Sanità corrotta, nazione infetta. Ma in Regione non paga mai nessuno?
La retata dei primari, con l’arresto a Milano di quattro luminari dell’ortopedia, ha portato in primo piano “l’effetto Brega Massone” – chiamiamolo così – cioè l’incredibile, cinica, criminale fame di soldi di medici che, alla faccia del giuramento di Ippocrate, usano la medicina non per curare ma per fare fatturato. A ogni costo: accettando patti corruttivi con gli imprenditori del settore medicale; ma – peggio ancora – operando a vanvera pur di incassare le parcelle, fottendosene dei pazienti e del loro diritto ad avere cure giuste, non invasive, non inutili o addirittura dannose.
Vedremo gli sviluppi giudiziari. Ma se le accuse saranno provate, sapremo che il paziente – cioè il cittadino nel momento in cui è più debole e indifeso perché insidiato da una malattia che non conosce o perché ha bisogno di un intervento in cui si deve per forza fidare degli specialisti – è a volte nelle mani di luminari che lo usano come carne da macello, come corpo su cui intervenire al solo scopo di portare a casa soldi. “È un delinquente vero!”, diceva del dottor Giorgio Maria Calori uno che lo conosceva bene, il collega (di ospedale e di arresti) Carmine Cucciniello.
Poi c’è l’altra parte della questione. Quella che riguarda non i medici, ma la pubblica amministrazione. Perché la sanità lombarda – come ci hanno ripetuto mille volte i due Roberto, Formigoni e Maroni – è “un’eccellenza”. Nel senso che altrove è perfino peggio. Facile “fare i froci col culo degli altri”, direbbe Stefano Ricucci: “l’eccellenza” consiste nel fatto che il pubblico paga (18 miliardi di euro l’anno) e i privati s’intascano una bella parte del bottino. I soldi sono dei cittadini, la Regione li distribuisce, gli scandali si ripetono con cadenza regolare e nessuno dentro il Pirellone si guarda allo specchio e si dice: ma io che ci sto qui a fare? Poggi Longostrevi, Fatebenefratelli, San Carlo, Santa Rita, San Giuseppe, San Raffaele, Fondazione Maugeri, Brega Massone, Massimo Guarischi, Lady Dentiera…
Il Celeste ex presidente Formigoni è stato condannato a 6 anni per le sue “vacanze eleganti” in cambio di 250 milioni di contributi pubblici a San Raffaele e Maugeri. L’ex console di Berlusconi in Lombardia, Mario Mantovani, è andato in galera per corruzione in appalti della sanità. L’ex braccio destro di Maroni, Fabio Rizzi, è stato arrestato nell’inchiesta sulle “dentiere” di Maria Paola Canegrati.
Ma insomma: in Regione nessuno vede, nessuno sente, nessuno parla? Se un’azienda privata fosse bersagliata da anni, con una regolarità che sembra scandita da un metronomo, da imbrogli e ruberie e scandali, gli amministratori sarebbero licenziati in tronco: in quanto o complici, o (peggio?) incapaci. Al Pirellone invece restano tutti lì, a Formigoni succede Maroni, a Maroni Fontana, la litania degli scandali continua e nessuno paga.
