Così la politica resta esclusa dal palco di Sum#02, dove si susseguono interventi sul futuro di tecnologia e innovazione, ricerca e medicina, lavoro e imprese, cultura e informazione, ambiente ed energia, democrazia e potere. Qui non si parla di politica, ma la politica non riesce proprio a restare fuori dall’Officina H della Olivetti, dove Gianroberto cominciò la sua esperienza lavorativa e dove nacque il primo computer.
La platea è affollata e attenta agli interventi. Ma tutto intorno si muove il grande circo dell’informazione e della politica, con decine di giornalisti a caccia della dichiarazione, della battuta, del retroscena, dell’anticipazione: che governo nascerà? si farà l’accordo tra Movimento 5 stelle e Lega? Luigi Di Maio lancia qualche segnale e gli aruspici cercano di interpretare il futuro, quello a breve, quello che si addenserà sopra palazzo Chigi. Sul palco va invece in scena il futuro-futuro, quello dei prossimi decenni. Ci provano a prefigurarlo i tecnici, i filosofi, i futurologi, i tecnocrati. Roberto Cingolani e Sammy Basso, Roberto Poli e Gianmario Calafiore. Poi Domenico De Masi e Diego Fusaro, Maria Rita Parsi e Massimo Bray.
Che l’Associazione Casaleggio si muova su un piano diverso dal Movimento 5 stelle sembrerebbe dimostrato dalla presenza di Cingolani, il direttore dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova, invitato qui come scienziato, senza alcun riferimento alle polemiche politiche che lo hanno assediato (i ricchi finanziamenti governativi a Iit, tanto abbondanti che l’istituto non riesce a spenderli, mentre la ricerca italiana fa la fame; il ruolo che gli era stato assegnato, senza gara, da Matteo Renzi nello Human Technopole per cercare di dare un senso al futuro dell’area Expo di Milano).
Il presente si prende la rivincita sul futuro quando Enrico Mentana rompe l’incanto: “Non mi piace che sia stato lasciato fuori un giornalista”. Il cenno è a Jacopo Iacoboni, il cronista della Stampa. “Ha tentato di entrare con un badge tarocco e come tutti i tarocchi non li vogliamo, ci sono regole a cui bisogna attenersi tutti”, gli risponde Gianluigi Nuzzi, gran cerimoniere della manifestazione. “Ma io sconsiglio a chiunque di tenere fuori un giornalista, non è mai un vantaggio”, replica Mentana.
Il futuro torna a convergere sul presente con gli interventi di Moni Ovadia, sul potere della parola, e con i monologhi di Andrea Scanzi e Dario Vergassola, in cui le parole diventano spettacolo. Ma soprattutto con la appassionata requisitoria del magistrato antimafia Nino Di Matteo. “Nel nostro Paese c’è una compenetrazione tra sistema politico e mafia. Eppure durante l’ultima campagna elettorale i partiti sono stati zitti sulla mafia”. Scatta l’accenno a Silvio Berlusconi, lo stesso che partecipa alle consultazioni per il nuovo governo: “Secondo una sentenza definitiva, ha stipulato un patto con Cosa nostra, intermediato da Marcello Dell’Utri, che ha poi mantenuto dal 1974 fino al 1992”.
Poi snocciola quello che assomiglia tanto a un programma di governo sulla giustizia. Non ridurre la possibilità di fare intercettazioni. Facoltà di realizzare azioni sotto copertura anche per la corruzione. Blocco della prescrizione nel momento in cui viene esercitata l’azione penale. Pene più alte per i reati dei colletti bianchi. “E un governo serio dovrà chiarire quali sono le entità esterne a Cosa nostra che hanno condiviso ideazione ed esecuzione delle stragi del 92-93”. Il futuro è nutrito dal passato.