MILANO

Stadio di San Siro. Il giocatore di poker e la partita senza fine

Stadio di San Siro. Il giocatore di poker e la partita senza fine

Che differenza c’è tra un sindaco e un giocatore di poker? Lo si capisce esaminando la storia infinita dello stadio di San Siro. Un sindaco tiene fermo l’interesse generale della sua città e tratta con gli investitori privati, forte della sua posizione di amministratore per conto dei cittadini. Così la sindaca di Parigi, Anne Hidalgo, al proprietario del Paris Saint Germain, il qatariota Nasser al-Khelaïfi, che chiedeva di comprare dal Comune di Parigi lo stadio Parc des Princes a 38 milioni di euro, ha risposto di sentirsi offesa per l’offerta economica: “Dunque il nostro stadio varrebbe meno di Leandro Paredes (calciatore del Paris oggi alla Roma) o meno dei 200 milioni che il Paris ha pagato per un singolo calciatore (Neymar jr.)?”.

Un giocatore di poker, invece, si siede al tavolo, rischiando di subire i bluff e di perdere molto di quello che punta, o tutto. Il sindaco di Milano Giuseppe Sala sta giocando da cinque anni (cinque anni!) una partita a poker su San Siro con i rappresentanti di Milan e Inter, cedendo ogni volta ai loro bluff e puntando fiches (lo stadio Meazza, i terreni attorno, un possibile sviluppo immobiliare milionario) che non sono sue, ma dei cittadini milanesi.

La partita è degna di un film di George Clooney o di Paul Newman e Robert Redford, ma purtroppo senza il fascino di quei protagonisti. In questi anni è successo di tutto. Dapprima i due club hanno tentato la stangata: abbattere il Meazza (la “Scala del calcio”, di proprietà del Comune) e costruire al suo posto uno stadio nuovo più piccolo infarcito di posti vip, ma soprattutto un grattacielo a uffici e un centro commerciale urbano, il più grande d’Europa. Cementificazione su terreni comunali e ad altissimo indice di edificabilità (0,70).

Sala, che non è Hidalgo, invece di alzarsi dal tavolo indignato e offeso, subisce il primo bluff: la minaccia delle squadre di abbandonare il Meazza e andare a costruire il loro stadio altrove (con soldi che i due club proprio non hanno). Le proteste dei cittadini, la nascita dei comitati, la proposta di un paio di referendum riescono almeno a ridurre il cemento e abbassare l’indice di edificabilità (prima a 0,51 poi a 0,35).

Infine la Soprintendenza ai beni artistici ribadisce quello che tutti sanno, e cioè che il secondo anello del Meazza nel 2025 compirà settant’anni e dunque scatterà il vincolo di legge che ne impedisce l’abbattimento. Il giocatore di poker, che fino a un minuto prima era favorevole alla demolizione, di colpo scopre la bellezza della “Scala del calcio” e propone alle squadre di ristrutturare il Meazza, secondo un progetto preparato dagli amici di Webuild. I due club (ormai la loro proprietà è di due fondi speculativi Usa) continuano il bluff: dicono di volere due stadi, il Milan a San Donato e l’Inter a Rozzano. Ma poi aprono all’ipotesi ristrutturazione, volendo però la proprietà dello stadio e soprattutto un grattacielo o due, cioè l’operazione immobiliare attorno allo stadio.

Da ultimo, il giocatore di poker invita al tavolo anche la rappresentante della Soprintendenza e questa cede: forse si può abbattere almeno una parte del secondo anello, se la proprietà del Meazza diventa in fretta privata; però “i club devono farsi amare dalla città”: dal vincolo artistico si passa al vincolo erotico. Invece di incassare, le due squadre rilanciano: vogliamo due stadi e forse vogliamo costruirne uno nuovo vicino al Meazza. Il giocatore di poker continua a subire il bluff: “Preferisco non parlare finché non c’è qualcosa di concreto”.

Mai vista una vicenda così incredibile, in cui gli interessi privati di due fondi americani, che puntano a “valorizzare” i loro asset per poi vendere le squadre, dettano l’agenda di una pubblica amministrazione. Interessi dei cittadini, valorizzazione dei beni del Comune, tutela delle aree verdi, coinvolgimento del Consiglio comunale, gara internazionale per scegliere le soluzioni migliori: tutta roba sconosciuta al giocatore di poker.

Il Fatto quotidiano, 19 settembre 2024
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