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Milano Next: come la città rischia di perdere il tram

Milano Next: come la città rischia di perdere il tram

Uno dei (tanti) pregi di Milano è il suo sistema dei trasporti. Le linee del metrò funzionano bene, l’azienda pubblica comunale Atm gestisce la rete con buoni risultati, riuscendo anche a tenere i conti in ordine. Anzi, Atm faceva utili e riusciva perfino a comprarsi i treni nuovi con la sua cassa. E stava diventando un player europeo: dopo aver vinto la gara per gestire i trasporti urbani di Copenaghen, la capitale della Danimarca, era stata invitata alla gara per Lille, in Francia, con buone possibilità di vincere anche quella.

Ma il sindaco Giuseppe Sala e il suo socio, l’assessore al Bilancio Roberto Tasca, hanno deciso di cambiare aria, di invertire la rotta. Hanno cacciato Bruno Rota, il manager che aveva ripulito l’Atm dalla corruzione di Tangentopoli e del dopo Tangentopoli e portato al successo l’azienda. Hanno aperto tavoli di discussione con la Regione Lombardia, nella prospettiva (sciagurata) di unire il gioiellino Atm con il disastrato carrozzone Trenord, un’unione che sarebbe stata, più che un matrimonio, uno stupro organizzato. Hanno avviato trattative con le Ferrovie dello Stato – ai tempi guidate dall’ultrarenziano Renato Mazzoncini, che piaceva tanto a Tasca e a Sala– anche se Fs avevano a cuore più la finanza e la Borsa che l’efficienza del trasporto pubblico (vedi come le Fs trattano i pendolari).

Il piano pareva quello di unire Atm, Trenord e Fs, in una matassa di cui il Comune di Milano avrebbe perso il filo e smarrito il controllo dei suoi trasporti urbani e della sua azienda-gioiello. La matassa poi non è diventata un maglioncino, perché Mazzoncini ha dovuto dimettersi da Fs, dopo che Danilo Toninelli, appena arrivato al ministero dei Trasporti nell’estate 2018, aveva chiesto la revoca di tutto il Consiglio d’amministrazione di Fs e le dimissioni dell’amministratore delegato, segnalando il rinvio a giudizio di Mazzoncini per un’inchiesta su Umbria mobilità, l’azienda pubblica dei trasporti umbri.

Sala e Tasca hanno così dovuto fare a meno dell’amico Mazzoncini, anche se sono riusciti comunque ad aprire le porte della città a Fs, infilandola nella società M5, di cui le Ferrovie hanno acquisito – con un’operazione costruita su misura – il 36,7 per cento. M5 è diventata per Fs il cavallo di Troia per espugnare Milano: entrando nella società della linea lilla della metropolitana milanese, ha acquisito i titoli per gestire il servizio – anche senza Atm – e per partecipare – anche contro Atm – alla gara per la gestione dell’intero servizio di trasporto pubblico milanese, oltre alle gare per il trasporto locale in tutta Italia e nel mondo.

Ma intanto Sala e Tasca e i loro amici ne hanno inventata un’altra: Milano Next. Un’associazione temporanea d’imprese in cui Atm si sposa con A2a (multiutility dell’energia), BusItalia (cioè, di nuovo, Fs), Hitachi Rail Sts (costruttore di treni), Commscon Italia (telecomunicazioni e banda larga), IgpDecaux (pubblicità esterna e mobile). Parola magica: project financing. Ossia quella chimera che promette che i privati mettano soldi per “innovare” e “investire sulla rete”, in cambio della gestione per 15 anni del trasporto pubblico a Milano, Monza, Pavia, Lodi e relative province.

In Milano Next, Atm quasi scompare. L’azienda che vinceva le gare all’estero viene oggi rappresentata come quella che nel 2020 potrebbe perdere anche la gara per Milano e dunque deve cambiare pelle e allungare il tavolo, facendo posto ad amici e fornitori, che così non dovranno più essere scelti con gara. A proposito di gare e di fornitori: già ora, la nuova Atm di Arrigo Giana, dopo la cacciata di Rota, ne fa sempre di meno. Ha vinto il luminoso modello Expo.

 

 

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Il Fatto quotidiano, 31 marzo 2017
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