CULTURE

Se davvero amate le periferie, salvate il soldato Iosa

Se davvero amate le periferie, salvate il soldato Iosa

“Salvate il soldato Iosa”, scrivevamo in questa colonna nel gennaio 2012, oltre sei anni fa. Ci riferivamo ad Antonio Iosa e al circolo Perini, da lui fondato nel 1962. Dopo 50 anni d’attività, il Comune di Milano minacciava allora di togliere ogni sostegno a quel circolo culturale nato nella periferia milanese, a Quarto Oggiaro, quando ancora il quartiere era chiamato “Corea”, o “Barbon city”. Fu salvato, il soldato Iosa, e il Perini poté continuare la sua attività dalla sede di via Aldini 72, dentro un immobile di proprietà del Comune. Adesso la nuova giunta ci riprova, non rinnova il contratto d’affitto e dà lo sfratto alla Fondazione Perini, che il 18 dicembre 2018 dovrà abbandonare i locali. L’assessore al bilancio e demanio Roberto Tasca vuole mettere a profitto gli immobili comunali e caccia il Perini, che ha sempre pagato l’affitto e tenuto decorosi e ordinati i suoi locali.

“La giunta di Giuseppe Sala, che dice di voler essere il sindaco delle periferie, stacca la spina a una realtà che nelle periferie lavora da 56 anni”, protesta Iosa. “Non mi resta che restituire al sindaco l’Ambrogino d’oro che ho ricevuto io e i due Ambrogini assegnati al Perini. Facciamo lavoro culturale volontario in periferia per migliorare la qualità della vita e aumentare la legalità. E questi ci cacciano. L’assessore Tasca, che non ha mai messo il naso in periferia, non ci rinnova il contratto della sede e ci fa interrompere le attività. Questo è peggio dell’assalto fascista che il Perini ha subito il 21 giugno 1971 e peggio della gambizzazione che ho dovuto subire il 1 aprile 1980 da parte delle Brigate rosse”.

Il contratto d’affitto con la Fondazione Perini scade il 18 dicembre e non sarà rinnovato. Secondo le nuove regole volute da Sala e Tasca, alla scadenza dei contratti sarà necessario partecipare ai bandi comunali per le assegnazioni di sedi a prezzi di mercato. Irraggiungibili, per un circolo che fa attività culturale in periferia e si basa esclusivamente sul volontariato.

Giusto mettere a bando le sedi. Ma giusto anche garantire la sopravvivenza di chi ha lavorato gratis 60 anni per la città. È un pezzo di storia di Milano, il Perini. Nato nei fermenti degli anni Sessanta, diventa centrale nella vita di Quarto Oggiaro un decennio dopo, dentro i conflitti dei Settanta. In un quartiere dove i fascisti giravano con le loro squadracce e dove le Br avevano gruppi attivi di militanti e fiancheggiatori. Entrambi incrociano il Perini: i fascisti assaltano la sua sede, le Br gambizzano il suo fondatore. Era democristiano, Iosa, ma un democristiano del dialogo. Non si occupava di raccogliere voti e clientele, ma si impegnava a far incontrare e discutere personaggi anche distanti tra loro, con però qualcosa da dire a tutti. Diventa così un punto di coagulo, una specie di don Camillo che litiga ma dialoga con Peppone.

Tutti devono fare i conti con lui e con le sue iniziative, magari per contestarle, per venire a manifestare rumorosamente contro qualche invitato sgradito o piduista. Va avanti, pur tra mille difficoltà. Non cade nell’intellettualismo. Non cede alla cultura della tv, che negli Ottanta fa rinchiudere in casa la gente. Propone temi, stimola riflessioni, invita personaggi, organizza mostre e concorsi. Non molla, malgrado i pochi soldi e le molte incomprensioni. Resiste alle conseguenze infinite, fisiche e psicologiche, dell’attentato subito dalle Br. Continua a combattere, aiutato da un gruppo di volontari, per quasi sessant’anni. Ora la giunta Sala-Tasca lo vuole di nuovo far tacere. Noi ripetiamo l’invito: se davvero volete bene alle periferie e alla storia recente di Milano, salvate il soldato Iosa.

Il Fatto quotidiano, 21 settembre 2018
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