MILANO

Che psicodramma, le “primarie più belle del mondo”

Che psicodramma, le “primarie più belle del mondo”

Erano “le primarie più belle del mondo” (copyright Giuliano Pisapia). In poche settimane sono diventate uno psicodramma che per essere raccontato avrebbe bisogno di uno psicanalista, più che di un giornalista o di un politologo. Dunque. Pisapia non si ricandida. Matteo Renzi indica, dall’alto, Mr Expo come successore: Giuseppe Sala aleggia per mesi sulle elezioni milanesi, bloccando tante altre possibili candidature (da Umberto Ambrosoli a Ferruccio de Bortoli). Sala l’“alieno”, che viene dall’amministrazione di Letizia Moratti, non è un candidato come gli altri: da una parte ha un’immagine forte, costruita con il peso (e i soldi) di Expo; dall’altra ha l’investitura del segretario Pd-presidente del Consiglio. Ma rappresenta, in prospettiva, la rottura del Modello Milano (centrosinistra unito con apporti dei movimenti “civici” fuori dai partiti) sostituito dal renziano Partito della Nazione. Pisapia s’impunta: il centrosinistra deve rimanere unito, il candidato sindaco deve essere scelto con le primarie.

Intanto, si è fatto sotto Pierfrancesco Majorino, sinistra Pd. A chi scrive, dice due cose: che ha una cartellina in cui raccoglie gli articoli del Fatto quotidiano su Sala, pronto a usarli in campagna elettorale; e che è disponibile a cercare un accordo per non dividere l’elettorato di centrosinistra nella gara con Mr Expo. Solo agli inizi di dicembre 2015 Pisapia indica Francesca Balzani come candidata del Modello Milano. Ma a questo punto Majorino sembra dimenticare le promesse: nessun accordo con Balzani, nessuna contestazione a Sala (su trasparenza, gestione discrezionale degli appalti, arresti dei suoi più stretti collaboratori…).

La politica s’incrocia con i narcisismi e i risentimenti e lo psicodramma esplode. Le assessore “arancioni” inventate da Pisapia (Ada Lucia De Cesaris, Chiara Bisconti, Cristina Tajani) rompono patti politici e rapporti umani e salgono sul carro di Sala. Tra Majorino e Balzani si scatena una lotta fratricida, con le rispettive tifoserie che non si risparmiano colpi bassi e accuse reciproche. Tanta passione, ma anche molto veleno. Il culmine dello psicodramma: la serata al teatro Filodrammatici in cui Sel tenta (invano) di far accordare i due. Paolo Hutter, accorato, si dice convinto che il 7 febbraio alle primarie si elegge già il sindaco di Milano, che i due candidati ora contrapposti “sono entrambi carne della nostra carne e sangue del nostro sangue” e che devono dunque trovare un accordo.

Carlo Monguzzi, “incazzato”, chiede di “decidere chi è più utile per battere Sala”, perché “per scegliere chi arriva secondo non vado neanche a votare”. Ma come si fa? Si inventano le primarie delle primarie? Majorino va avanti. Rimprovera a Balzani i tagli di bilancio per la spesa sociale. E chiede: ma perché mai dovrei farmi da parte io? Nessuno lo può obbligare, certo. Gad Lerner gli risponde che la politica non si fa con le prenotazioni (“Sono arrivato prima io”).

Resta il fatto, però, che con due candidati vince Sala. Gongolano infatti i sostenitori dell’alieno, che per Majorino hanno solo parole dolci. Lui resta in pista per vincere, dice: per battere sia Sala, sia Balzani. Chi non lo ama lo descrive invece convinto che la fase Pisapia sia ormai chiusa, che Sala abbia già vinto, dunque corre solo per strappare a Balzani il secondo posto. Meno male che c’è Paolo Limonta, lo Shrek buono di Pisapia. Lui è sicuro che il popolo milanese delle primarie la sappia lunga e che il 7 febbraio andrà a finire così: prima Balzani, secondo Sala, terzo Majorino. Lo sapremo tra 23 giorni.

Il Fatto quotidiano, 15 gennaio 2016
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