MILANO

Case a Milano, Cottarelli smentito: i costruttori sono troppo ingordi

Case a Milano, Cottarelli smentito: i costruttori sono troppo ingordi

“Ofelè fa el to mesté”, dicono a Milano. Antica saggezza popolare che consiglia al pasticciere di occuparsi di ciò che sa fare, senza avventurarsi in terreni su cui non è preparato. Chissà se questo proverbio lombardo è tornato alla mente al lombardo Carlo Cottarelli, che si è cimentato, un mese fa, in una ricerca sulle case a Milano commissionata dai costruttori di case (Aspesi, Assimpredil-Ance, Assoimmobiliare).

Il risultato dello studio è stato quello che i committenti volevano: dimostrare che far case a prezzi calmierati a Milano “non è economicamente sostenibile”. Realizzare un intervento immobiliare in città con quote di edilizia residenziale convenzionata e sociale provocherebbe alle imprese private – conclude Cottarelli – perdite milionarie. Non si può fare. Dunque bisogna sì costruire, costruire tanto, incalza Filippo Oriana, presidente di Aspesi (l’associazione che riunisce le società di promozione e sviluppo immobiliare), ma senza la zavorra di una anche piccola quota di case a prezzi un po’ più bassi del mercato.

Sono sempre troppo poche e a prezzi troppo poco più bassi, per calmierare davvero il mercato e impedire l’espulsione da Milano di migliaia di cittadini, ma per costruttori e sviluppatori sono invece sempre troppe e troppo pesanti per i loro bilanci. Più che floridi, a giudicare dalla corsa a costruire a Milano.

Il compitino di Cottarelli è stato subito smentito da un’altra ricerca, promossa dal Ccl, il Consorzio cooperative lavoratori guidato da Alessandro Maggioni. Il dossier intitolato L’iniquità dello sviluppo immobiliare residenziale a Milano presenta tre scenari.

Il primo. In un’area si realizzano solo appartamenti in vendita in edilizia libera, a 4.800 euro al metro quadrato (è il prezzo ipotizzato da Cottarelli). L’operatore ottiene un profitto (tecnicamente è l’Ebt Rate) del 10,9%, pari a 7,6 milioni di euro. Una percentuale superiore all’8,6% che Cottarelli nella sua ricerca ritiene quella “accettabile per il privato”.

Secondo scenario. Nella stessa area si realizza un 30% di appartamenti in edilizia convenzionata ordinaria, da vendere a 3.300 euro al mq, e il resto in edilizia libera a 4.800 euro. L’operatore gode per legge di sconti sul costo di costruzione e alla fine ottiene un Ebt del 9,6%, con profitti per oltre 6 milioni.

Terzo scenario. In un’area “a mercato forte”, dove i prezzi possono arrivare anche a 7 o 8 mila euro al metro quadrato, l’operatore realizza un 66% di edilizia libera, a 6.800 euro al mq, e un 34% di Ers, l’Edilizia residenziale sociale, da affittare a 110 euro al metro quadro oppure da vendere a 2.750 euro al mq, con il vincolo di non poter rivendere se non dopo otto anni. In questo scenario, il rendimento sale addirittura al 24%, con un profitto finale che oscilla tra i 13,7 e i 17, 6 milioni di euro.

Dunque, caro Cottarelli – e cari amministratori della città – si possono costruire case a prezzi calmierati e le si potrebbe ricavare anche in pieno centro, se la politica facesse il suo mestiere di regolare il mercato e di impedire la formazione di ghetti che relegano i poveri in periferia. Valutazioni finali.

Uno: occhio al consumo di suolo, aumentato anche a Milano malgrado le promesse green.

Due: le proposte Ccl sono comunque troppo generose con i costruttori, Milano ha bisogno anche e soprattutto di case popolari, da ristrutturare e assegnare; e, dove si costruisce, di tante abitazioni vincolate a restare pubbliche per sempre, senza possibilità di venderle e di rientrare nel mercato privato dopo essere state agevolate dal pubblico. Ci è riuscita (in parte) la sindaca Ada Colau a Barcellona: si può fare, se solo ci si libera dall’ideologia del privato che vince sempre.

Tre: le simulazioni Ccl provano almeno una cosa, che Milano, per gli operatori immobiliari, è una miniera da cui estrarre ingordamente profitti all’infinito, senza limiti. Il titolo di un loro incontro due giorni fa: “Milano alla riscossa. La capitale immobiliare carica la molla per ripartire dopo il blocco legale e politico”.

Il Fatto quotidiano, 6 dicembre 2024
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