 per cento della banca. Poi Penati, che era stato sindaco Pci di Sesto San Giovanni, diventò capo della segreteria politica di Pier Luigi Bersani, allora segretario dei Ds.
Nel processo che seguì, la Corte dei conti assolse Penati in primo grado. Oggi lo condanna invece a risarcire, insieme ai suoi undici coimputati, un danno di 44,5 milioni di euro. Con lui, che risponde di un danno di 19,8 milioni, sono stati condannati Antonio Princiotta, all’epoca segretario generale della Provincia (14,8 milioni), Giordano Vimercati, capo di gabinetto, e Giancarlo Saporito, direttore generale (insieme dovranno pagare 4,9 milioni), e altre otto persone (4,9 milioni).
Secondo la Procura della Corte dei conti della Lombardia, nell’operazione di acquisto della Serravalle, il valore delle azioni era stato sopravvalutato causando un danno alla Provincia che va da 35,3 a 97,4 milioni e al Comune di Milano di 21,8 milioni. “I miei avvocati faranno ricorso e tutto questo si scioglierà come neve al sole”, dichiara Filippo Penati che aggiunge: “Un anno fa mi è stato riscontrato un cancro e i medici concordano che è anche conseguenza della mia vicenda giudiziaria. Da un anno sto combattendo. Questa è la sfida più importante della mia vita. Della vicenda Serravalle si occuperanno i miei legali”. Non rinuncia poi a ripetere per l’ennesima volta di essere stato sempre assolto.
Falso. A Penati è arrivata, nel 2016, l’archiviazione delle imputazioni minori fiorite attorno al processo principale sul “sistema Sesto”. Era la chiusura di 47 faldoni d’indagini che riguardavano una miriade di fatti che sarebbero stati comunque in gran parte prescritti. Il processo principale, invece, era quello condotto da Walter Mapelli, il procuratore di Monza recentemente scomparso.
Era diviso in tre filoni, chiusi nel dicembre 2015 in primo grado. Nel filone principale, Penati era accusato di concussione per una supertangente (5 miliardi e 750 milioni di lire) che l’imprenditore Giuseppe Pasini dice di avergli pagato come anticipo di una mazzetta complessiva di 20 miliardi di lire per ottenere di poter costruire sull’area Falck, a Sesto San Giovanni.
Questa accusa, cuore del “sistema Sesto”, non è mai andata a processo. Penati aveva giurato che avrebbe rinunciato alla prescrizione, ma era assente dall’aula proprio nel momento magico in cui avrebbe dovuto formalizzare la rinuncia: così la prescrizione gli è piovuta addosso a sua insaputa e lo ha reso puro come un giglio. Ora la Corte dei conti riapre la partita su un’altra vicenda. E condanna.
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