Trieste. Una giornata particolare (due manifestazioni e una promessa del prefetto)
“Casapound potrà sfilare, ma solo in periferia”. Poi qualcosa dev’essere successo, qualcuno deve essere intervenuto, più in alto del prefetto: e il corteo nero si è tenuto in pieno centro.
Paolo Rumiz, scrittore triestino che più triestino non si può, si presenta fasciato in una bandiera gialla e blu dell’Europa e dice: “Dobbiamo dire grazie a Casapound, che ha tolto dal torpore la sinistra di Trieste, di cui il Pd si è dimenticato da tempo”. La giornata delle due manifestazioni contrapposte si è dipanata in una città blindata e divisa. Clima da coprifuoco. Sbarramenti e grate come al G8 di Genova. Ma alla fine è prevalso il clima di festa.
Da una parte i fascisti di Casapound, che sono arrivati da tutta Italia per sfilare militarmente in ricordo della vittoria italiana alla prima guerra mondiale e dei cento anni di Trieste italiana. Dall’altra gli antifascisti che hanno dato vita a una manifestazione imponente, “la più grossa tenuta a Trieste negli ultimi dieci anni”. E la più eterogenea, dai centri sociali ai cattolici delle Acli. Il prefetto, Annapaola Porzio, il 23 settembre aveva dichiarato: “Casapound potrà sfilare, ma solo in periferia”. Poi qualcosa dev’essere successo, qualcuno deve essere intervenuto, più in alto del prefetto: e il corteo nero si è tenuto in pieno centro.
Cordoni regolari e distanziati, organizzazione perfetta, lugubri labari della Milizia fascista e della X Mas. Regia accurata: nel primo settore tutti con il tricolore, nel secondo tutti con le bandiere rosse e nere con la tartaruga di Casapound (che ricordano tanto, viste da lontano, le svastiche naziste), nel terzo le bandiere nere del Blocco studentesco. Niente slogan: un camion all’inizio del corteo urla la wagneriana Cavalcata delle Valchirie.
Tutt’altra musica il corteo antifascista, che si apre con un camion che spara a palla rap alternativi. Caotico, vario, allegro. Chi canta inni della Resistenza, canti delle mondine e l’immancabile Bella ciao, a cui si unisce anche l’ex sindaco di Udine, Furio Honsell. C’è anche il presidente (dem) della Barcolana, Mitja Gialuz. Unico momento di leggera tensione, al concentramento di Campo San Giacomo, gli slogan “fuori il Pd / dal corteo”.
Poi quando il lunghissimo serpentone parte, c’è posto per tutti, giovani arrabbiati e vecchi partigiani, bianchi e neri, femministe e intellettuali, bandiere della Cgil e lo striscione della più attiva organizzazione che si occupa di accoglienza, la Ics. Vecchie bandiere del Pci, slogan in italiano e in sloveno.
Il “coprifuoco” ventilato dal sindaco di Trieste, con l’invito rivolto ai triestini a non uscire fino alle 8 di sera non ha ottenuto l’effetto di far restare a casa il popolo variopinto della sinistra triestina, quasi stupita dei suoi numeri. Cinquemila persone, secondo la questura, secondo cui i neri di Casapound non hanno raggiunto le duemila persone. In testa, i leader e fondatori del movimento, Gianluca Iannone e Simone Di Stefano, sotto uno striscione che diceva “Italia: risorgi, combatti, vinci!”. Poco distante un grande lenzuolo bianco urlava: “La difesa della Patria è un dovere sacro”.
“Vittoria?”, commenta Rumiz, “ma la guerra è stato un massacro con 1 milione di morti, su due fronti, quello italiano, ma anche quello austriaco”. Oggi, 4 novembre 2018, in piazza Unità d’Italia arriverà il presidente Sergio Mattarella.