Udine? È una confederazione di stati d’animo
“Torna a Udine, torna a Udine, what have New York that Udine don’t have?”. Così canta Ruggero dei Timidi, versione friulana di Elio e le Storie tese. Già: “Cos’ha New York che Udine non ha?”. La capitale del Friuli è così ai margini dell’Italia da sentirsi al centro del mondo. Città tranquilla, soddisfatta e orgogliosa, poco meno di 100 mila abitanti, meno di un omicidio all’anno, al decimo posto tra le città italiane per qualità della vita, al quarto come ambiente e servizi. “Opulenza annoiata”, secondo il sociologo Marco Orioles, siciliano adottato dal Friuli. Città di avvocati e commercianti, fiera dei suoi negozi eleganti e delle 65 osterie censite come locali storici dove ci si incontra e si beve il tajut (il calice di vino).
A leggere i giornali locali il problema più grave della città è la pavimentazione della centralissima via Mercatovecchio, che ha scatenato una vivace polemica tra il sindaco Furio Honsell, che la voleva rivestire di pietra piasentina e rendere pedonale, e i commercianti, che invece la vogliono lasciare com’era. Non è proprio un’emergenza nazionale. “I negozianti”, spiega Honsell, “credono di essere danneggiati dalla pedonalizzazione, ma semmai sono danneggiati dai centri commerciali che assediano la città”.
Honsell – Pd poco renziano – ha lasciato dopo due mandati la sua poltrona per candidarsi alle prossime regionali. La presidente della Regione, Debora Serracchiani – Pd molto renziana – ha lasciato invece il Friuli per candidarsi alla Camera: non voleva rischiare una sconfitta alle regionali (che si terranno il 29 aprile insieme alle comunali a Udine). Ma è arrivata la disfatta del 4 marzo, con il Pd sceso al 18 per cento. Serracchiani ha perso nel suo collegio ed è stata recuperata soltanto grazie ai voti della lista Bonino travasati al Pd perché +Europa non ha raggiunto il 3 per cento.
La sinistra, almeno secondo i sondaggi, ad aprile perderà sia Udine sia la Regione. Trieste l’ha già persa nel 2016 con l’arrivo del sindaco Roberto Dipiazza (Forza Italia, poi Ncd). Ad ascoltare le voci della città, Serracchiani non ha governato poi così male, anche perché la Regione autonoma Friuli Venezia Giulia ha tanti soldi da spendere e può accontentare (quasi) tutti. Ma è stata trascinata in basso dall’effetto Renzi: Matteo l’ha voluta al suo fianco come vicesegretario nazionale del Pd e il suo declino nel Paese ha coinciso con il declino di Debora in Friuli.
Per sostituire Honsell e Serracchiani si stanno scaldando i campioni del centrodestra locale: alle comunali Pietro Fontanini (Lega) dovrebbe sfidare Vincenzo Martines (Pd); alle regionali Riccardo Riccardi (Forza Italia) dovrebbe confrontarsi con Sergio Bolzanello (Pd), che è stato vicepresidente a fianco di Serracchiani. Dovrebbe: perché in Friuli la Lega ha preso il doppio dei voti di Forza Italia e ora a Riccardi, ritenuto troppo debole, potrebbe sostituirsi Massimiliano Fedriga, ex vicecapogruppo della Lega alla Camera, che ha posto di fatto la sua candidatura a presidente della Regione, forte di sondaggi che lo danno avanti di 6-9 punti rispetto all’alleato di Forza Italia.
Il centrosinistra, che amministrava Udine, Trieste e anche la Regione, rischia di perdere tutto. “Ha dimenticato due settori che da noi sono cruciali per costruire consenso”, spiega Stefano Stefanel, commentatore del Messaggero Veneto, “la scuola e il volontariato. Sì, il volontariato sociale, sportivo e culturale, lasciato alle destre. Dieci anni fa, Honsell si presentò dicendo, metà in inglese e metà in friulano: ‘Yes, si pues’, sì, si può. Dieci anni dopo chi ancora spera nel centrosinistra si limita a dire: ‘Faseit alc’, fate qualcosa”.