L’ultima è che si sono inventati i controllori. Maroni ha chiamato Gustavo Cioppa, ex magistrato, a fare il garante della legalità, il “sottosegretario alla Trasparenza”. Ora lo hanno beccato a fare il mediatore tra i vertici della Regione e i primari corrotti e l’imprenditore che li pagava, tanto che è indagato per favoreggiamento e abuso d’ufficio. Poi c’è quella rara perla della politica lombarda che risponde al nome di Paola Navone, già candidata di Forza Italia, già sfiorata dieci anni fa da un’inchiesta sui rimborsi gonfiati all’ospedale San Carlo, oggi direttore sanitario dell’Ortopedico Paolo Pini. Aveva elaborato un ineffabile protocollo per evitare le corruzioni al Pini. Ma ci aveva aggiunto una regoletta secondo la quale le gare si devono fare sempre, tranne quando hai un amico che ti garantisce un prodotto unico, unicissimo. Vabbé, siamo seri. Con questi controllori non ci resta che aspettare il prossimo scandalo. (Il Fatto quotidiano, 13 aprile 2018)
Beatrice Borromeo: “Il dottor Calori mi ha fatto
un intervento inutile. E io ora sto peggio”
“È un delinquente vero!”, diceva del dottor Giorgio Maria Calori il collega Carmine Cucciniello. Ora sono entrambi agli arresti domiciliari, insieme ad altre tre persone. Tutti accusati di corruzione, per i loro rapporti con l’imprenditore Tommaso Brenicci, finito in carcere.
Il giorno dopo gli arresti, si moltiplicano le denunce di pazienti che segnalano interventi di Calori giudicati inutili o scorretti. “Mi ha operato il ginocchio sinistro nel febbraio del 2016”, racconta Beatrice Borromeo, collaboratrice del Fatto Quotidiano. “Dopo una caduta, avevo il ginocchio dolorante. Un dolore sopportabile, ma dopo tre o quattro giorni sono andata a farmi visitare all’Ortopedico Gaetano Pini. Mi è capitato il dottor Calori il quale mi ha detto che avevo il menisco lesionato in due punti e che bisognava operare con assoluta urgenza il giorno stesso. Mi ha spiegato che non c’era posto al Pini, ma che sarebbe riuscito a trovarmi una stanza, a pagamento, alla clinica privata La Madonnina. Ho accettato”.
Quel pomeriggio Beatrice Borromeo viene operata da Calori. “Come anestesia mi fanno un’epidurale, ma mi vengono le convulsioni. Passano allora all’anestesia totale. In seguito mi diranno che sono intollerante all’epidurale e che non dovrò farla mai più. Esattamente un anno dopo, nascerà mio figlio Stefano: con l’epidurale, senza alcun problema”. Ma i veri problemi arrivano dopo l’intervento chirurgico. “Ho dolori fortissimi al ginocchio che mi durano più di un mese. Calori mi aveva detto: ‘Stia tranquilla, i pazienti che opero io, dopo una settimana sono sugli sci’. Io invece sono stata costretta a girare con due stampelle e con dolori che non passavano mai”.
Tornata a farsi visitare, Calori la rimprovera: “Lei non fa con costanza la fisioterapia”. “Ma io la facevo tre volte alla settimana”, replica Beatrice, “e sono andata avanti per più di due anni. Risultati modesti. Ogni tanto, senza motivo, il ginocchio mi ‘cede’ e io cado”. Calori le propone un nuovo intervento: “Mi dice di aver fatto un intervento molto conservativo, ma che viste le mie condizioni è necessario fare una nuova operazione. Io dico di no e scappo”.
Il peggio le succede durante le due gravidanze, quella del primo figlio, nato nel febbraio 2017, e quella in corso. “Lo stato del mio ginocchio mi provoca la dislocazione dell’osso sacro, con il risultato che con il pancione non riesco più a prendere in braccio il mio primo figlio e neppure a fare le scale”. Scappata da Calori, Beatrice Borromeo va a farsi visitare da altri ortopedici, tra cui il primario dell’ospedale di Monaco. Ciò che le dicono tutti è che l’intervento che ha subito non doveva essere fatto: “Non era necessario operare. Chiedono al dottor Calori le analisi e i referti pre e post-operatori. Così scopriamo che prima di operarmi non mi aveva fatto neppure una risonanza magnetica e che i referti erano soltanto un foglietto scritto a mano. Mi dicono anche che le due cicatrici restate sul mio ginocchio dimostrano che chi mi ha operato ha fatto i due tagli nei punti sbagliati”.
Ora Beatrice Borromeo è pronta a ripetere il suo racconto in Procura. (Il Fatto quotidiano, 12 aprile 2018)