POLITICA

Parisi raggiunge Sala. E Renzi non ci mette più la faccia

Parisi raggiunge Sala. E Renzi non ci mette più la faccia

Strana campagna elettorale: Giuseppe Sala (centrosinistra) sembra un sindaco uscente, tallonato dallo sfidante, Stefano Parisi (centrodestra). In realtà, i due sono entrambi candidati “nuovi” e molto simili come profilo (entrambi ex direttori generali di sindaci di centrodestra). Il problema è che Sala è partito con il vento in poppa, lanciato da Matteo Renzi come l’uomo del miracolo Expo destinato a vincere facile. Parisi invece è partito tardi, dopo un faticoso parto di un centrodestra confuso e litigioso.

Ma in poche settimane il predestinato a vincere è stato raggiunto dal brutto anatroccolo: Parisi ha scalato i sondaggi e l’ultima rilevazione di Nando Pagnoncelli lo dà quasi alla pari con Sala. Se consideriamo il gradimento, Mr. Expo ha fatto il gambero, scendendo dal 68 per cento al 62 e perdendo sei punti. Parisi ha invece scalato la montagna ed è salito al 61 per cento. A un punto dal competitor diretto. E in voti? Secondo Pagnoncelli, oggi Sala raccoglierebbe il 38,8 per cento, Parisi 37,1. Al terzo posto Gianluca Corrado, del Movimento 5 stelle (16,5), seguito da Basilio Rizzo, di Milano in Comune (3,5). Se questa tendenza non s’interrompe, Sala sarà presto superato da Parisi al primo turno. Poi il ballottaggio resta una rischiosa incognita.

C’è chi ha voluto vedere un brutto segnale politico anche nel “mercoledì nero” di Sala: era il 13 aprile ed era stato annunciato il “cocktail elettorale” alla City di Londra organizzato da Davide Serra, il finanziere grande amico di Renzi. Appuntamento saltato. Sala è rimasto a Milano. Motivo ufficiale: per incontrare Renzi, sbarcato in città per la Settimana del design. Saltato però anche l’incontro pubblico con Renzi, organizzato dal Pd al Barrio’s del quartiere Barona.

Il presidente del Consiglio ha preferito andare al Salone del mobile e Sala ha dovuto accontentarsi di accompagnare Renzi in auto dalla Fiera all’aeroporto di Malpensa. Solo esigenze organizzative e tempi stretti, spiegano al Pd, ma senza riuscire a diradare del tutto i sospetti che Renzi, annusata l’aria, non voglia più mettere la sua faccia accanto a quella di Sala, per paura di perderla, a giugno, nel caso Mr. Expo dovesse essere sconfitto dal “gemello” Parisi. “Verrò a Milano nelle prossime settimane”, garantisce il presidente del Consiglio.

Intanto la campagna elettorale continua. Con dichiarazioni come quella di Sala ieri all’Huffington Post: “A Milano sull’accoglienza agli immigrati si è raggiunto il limite, ci è già stato chiesto uno sforzo molto grande, si prevede un flusso ancora maggiore e dovremo chiedere al governo una regolamentazione degli arrivi e di rivedere i criteri”. E con colpi di scena inaspettati come lo slittamento al 30 giugno del bilancio di Expo: dopo l’elezione del sindaco. Lo stesso Sala il 18 gennaio 2016 aveva dichiarato: “Tutte le società del mondo fanno il bilancio a marzo-aprile. Nel nostro caso, invece, lo si pretende in dicembre. Le polemiche sono portate avanti da chi mi attacca, ma mi sembrano solo accuse pretestuose”.

Bene, ma dicembre è lontanissimo, ora marzo è passato e il bilancio non arriverà neppure ad aprile: per motivi tecnici, dicono i liquidatori di Expo spa, lasciando però agli oppositori l’argomento che sia stato fatto un regalo a Sala, per non suscitare polemiche sui numeri prima del voto. Certo resta l’imbarazzo: dei 48 milioni che mancano a bilancio e che saranno chiesti al Comune di Milano e agli altri soci pubblici; e di aver mentito ai cittadini (“sul mio onore affermo…”) sulla casa in Svizzera non dichiarata al Comune.

Il Fatto quotidiano, 20 aprile 2016
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