“Udine è una città che ha uno strano rapporto con il potere”, mi racconta Paolo Medeossi, una vita da giornalista al quotidiano locale, il Messaggero Veneto, e ora autore di un delizioso libretto, La città che inizia per U, che svela i segreti di Udine. “È una confederazione di stati d’animo, è la capitale di una regione che non la riconosce. A Udine, città della Serenissima, la classe dirigente parlava una variante del veneziano, circondata da una provincia di 500 mila persone che parlano orgogliosamente il friulano, la marilenghe (madrelingua)”.
I numeri uno della città vengono tutti da fuori: il sindaco dimissionario Honsell è nato a Genova da famiglia triestino-mitteleuropea; la presidente uscente della Regione, Serracchiani, è romana; il rettore dell’università, Alberto De Toni, viene da Padova; il vescovo, Andrea Mazzocato, da Treviso; il direttore del Messaggero Veneto, Omar Monestier, da Belluno. Il Messaggero è “il giornale del Friuli”, com’è scritto sotto la testata, ma è anche l’unico quotidiano che prende il nome da una regione con cui il Friuli non sopporta di essere confuso: quel Veneto da cui i friulani hanno appena strappato, con un referendum, Sappada, ora il più importante centro turistico montano del Friuli. Il Veneto cerca di rifarsi rivendicando l’invenzione del tiramisù, conteso tra le due regioni. Ma forse entrambe lo hanno copiato dall’Austria imperiale.
Qui piccolo (forse) è bello. Di certo è tranquillo. Ma soprattutto è frazionato, diviso, separato, frammentato: il Friuli dalla Venezia Giulia, Udine da Trieste, ma poi anche Udine dalla sua provincia. Qui una contraddizione tira l’altra: questa è una città moderata, che nella Prima Repubblica votava Dc e oggi premia il centrodestra; eppure da quando vota il sindaco per elezione diretta ha sempre scelto personalità un po’ pazze e un po’ geniali targate centrosinistra, da Enzo Barazza dell’Ulivo a Sergio Cecotti, fisico, autonomista e “benandante”, fino a Furio Honsell, il matematico ex ospite fisso di Fabio Fazio che ogni 25 aprile canta a squarciagola “Bella ciao” in piazza.
La sua ultima sfida l’ha giocata con i commercianti del centro che non vogliono la pedonalizzazione. Ma a insidiare i loro affari, semmai, sono i centri commerciali dei Comuni attorno. Il Friuli Venezia Giulia ha 687 metri quadri di Gdo (grande distribuzione organizzata) per mille abitanti, record italiano tra le regioni. Il Veneto, per dire, è a quota 533, la Lombardia 472. Udine è prima per Gdo anche tra le province italiane, con addirittura 802 metri quadri per mille abitanti, seguita, a 762, dalla non lontana Gorizia. Il “Città Fiera” di Antonio Bardelli è il centro commerciale più grande d’Italia. Sono primati di cui gli udinesi non vanno fieri.
Attorno alla città-salotto, orgogliosa della sua quattrocentesca Loggia del Lionello, del cinquecentesco tempietto di San Giovanni, del duecentesco Duomo, i centri commerciali hanno sostituito le industrie siderurgiche che hanno chiuso i battenti (come le acciaierie Bertoli, la Safau) o che si sono trasferite altrove (come la Abs di Cargnacco, la Danieli di Buttrio, la Pittini di Osoppo). Dopo che il marchio è stato comprato dalla multinazionale Heineken, ha chiuso anche la fabbrica della Birra Moretti, con il suo simbolo, il vecchio friulano con baffi, cappello e boccale in mano, che oggi è stato trasformato in un personaggio paraculo da spot tv.
Nel 2008, prima della crisi, c’erano 5.200 imprese manifatturiere con 61 mila occupati. Oggi sono 4.500 e gli occupati sono scesi a 54 mila. C’è stato il declino delle acciaierie e il crollo del distretto della sedia. Eppure la disoccupazione è inferiore alla media nazionale. E il benessere resiste: si vede nei locali affollati, osterie e ristoranti dove non si riesce a mangiare e bere male neppure se ci si impegna.
