Strage di Ustica. Il “partito della bomba” è ancora al lavoro
Il “partito della bomba” continua a lavorare, 44 anni dopo la strage. La sera del 27 giugno 1980 il Dc-9 dell’Itavia decollato da Bologna non arrivò a Palermo, dove doveva atterrare. Si inabissò nelle acque di Ustica. Abbattuto da un missile nel corso di una battaglia aerea scatenata da caccia occidentali contro aerei della Libia, forse nel tentativo di uccidere Gheddafi: questa l’ipotesi prevalente, ma ancora senza prove certe, pur dopo le inchieste del giudice istruttore Rosario Priore e del giornalista Andrea Purgatori. Esploso a causa di una bomba a bordo, sostiene invece un’altra ipotesi, sostenuta dai vertici dell’Aeronautica militare italiana che in questi decenni hanno fatto sparire i tracciati radar, depistato le indagini, sottratto le prove.
Di questo garbuglio si occuperà stasera (25 giugno 2024) il programma su Rai3 di Massimo Giletti, Ustica, una breccia nel muro, trasmesso in diretta da Bologna, dal Museo per la Memoria di Ustica, in cui sono stati ricomposti i frammenti del Dc-9 ripescati in fondo al mare: uno struggente monumento funebre agli 81 morti di quella notte.
Il “partito della bomba” da giorni è in agitazione: il parlamentare di Forza Italia Maurizio Gasparri si è rivolto ai vertici della Rai per chiedere delucidazioni sullo speciale di Giletti. L’ex ministro del centrodestra Carlo Giovanardi ha annunciato che presenterà le prove che dimostrano l’esplosione dell’aereo a causa di una bomba a bordo. Entrambi si sono attivati affinché il servizio pubblico non faccia da megafono – dicono – a “tesi infondate”.
“Critiche preventive”, risponde Giletti. “In trasmissione presenteremo materiali e testimonianze per cercare di ricostruire la verità”. Un ex addetto militare dell’ambasciata francese a Roma racconta a Giletti che gli fu ordinato di non consegnare agli italiani i tracciati radar della base aerea di Solenzara, in Corsica. Gli fu detto di mentire, di riferire agli italiani che il radar quella notte era in manutenzione, che nella base dell’Armée dell’Air di Solenzara le attività di volo erano state sospese alle 17. Affermazioni smentite dalle molteplici tracce di aerei francesi decollati dalla Corsica e in volo quella sera.
Un ex maresciallo dell’Aeronautica militare italiana, Mario Sardu, quella notte responsabile del Trentacinquesimo Gram di Marsala, il sistema radar militare che controllava il Tirreno e il canale di Sicilia, ripete a Giletti di aver visto quella sera sugli schermi le tracce di aerei Nato in volo nei cieli di Ustica.
Un imprenditore in vacanza in Calabria, Antenore Masciari, racconta di aver visto, la sera del 27 giugno, due aerei sopra la Sila che si inseguivano. “Ho visto come dei lampi, uno che sparava all’altro”.
Filippo Di Benedetto, che nel 1980 era caporale di leva, ripete di essere stato mandato con altri militari, il 28 giugno, a presidiare un aereo libico caduto sulla Sila. Il pilota, morto, era dentro l’abitacolo. Poi il corpo sparì e fu ritrovato fuori dall’abitacolo il 18 luglio. Così si impedì di collegare quel Mig libico caduto alla battaglia aerea combattuta il 27 giugno nei cieli di Ustica.
Sono tasselli che il programma di Giletti compone per provare a ricostruire una verità da 44 anni negata. La caduta del Dc-9 fu provocata da un missile lanciato da un velivolo di un Paese Nato per colpire un aereo libico? O fu causata da una collisione con un aereo militare?
Giletti manda in onda anche le immagini riprese nei fondali del mare di Ustica, dove sono visibili alcuni solchi: aprono l’ipotesi che qualcuno sia arrivato in segreto, prima della missione ufficiale, a portar via i resti di un caccia, probabilmente Usa, precipitato insieme al Dc-9.
Ipotesi. Che non riescono a diventare certezze a causa dei silenzi ufficiali e dei depistaggi militari. Gli elementi di conoscenza accumulati negli anni smentiscono però tutti la tesi della “bomba a bordo”, tanto comoda perché toglie ogni responsabilità all’Aeronautica militare italiana e ai comandi Nato (e apre improbabili piste internazionali per la strage di Bologna, avvenuta un mese dopo, nel tentativo di scagionare i neofascisti già condannati).
È la tesi che tanto piace a politici come Gasparri e Giovanardi e a militari come il generale Leonardo Tricarico, già capo di Stato maggiore dell’Aeronautica e oggi figura di riferimento dell’“Associazione per la verità su Ustica” che si contrappone all’Associazione dei famigliari delle vittime presieduta da Daria Bonfietti.
“Noi aspettiamo l’ultimo pezzo di verità”, dice Bonfietti, “sono passati ormai troppi anni dalla strage e manca ancora solo il nome dell’autore o degli autori materiali dell’abbattimento di un aereo civile in tempo di pace, come è stato scritto già nel 1999 nell’ordinanza del giudice Priore. Dopo di lui, la magistratura non è riuscita ad aggiungere nuovi elementi di verità. Il governo attuale si deve impegnare a ricercarli in campo internazionale. È inaccettabile che continuino le provocazioni di una associazione che ripropone tesi come quella della bomba a bordo già smentite dalle indagini. È inaccettabile che la destra di governo le sostenga, contraddicendo, oltre che la verità, anche il suo passato: il Msi aveva sulla strage di Ustica ben altre posizioni”.