Trieste. Denunciati respingimenti irregolari alla frontiera
Le testimonianze sono precise: migranti arrivati a Trieste dopo un viaggio durissimo durato 14 giorni, dalla Bosnia alla Croazia, dalla Croazia alla Slovenia, raccontano di essere stati respinti dalla polizia italiana senza rispettare le norme che impongono di verificare, prima, se hanno diritto d’asilo. Rinchiusi in furgoni della polizia, alla frontiera sono stati consegnati alle guardie slovene. Così è cominciato il viaggio a ritroso – scrive ieri il quotidiano La Stampa – fino al confine croato e poi, passati di mano ai gendarmi della Croazia, trasportati fino in Bosnia, che non fa parte dell’Unione europea.
Espulsi. Botte, ingiurie, manganellate, cellulari fracassati, racconta Hassan T., pachistano del Punjab. Gianfranco Schiavone, presidente di Ics, organizzazione che si occupa d’accoglienza, conferma tutto: “I casi sono molti”. E la notizia apre il fronte est dei rimpatri, dopo il clamore già suscitato, sul fronte ovest, dagli sconfinamenti e dagli interventi ritenuti illegittimi della Gendarmeria francese a Bardonecchia e a Claviere. Qui siamo nella Trieste del sindaco di destra Roberto Dipiazza e nel Friuli Venezia Giulia del presidente leghista Massimiliano Fedriga.
La polizia italiana smentisce tutto. Con una nota secca del questore di Trieste, Isabella Fusiello: “Nessun rimpatrio irregolare di cittadini stranieri al confine con la Slovenia. Il trasferimento presso i valichi di frontiera dei migranti rintracciati irregolarmente sul territorio italiano è effettuato nel rispetto della procedura di riammissione prevista nell’accordo bilaterale firmato dalle autorità italiane e slovene”.
La parola magica che risuona continuamente qui, nella caserma della polizia di Fernetti, è riammissione: chi non chiede asilo politico, o non ne ha diritto, viene riammesso, parola gentile per dire: portato al confine e consegnato alla polizia slovena. Tutto regolare, ribadisce il questore: “I migranti che vengono riammessi sono quelli che hanno espresso al personale della polizia di Stato la volontà di non richiedere asilo politico. L’intera procedura viene documentata con provvedimento formale anche alla presenza di interpreti esterni all’organizzazione della polizia di Stato e impiegati come mediatori culturali”.
Schiavone scuote la testa: “Ma cosa dicono? Interpreti non ce ne sono, quei poveretti che arrivano non sanno una parola né di italiano, né di inglese. Mediatori culturali? Abbiamo offerto più volte il nostro intervento: ci hanno sempre respinto. E pensare che noi di Ics siamo vicini di casa della polizia: gestiamo il centro di prima accoglienza di Trieste, Casa Malala, che è ospitato nella ex caserma della Guardia di finanza attaccata alla caserma di Fernetti”.
Il questore di Trieste precisa: “I minori stranieri e coloro che sono affetti da patologie che richiedono cure mediche non vengono riammessi, ma affidati ad apposite strutture di accoglienza italiane. Le modalità di riammissione, secondo gli accordi siglati con le autorità di polizia slovene, con le quali esiste un ottimo rapporto di collaborazione, prevedono che gli stranieri siano accompagnati all’orario concertato e consegnati presso la stazione di polizia Krvavi Potoc (Pesek), dove le autorità esaminano la documentazione”.
Smentisce comportamenti illegali anche Michele Tarlao, segretario regionale del Silp, il sindacato di polizia legato alla Cgil. “Nessun comportamento crudele. Siamo noi poliziotti che spesso sfamiamo i migranti, portando cestini di viveri dalla nostra mensa, che già fa fatica a sfamare decentemente noi poliziotti. E poi: con quali furgoni avremmo fatto i respingimenti? Averceli i furgoni! Esprimo dunque la solidarietà ai colleghi della polizia di frontiera che in questi mesi, pur tra mille difficoltà più volte segnalate (abbiamo pochi uomini, pochi mezzi e strutture insufficienti), hanno svolto con assoluta correttezza e umanità i servizi di controllo alle ex frontiere e di ricevimento dei migranti rintracciati. Respingo con forza le illazioni pubblicate da un quotidiano”.
Il questore aggiunge: “La polizia di frontiera di Fernetti non ha in dotazione furgoni privi di finestrini, come raccontato nell’articolo, ma esclusivamente mezzi con i colori d’istituto della Polizia di Stato. E nessuno viene trattenuto nelle ore serali e notturne, semplicemente perché la polizia slovena chiude alle ore 16”.
Eppure Schiavone continua a ribadire che le riammissioni irregolari sono una pratica comune. E non arretra neppure davanti alla notizia che la polizia avrebbe intenzione di querelarlo per diffamazione. “Abbiamo decine di testimonianze. La prova degli interventi irregolari? Ci sono migranti, come Alì M., che raccontano di essere stati respinti e riportati in Bosnia, e poi accettati in Italia al loro secondo tentativo: dunque avevano già la prima volta il diritto a non essere respinti e a presentare la loro domanda di asilo”.