“Siamo forti nell’Industria 4.0”, proclama Matteo Tonon, ex presidente di Confindustria Udine. “Siamo al settimo posto nella classifica dei brevetti di design in Europa, abbiamo tassi alti d’innovazione e ricerca”. Resta forte il settore pubblico. Su circa 500 mila occupati nella regione, ben 85 mila sono dipendenti pubblici, quasi uno su cinque. Sono 14 mila quelli del “comparto unico” che raccoglie i dipendenti di Regione, Province, Comuni, Consorzi, con stipendi più alti rispetto, per esempio, al Veneto (circa 3 mila euro in più all’anno).
L’età media a Udine (47,2 anni) è più alta della media italiana (44,9). La natalità (6,7 nati all’anno ogni mille abitanti) è più bassa (7,8). Più di un quarto dei cittadini (26 mila) ha più di 65 anni. Tanti, in compenso, gli universitari (16 mila). Quasi 14 mila gli immigrati ufficiali, più un migliaio di profughi o irregolari che sono diventati anche qui un tema politico agitato dalle destre, soprattutto nella fase in cui erano stati concentrati nella ex caserma Cavarzerani. Proteste sui social quando come Mister Friuli Venezia Giulia è stato eletto Alionne Diouf, 18 anni, senegalese. “A me piace la polenta e frico”, ha ribattuto il ragazzo. E che cosa c’è di più friulano del frico?
LA PAROLA
Frico
Un piatto e una parola con il sapore del Friuli. Il frico è un cibo vecchio di secoli che ha radici nelle abitudi della gente dei monti e dei campi. La ricetta: patate, cipolle e formaggi fusi.
Libri, osterie e il tajut
Alla destra che diffonde paura e fa campagna elettorale sulla pelle dei migranti, il sindaco uscente di Udine Furio Honsell ricorda: “Il Friuli è sempre stato terra di emigranti. A Toronto, in Canada, ci sono tanti friulani quanti a Udine”. Per secoli è stata fuga dalla miseria contadina. Oggi l’emigrazione è cambiata, ad andare all’estero sono i figli che hanno studiato. “Io ne ho uno a Londra e uno a Tokio”, racconta lo scrittore Paolo Medeossi. “Tanto in ogni città del mondo c’è una sede del Fogolar furlan che riunisce gli emigrati. E perfino a Shanghai è appena stato aperto un locale friulano, il Mandi mandi”.
“La rinascita del Friuli è cominciata con la ricostruzione dopo il terremoto del 1976”, spiega Honsell. E Udine, dopo il terremoto, è rifiorita con la fondazione in città dell’università, di cui il sindaco uscente è stato professore di matematica e per otto anni rettore. “La città non la voleva”, ricorda Medeossi, “aveva paura che, come a Trento, portasse la contestazione e la rivolta. Invece sono arrivati tanti giovani, che sono un affare anche economico per la città”. Il vanto di Udine ha a che fare con la cultura: “Siamo la città con il maggior numero di librerie per abitante al mondo, dopo Buenos Aires”, dice sornione Honsell. Chissà se è vero, se la sua classifica è attendibile. Certo che Udine ha venti librerie, otto case editrici, sedici biblioteche, quindici musei, tre teatri, cinque cinema. Ogni giorno le librerie si animano e si affollano per presentazioni, incontri, dibattiti.
Sono oltre 60 mila i visitatori, ogni anno, del Far East Film Festival, il più grande festival del cinema asiatico in Europa. Qui l’Istituto tecnico Malignani sforna centinaia di periti preparatissimi. “È una tradizione di Udine, quella del sapere tecnico e manuale, della genialità concreta”, dice Medeossi, “in continuità con quell’Arturo Malignani che nell’Ottocento andò in America a presentare a Thomas Alva Edison la sua invenzione che perfezionava la lampadina”. Udine fu la terza città in Europa con l’illuminazione elettrica, dopo Milano e Londra, e grazie a Malignani aveva le lampadine migliori al mondo. Ora la gara con il mondo, qui, si fa con i vini.
Chi comanda a Udine
In una città di avvocati (1.095), commercialisti e commercianti, il potere è diffuso. Eppure a Udine ci sono personaggi più potenti di altri. Giampietro Benedetti, per esempio, è sconosciuto ai più. Ma è il presidente della Danieli di Buttrio, colosso multinazionale con sito web in inglese e in cinese: l’italiano non serve, a uno dei leader mondiali nella produzione di impianti siderurgici, con più di 10 mila dipendenti, che costruisce acciaierie in Russia e nei Paesi arabi, in Brasile e in Corea.
