GIUSTIZIA

Berlusconi e Ruby, due bacchettate dalla Cassazione

Berlusconi e Ruby, due bacchettate dalla Cassazione

Silvio Berlusconi non c’è più, ma la sentenza della Cassazione sul processo Ruby 3, a saperla leggere, ci dice molte cose niente affatto archeologiche. Le 26 pagine della motivazione sono innanzitutto uno doppio schiaffo giuridico al collegio del Tribunale di Milano, presieduto da Marco Tremolada con a latere Mauro Gallina e Silvana Pucci, che nel febbraio 2023 hanno assolto Berlusconi e le ragazze dei festini di Arcore.

Lo hanno fatto con una supercazzola giuridica ora sonoramente bocciata dai supremi giudici, che segnano con la matita rossa e blu due errori. Il primo: hanno sostenuto che le ragazze imputate di corruzione in atti giudiziari e falsa testimonianza non potevano essere considerate testimoni perché già sospettate di corruzione (Silvio le pagava per non raccontare la verità sul bunga-bunga). Se non erano testimoni, non avevano la qualifica di “pubblico ufficiale”, necessaria a configurare la corruzione in atti giudiziari: erano invece “indagate (o indagabili) in procedimento connesso” e dunque potevano felicemente mentire o rifiutarsi di rispondere.

No, spiegano i giudici della Cassazione: “Il momento in cui il teste assume la veste di pubblico ufficiale è al più tardi il momento dell’ammissione della prova, a prescindere da quello della effettiva citazione”. Dunque le 21 ragazze erano eccome “pubblico ufficiale”, e dovevano essere processate per i fatti pacificamente accertati: avevano ricevuto soldi e regali da Berlusconi (per almeno 4 milioni di euro) e avevano mentito ai giudici dei processi Ruby 1 e Ruby 2, raccontando le notti di Arcore come “cene eleganti”.

Secondo errore: i giudici Tremolada-Gallina-Pucci hanno risolto la vicenda assolvendo tutti come richiesto dalla difesa Berlusconi, senza prendere in considerazione il fatto che l’imputazione per “corruzione in atti giudiziari” (articolo 319 ter del codice penale) poteva essere eventualmente sostituita dall’imputazione per un altro reato, “intralcio alla giustizia” (articolo 377), che punisce chi offre denaro a un teste per farlo mentire, senza che il teste poi realizzi la falsa testimonianza. In questo caso, sarebbe stato condannabile solo Berlusconi e non le ragazze testimoni.

Inflitte queste due bacchettate, i supremi giudici dispongono per le 21 “olgettine” un nuovo processo che dovrà stabilire se sono punibili per corruzione in atti giudiziari o, in subordine, se è invece scattato il reato di intralcio alla giustizia, nel qual caso le ragazze saranno “esonerate da ogni tipo di responsabilità”, che sarà tutta di Berlusconi, anche se non è più processabile perché nel frattempo è morto. Per quanto riguarda la falsa testimonianza, invece, niente più processo alle ragazze, perché quel reato è caduto in prescrizione.

I giudici Tremolada-Gallina-Pucci sonoramente sconfitti in punto di diritto. Piena vittoria del procuratore aggiunto Tiziana Siciliano e del sostituto procuratore Luca Gaglio, che hanno sostenuto l’accusa nel processo Ruby 3 e hanno poi presentato il ricorso contro le assoluzioni direttamente in Cassazione (per saltum), ottenendo una piena conferma delle loro tesi.

Una bella soddisfazione per Siciliano, oggi impegnata (insieme ai sostituti Marina Petruzzella, Paolo Filippini e Mauro Clerici) nelle indagini più delicate tra quelle in corso a Milano, sull’urbanistica per i grattacieli tirati su con titoli edilizi considerati fuori legge.

Nel palazzo di giustizia milanese c’è chi ricorda invece che Marco Tremolada, con a latere Mauro Gallina, ha siglato (nel 2021) un’altra assoluzione controversa: quella per tutti gli imputati del processo Eni-Nigeria per corruzione internazionale. Ma questa, a differenza della Ruby 3, non ha avuto alcuna verifica, né in appello né in Cassazione. È stata resa subito definitiva dalla Procura generale di Milano, che – con una procedura più unica che rara – si è rifiutata di celebrare il processo d’appello.

Fatto quotidiano, 24 gennaio 2025
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