Il giudice scrittore che porta fortuna a B. e il pizzino Mediolanum
È un magistrato che porta fortuna a Silvio Berlusconi e ama Gianni Letta; che passa il suo tempo, più che stilare sentenze, a scrivere romanzi gialli e presentarli in giro per l’Italia; e che ha una remunerativa attività parallela (di formazione dei futuri magistrati) che gli rende più del suo lavoro di alto magistrato amministrativo. Si chiama Francesco Paolo Caringella, è stato giudice penale a Milano e ora è presidente di sezione del Consiglio di Stato.
A Milano gli capitò di essere, nel 1996, il giudice a latere di Berlusconi accusato di corruzione per le tangenti che la Fininvest aveva versato alla Guardia di finanza per addomesticare i controlli fiscali. Prove solide, testimonianze consistenti. Ma poi successe l’imprevisto: una frase sussurrata dal presidente del collegio al pm Gherardo Colombo e carpita da un microfono del tg innescò l’astensione del presidente, che abbandonò il giudizio, mentre Caringella lasciò il collegio per trasferirsi al Tar. Risultato: il processo dovette cominciare da capo. Berlusconi fu condannato a 2 anni e 8 mesi, ma alla fine la Cassazione lo assolse “per non aver commesso il fatto” (anche grazie alla falsa testimonianza dell’avvocato David Mills).
Se a Milano era bastata la presenza di Caringella per portare fortuna all’ex presidente del Consiglio, a Roma la sua azione è stata ben più determinante. Esattamente vent’anni dopo, nel marzo 2016, come presidente della sesta sezione del Consiglio di Stato dà ragione a Berlusconi sul caso Mediolanum. Dopo la condanna definitiva per frode fiscale, persi dunque i requisiti di onorabilità, la Banca d’Italia gli aveva imposto di cedere il 20 per cento di Banca Mediolanum (valore circa 1 miliardo). Berlusconi aveva fatto ricorso al Tar e aveva perso. Era ricorso allora in appello al Consiglio di Stato che dapprima, nel dicembre 2015, gli ha concesso una sospensiva (con una sentenza dei giudici Stefano Baccarini e Roberto Giovagnoli), poi gli ha dato pienamente ragione (con sentenza scritta da Giovagnoli, presidente Francesco Caringella).
Ma un imprevisto è accaduto anche questa volta: appunti manoscritti sulla sentenza Mediolanum sono stati trovati dalla Guardia di finanza durante una perquisizione al funzionario della presidenza del Consiglio Renato Mazzocchi, indagato, insieme a quella vecchia lenza del faccendiere Raffaele Pizza, dalla Procura di Roma che vuole capire se c’è una “fabbrica delle sentenze” dentro il Consiglio di Stato. Gli appunti erano in una scatola insieme a bottiglie di spumante e a 247 mila euro in contanti. Suggerivano come rispondere a Bankitalia che argomentava (per la prima volta in aula il 24 gennaio 2016) perché Berlusconi doveva cedere le sue azioni. Secondo gli investigatori quei suggerimenti giuridici finiscono nella sentenza, depositata il 5 marzo da Caringella e Giovagnoli, in cui vengono bocciate le richieste di Bankitalia.
Altri appunti trovati a casa Mazzocchi spifferano così: “Ho parlato con B. il quale mi ha detto che il relatore del 4 dicembre è lo stesso del 24 gennaio”. Per gli investigatori B. non è Berlusconi (potrebbe essere Baccarini, il giudice che a dicembre aveva concesso la sospensiva?). Sospettano che il relatore a cui si accenna potrebbe essere Giovagnoli, in effetti lo stesso nelle udienze di dicembre e di gennaio.
Il trasporto di Caringella per Gianni Letta si manifesta invece in post su Facebook come questo: “La presentazione nella favolosa cornice del circolo Aniene a Roma è stata emozionante: luogo evocativo baciato dall’ansa più poetica del Tevere, il calore di amici e lettori che ha impregnato d’affetto i candidi muri, il giallo del libro che vibrava nell’aria, un confronto pacato e serrato su letteratura e giustizia, lo sguardo vigile di mia moglie e i sorrisi assorti dei miei editori. Le parole del direttore Gianni Letta mi hanno confermato la musicalità della parola amicizia”.
Era il commento alla presentazione di un libro di Caringella, Non sono un assassino. Sì, perché l’infaticabile magistrato è anche scrittore. Di romanzi gialli come Il colore del vetro o Dieci minuti per uccidere, di saggi come La corruzione spuzza, scritto insieme a Raffaele Cantone, o Dieci lezioni sulla giustizia per cittadini curiosi e perplessi, editi da Mondadori. È soprattutto scrittore, verrebbe da dire, vista la gran quantità di presentazioni, dibattiti, manifestazioni, festival ed eventi per promuovere i suoi libri a cui partecipa in giro per l’Italia.
Del resto, Caringella ha anche un’altra attività: quella di formatore dei futuri magistrati, attraverso una società che si chiama Dike giuridica e che è controllata da sua moglie, Sandra Della Valle. Organizza corsi per preparare agli esami di magistrato ordinario, amministrativo e contabile, avvocato, prefetto, dirigente di polizia. Edita testi e manuali giuridici. È un business milionario e, insieme, una straordinaria macchina di potere attraverso il sistema di relazioni che crea con i magistrati e gli alti funzionari chiamati a tenere corsi e a scrivere libri. Ma Caringella minimizza: il suo primo amore è la scrittura, il suo primo mestiere (anzi l’unico, secondo la sua pagina Facebook) è: “scrittore”.