POLITICA

Miracolo a Torino. La sinistra riprende a parlarsi: “Tav o metrò?”

Miracolo a Torino. La sinistra riprende a parlarsi: “Tav o metrò?”

Lione, città francese con poco più di 500 mila abitanti, ha 30 chilometri di metropolitana con quattro linee che trasportano oltre 700 mila persone al giorno. Torino, con circa 850 mila abitanti, ha soltanto una linea di metropolitana, su cui viaggiano circa 150 mila persone al giorno. “Lione ha iniziato a costruire il suo sistema di metropolitana all’inizio degli anni Settanta. Torino ha fatto partire i lavori solo nel 2000. Il confronto Torino-Lione è impietoso”.

A parlare è Alberto Poggio, ingegnere del Politecnico torinese e componente della Commissione tecnica Torino-Lione nonché dell’Unione montana Valle Susa. “Abbiamo decenni di ritardo nella progettazione e costruzione di infrastrutture di trasporto pubblico locale”.

L’unica linea esistente, la M1, è ancora da completare. I cantieri sono aperti dal 2019 e per riuscire a chiuderli sono necessari 26 milioni di euro, più altri 311 per ultimare la tratta. I soldi non ci sono, per il metrò. Ci sono però – almeno nelle intenzioni e nei progetti del governo di destra – per la grande opera che gravita sull’area: il Tav Torino-Lione.

Il Comune di Torino ha presentato al ministero delle Infrastrutture e dei trasporti (Mit) un’istanza di finanziamento, chiedendo l’assegnazione di circa 1 miliardo di euro. Sono i fondi necessari al completamento della M1 e all’avvio della seconda linea metropolitana, la M2. Ma quante probabilità ha il Comune di ottenere quanto richiesto? “Pressocché zero”, risponde Poggio. Il “Fondo ministeriale per il trasporto rapido di massa” da cui dovrebbero arrivare i soldi è un salvadanaio vuoto. Le risorse disponibili del Mit sono state tutte dirottate dal ministro Matteo Salvini sulle grandi opere: il Ponte sullo Stretto, il Tav Torino-Lione, il Terzo valico dei Giovi.

In questa situazione, lunedì scorso a Torino è accaduto un piccolo miracolo. Tutte le forze politiche della sinistra hanno ripreso a parlarsi e a confrontarsi in pubblico, riunite nella sala del Centro studi Sereno Regis: “Tav o metrò? Come stiamo usando le risorse pubbliche?”. Sulle infrastrutture la sinistra è spaccata da anni, con il Pd a favore del Tav e Cinquestelle e Alleanza verdi e sinistra contrari. Lunedì scorso c’è stato un tentativo di dialogo. Nadia Conticelli, consigliera regionale del Pd piemontese, si è confrontata con Sarah Disabato (M5s) e Alice Ravinale (Avs), oltre che con Federico Bellono, segretario generale della Cgil di Torino, e Alberto Poggio.

La coperta è corta, i soldi sono pochi ed è tempo per tutti di indicare almeno le priorità sul trasposto pubblico. Il Pd resta favorevole al supertunnel della Torino-Lione e all’alternativa “Tav o metrò?” risponde: entrambi. Ma intanto cresce almeno la speranza di fare fronte comune contro un governo che respinge la richiesta di Avs di stanziare 560 milioni per la M2 di Torino, per poi aggiungere nella legge di bilancio 1 miliardo alle risorse per il Tav.

Dal 2000 a oggi, la Torino-Lione ha succhiato ben 5,5 miliardi di risorse pubbliche, per una grande opera di cui si fatica a vedere l’utilità (il trasporto merci Italia-Francia è in calo) e ormai senza tempi certi di realizzazione, visto il raffreddamento della Francia (niente più linea nuova fuori dal tunnel) e dell’Unione europea (progressivo disimpegno sui finanziamenti, con costi ormai lievitati da 8,6 a 11,1 miliardi).

Nello stesso periodo, la Metropolitana di Torino ha faticosamente ottenuto in tutto soltanto 1,5 miliardi e il trasporto privato in città resta quasi senza alternative, con altissimi tassi d’inquinamento atmosferico. Il miliardo che servirebbe per proseguire la realizzazione del metrò è lo stesso miliardo che Salvini e il governo Meloni hanno assegnato al Tav. Chissà se questo favorirà un fronte comune delle opposizioni. Almeno a Torino. Altrove, come a Milano, sulla strada dell’intesa Pd-Cinquestelle-Sinistra resta (almeno per ora) un inciampo ingombrante come un grattacielo: la legge Salva-Sala.

Il Fatto quotidiano, 21 febbraio 2025
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