Sala come Craxi. Sulla salva-Milano, chiamate in correo e minacce
Giuseppe Sala come Bettino Craxi. Il triste declino del sindaco-padrone traspare ormai dalle parole e dai gesti del primo cittadino di Milano. Abituato agli applausi, assuefatto agli elogi in quantità diabetica della fase gloriosa, non sa affrontare ora il momento di crisi. Reagisce come un Mammucari qualsiasi. Non sopporta che dalla sua stessa cerchia comincino ad arrivargli educati distinguo, sommesse critiche. Sono bastati un garbato articolo su Repubblica del professor Alessandro Balducci e qualche cauta riflessione critica di Cristina Tajani, entrambi ex assessori a Milano, per mandare Sala in iperventilazione.
Così sabato scorso ha preso il microfono in mano, fuori programma, a un convegno, per fare, come Craxi, una chiamata di correo: eravate con me in questi anni, quello che abbiamo fatto l’abbiamo fatto insieme. “La cosa che mi fa incazzare, e sottolineo incazzare, è che il centrosinistra governa la città da 14 anni, chi oggi fa dei distinguo era con me, era in giunta, era in consiglio, e io non ho visto nessuno in questi anni alzare la mano e dire: c’è qualcosa che non va. Sono diventati tutti fenomeni adesso? Questa non è lealtà”.
Mancava solo che dicesse, orecchiando Craxi e trasformando il dramma in farsa: alzi la mano chi tra voi può dirsi estraneo al sistema. Il sistema del “rito ambrosiano”, questa volta, che permette di costruire molto a Milano, con regole lasche e oneri da saldo. Da chi gli è stato attorno in questi anni pretende una “lealtà” che assomiglia tanto all’omertà, o alla solidarietà dei complici. Vuole obbedienza. Ordina di andare avanti senza alcuna correzione di un sistema che si è dimostrato sì “attrattivo” per la città, ma anche generatore di distorsioni, di disuguaglianze, di esclusioni.
Nel Pd ora c’è chi vorrebbe tornare alla “onesta” sanatoria proposta in un primo momento dalla destra, che sana il passato ma non pregiudica il futuro, non scassa la normativa urbanistica in tutta Italia e per sempre. Lui no: pretende che il partito vada avanti secondo lo schema che ha lui stesso imposto, la “legge d’interpretazione autentica” che riscrive le norme e rischia di essere bocciata dalla Corte costituzionale.
Minaccia: “Voglio vedere cosa succede adesso in Senato, voglio vedere il Pd che posizione tiene, è inaccettabile che qualcosa cambi. Se succederà, vedremo le conseguenze”. C’è qualcosa di tragico in questa fumantina incapacità di riconoscere gli errori, le esagerazioni, le forzature, in questa rigidità che non vuole dibattito, non sopporta mediazioni, non accetta correzioni.
Un sindaco attento al bene comune dovrebbe ascoltare tutti i cittadini, anche quelli danneggiati dalle torri costruite nei loro cortili e dai grattacieli tirati su al posto di un’autorimessa; quelli a cui sono stati tolti verde e servizi per favorire i costruttori; quelli costretti ad andarsene da Milano a causa dei costi dell’abitare, in una città “premium” consegnata alla rendita e ai fondi immobiliari. Invece preferisce raccontarsi come un “buon padre di famiglia” con “dirigenti e funzionari inquisiti che voglio proteggere”.
Così il Comune è parte lesa nei procedimenti aperti dalla Procura, ma non si costituisce parte civile, di fatto ammettendo di essere complice e mandante di coloro che sono accusati di abusi edilizi. Proprio come Craxi: rivendica i suoi comportamenti, ma pretende che non siano reati: è lui la legge, ciò che è stato fatto a Milano è buono e giusto. Se oggi contraddice la legge, si cambi la legge. Per Milano e l’Italia intera, per il passato e il futuro.
Lo applaude il Foglio, che irride l’appello contro la salva-Milano dei 140 professori e riduce la crisi al solito complotto dei giudici, e il Giornale, che chiama “spie” le cittadine che vanno in Procura a denunciare quelli che ritengono abusi edilizi commessi a loro danno e a danno della città. Intanto Sala, pensando al dopo, si propone come il “federatore” del centrosinistra: strano federatore, che invece di unire e mediare, spacca e divide e minaccia.
Leggi anche:
– Vita e miracoli di Beppe Sala, l’highlander