Grossi numeri, ma anche grossi guai, per la multinazionale silenziosa: la procura di Udine, guidata da Antonio De Nicolo, gli ha contestato un’evasione e frode fiscale di 80 milioni di euro, su una cifra totale di circa 280 milioni nascosti al fisco. La Procura aveva indagato anche per corruzione internazionale, ma l’accusa è caduta, perché era corruzione tra privati commessa all’estero: è stato impossibile capire se i personaggi coinvolti ad Abu Dhabi erano pubblici ufficiali. Presidente di Confindustria Udine, appena subentrata a Matteo Tonon, è Anna Mareschi Danieli, 36 anni, laurea in Bocconi, vicepresidente e direttore finanza della multinazionale di Buttrio. Anna è la figlia della mitica Cecilia Danieli, la “signora di ferro” che negli anni Ottanta prese la guida del gruppo e lo portò fuori dalla crisi del settore siderurgico.
Tra in nuovi potenti, spicca invece Sergio Bini, che viene dal mondo delle coop. Ha fatto crescere la sua Euro&Promos, cooperativa di servizi, pulizie e facchinaggio, fino a farla diventare un colosso, insieme alla “sorella” Gsa spa, da 8 mila addetti e 110 milioni di fatturato. Recentemente ha trasformato Euro&Promos in società per azioni, versando una decina di milioni di euro al Fondo mutualistico delle cooperative. Insieme al passaggio aziendale, ha fatto quello politico: Bini si è schierato con la Lega e ha dato vita a Progetto Fvg, che vedremo all’opera ad aprile alle prossime regionali.
Antonio Maria Bardelli è il re dei centri commerciali. Il suo “Città Fiera”, alle porte di Udine, con il recente investimento di 35 milioni di euro diventa il più grande d’Italia. A metà tra politica e affari Massimo Blasoni, che è stato vicecoordinatore regionale di Forza Italia, ma che soprattutto è il fondatore e guida di Sereni Orizzonti, uno dei principali gruppi italiani nel settore della gestione e costruzione di residenze sanitarie per anziani, con 68 strutture in tutta Italia. Ex democristiano, Blasoni già negli anni di Mani pulite ha patteggiato una condanna per Tangentopoli. Alle elezioni del 4 marzo non gli hanno dato un posto in lista e lui ha reagito: “Lascio la politica”.
Anche Udine è stata colpita dalla crisi delle banche. Veneto Banca e, soprattutto, Popolare di Vicenza (che nel 1998 aveva inglobato la Banca Popolare Udinese) hanno lasciato uno strascico di storie drammatiche e risparmi polverizzati. “Ben 1,6 miliardi andati in fumo, 16 mila persone coinvolte, la maggior parte in città”, racconta Barbara Puschiasis, di Consumatori Attivi, fondata a gennaio 2018 dopo una brutta rottura con la Federconsumatori-Cgil che aveva scelto la linea morbida nei confronti delle banche venete. Sono invece 12 mila i soci della Coopca, la Cooperativa carnica (supermercati) fallita bruciando i risparmi di 3 mila “soci prestatori” che avevano lasciato i loro soldi, un tesoretto di circa 30 milioni, alla coop che li aveva raccolti sotto forma di prestito sociale: una piccola Etruria del Nordest.
Brutta storia di soldi, politica e finanziamenti alle imprese è anche quella del Mediocredito, la banca della Regione Friuli Venezia Giulia che dovrebbe aiutare lo sviluppo delle aziende locali. Dopo una denuncia dei Cinquestelle è partita un’inchiesta giudiziaria – ipotesi di reato: concorso in bancarotta e mendacio bancario – che sta cercando di ricostruire come sono stati impiegati i soldi e a chi sono stati dati i finanziamenti. Mediocredito ha chiuso il 2016 in rosso di 76 milioni di euro, il doppio del 2015 e quasi tre volte quello del 2014 (28,5 milioni).
