POLITICA

Sala e Milano, che prima o poi sarà “pronta” per una via a Craxi

Sala e Milano, che prima o poi sarà “pronta” per una via a Craxi 1985 ROMA. CONVEGNO SU TELEVISIONE E INFORMAZIONE AL JOLLY HOTEL. NELLA FOTO IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO BETTINO CRAXI CON SILVIO BERLUSCONI

Prima o poi ci riusciranno, a intitolare una via a Craxi, nella nostra Milano. Il progetto torna, ciclico e inesorabile. Ogni anniversario è buono per rilanciare la proposta. Che la ripetano i figli, è umanamente comprensibile. Ma dedicare una via o una piazza non è una mozione d’affetto filiale, è una scelta civica, culturale e politica. In occasione del diciassettesimo anniversario della morte dell’ex segretario socialista, il sindaco Giuseppe Sala “riapre il dibattito”, lasciando aperta la possibilità: “Io sono favorevole a riaprire il dibattito”, ha dichiarato. Poi ha fatto l’anguilla, come al solito: “Senza dare un giudizio, che è ancora complesso. Non so se Milano sia pronta o meno, bisogna ascoltare la città. Certamente, è giusto interrogarsi per capirlo. Quindi bene almeno il dibattito”.

Capito? Milano “non è ancora pronta”: come dire che presto lo sarà, che prima o poi ce la faremo, a intitolare una via o una piazza a Bettino. Quando riusciremo a far tacere quegli stupidi giustizialisti che ancora ripetono che è un condannato per fatti di corruzione morto latitante all’estero per sfuggire alla giustizia del suo Paese. Quando riusciremo a seppellire la memoria, che ci ricorda che Craxi fu uno dei perni del sistema di corruzione che divorò la Prima Repubblica e portò il Paese sull’orlo del crac, con un debito pubblico che ancora oggi ci pesa addosso.

Intanto c’è chi una via a Craxi l’ha già dedicata: è il sindaco di Sesto San Giovanni Roberto Di Stefano, di Forza Italia, uno che è stato indagato dalla Corte dei conti della Lombardia che gli ha contestato di essersi intascato illegittimamente 62 mila euro, soldi pubblici, da una società di cui era amministratore delegato (e che poi è miseramente fallita). Per non farsi mancare niente, Di Stefano annuncia che dedicherà anche un giardino a Gianfranco Miglio, quello che dichiarava cose così: “Io sono per il mantenimento anche della mafia e della ’Ndrangheta. Il Sud deve darsi uno statuto poggiante sulla personalità del comando”; e che, secondo il boss Giuseppe Graviano (intercettato) era “sceso in Sicilia perché aveva un bel progetto” e “s’incontrò pure con Nitto”, cioè con Santapaola, il capo di Cosa nostra a Catania.

Anche Andrea Orlando, dimenticando di essere il ministro della Giustizia e non della Latitanza, ha dichiarato che Craxi è “una figura importante e controversa della sinistra, che commise errori, ma fu portatrice di grandi innovazioni e di ipotesi di modernizzazione del Paese”. Discutiamone. Per il ministro Orlando, “questa discussione consente di legare la figura di Craxi non soltanto agli errori, che pure ci furono, ma anche a un’idea di innovazione che Craxi propose a un Paese che da molto tempo non vedeva un’idea di trasformazione della politica”. Effettivamente la politica del Caf (Craxi-Andreotti-Forlani) si trasformò in un grande banchetto di tangenti, di finanziamenti illegali ai partiti, di denaro pubblico sperperato per opere a volte inutili, e che anche quando erano utili, se confrontate con opere simili realizzate in altri Paesi europei, costavano il triplo e venivano terminate nel doppio del tempo.

Ma ce la faranno. Prima o poi, come dice Sala, “Milano sarà pronta”. Giangiacomo Schiavi, sul Corriere delle sera, ha ricordato che, prima che a Craxi, magari si potrebbe intitolare una via a Pietro Bucalossi, medico, uomo onesto, sindaco di Milano dal 1964 al 1967, pioniere della lotta ai tumori. Chissà, poi, se arriverà prima l’intitolazione di una via a Craxi, oppure la cancellazione delle vie dedicate ai professori che aderirono al Manifesto della razza o ad altri razzisti e antisemiti.

Il Fatto quotidiano, 26 gennaio 2018
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