Tra i politici, oggi il più influente è senza dubbio Massimiliano Fedriga, della Lega: ha il difetto di essere triestino – e i friulani non amano i giuliani – ma è telegenico e gentile: quanto basta per surclassare i colonnelli locali di Forza Italia. Senza alcun potere, ma con l’influenza morale di chi lavora per gli altri, è don Pierluigi Di Piazza, il prete che accoglie gli immigrati. Su Udine, città di professionisti e professori, aleggia anche l’ombra delle logge. Ce ne sono tre del Grande Oriente d’Italia, la “Philalethes”, la “Azzo Varisco” e la storica “La Nuova Vedetta”. “Sì, c’è anche la massoneria”, commenta l’ex sindaco Furio Honsell, “ma è blanda, è soft: come tutto qui a Udine”.
Le voci della città
Il Messaggero Veneto è la testata storica di Udine. Fondato nel 1946, fa parte del gruppo Finegil, che riunisce i quotidiani locali del gruppo Espresso-Repubblica. È stato il primo quotidiano italiano a colori, fin dagli anni Sessanta. È stato diretto per due anni, dal 2014 al 2016, da Tommaso Cerno, che ora ha scelto di fare il parlamentare del Pd. L’attuale direttore è Omar Monestier. Vende 40 mila copie e presidia tutto il Friuli, dalla Carnia alla bassa, fino al Pordenonese. Non lo insidiano i giornali concorrenti, Il Gazzettino, che ha un’edizione friulana ma gravita sul Veneto, e Il Piccolo, diretto da Enzo D’Antona, che resta il giornale di Trieste.
Le tv locali che fanno informazione sono Telefriuli e Udinese Tv. La prima è controllata dalla Danieli, multinazionale degli impianti siderurgici che ha comprato anche il settimanale Il Friuli, un tempo indipendente. Udinese Tv è invece della famiglia Pozzo, proprietaria dell’Udinese Calcio.
A tentare la strada dell’informazione libera e delle inchieste indipendenti sui poteri locali è il sito FriuliSera, animato da Fabio Folisi, che fino al 2015 dirigeva Il Quotidiano del Friuli Venezia Giulia, free press nata dall’esperienza di E-polis.
Ormai in declino è La vita cattolica, settimanale della Diocesi di Udine che un tempo era il giornale più letto e influente della regione, spesso critico del potere (allora democristiano) in Friuli. In crescita invece il sito web Il Perbenista, “l’unica testata senza bavaglio: satira, gossip e attualità” (così si presenta), fondata e animata da Marco Belviso, che si definisce non giornalista, ma “blogger”. A chi gli dice che è il Dagospia del Friuli Venezia Giulia, risponde: “Sì, va bene, ma io sono molto più bello di Roberto D’Agostino”. Va all’assalto soprattutto della politica e dell’amministrazione pubblica. Dichiara 30 mila visualizzazioni quotidiane e più di 8 mila “amici” della omonima pagina Facebook.
Vanta come scoop la scoperta, anni fa, dello scandalo delle escort in un albergo di Udine frequentato anche da politici e imprenditori locali e, più recentemente, le “rivelazioni” sul passato di Tommaso Cerno candidato di Alleanza Nazionale, ma anche il racconto delle consulenze della Regione assegnate a un avvocato del Pd e dei finanziamenti a piccoli imprenditori del turismo diffuso che erano anche consiglieri regionali dem. C’è una radio, molto ascoltata, che trasmette solo in friulano: Radio Onde Furlane. E c’è anche un Facebook tutto in friulano: si chiama Facecjoc e “cjoc”, tanto per intenderci, vuol dire ubriaco.
IL POSTO DELLE FRAGOLE
Il castello
“Oh ce biel cjscjel a Udin, oh ce biele zoventût”, dice la villotta (canzone popolare) friulana. In italiano significa: “Oh, che bel Castello a Udine, oh che bella gioventù…”. Il Castello è senza dubbio uno dei simboli e dei luoghi del cuore della gente di Udine. È solo una leggenda, ma si narra che quando Attila nel 452 d.C. saccheggiò Aquileia, una delle città simbolo dell’impero romano, chiese ai suoi soldati di “costruirgli” una collina a Udine per godersi meglio lo spettacolo di lassù. I militari riempirono ognuno il proprio elmo di terra e così la nacque l’altura dove poi fu costruito il Castello. L’edificio attuale risale al ’500. Fu realizzato al posto di una fortezza distrutta dal terremoto del 1511. Carlo Emilio Gadda gli ha dedicato il titolo di una sua raccolta di racconti: “Il castello di Udine”.