Unicredit: un ricco premio per costruire più in fretta a Milano
Tempi stretti e una inedita “success fee” (un premio di 16 milioni di euro) per riuscire a mantenerli. È l’impegno di Unicredit, insieme a Hines e Prelios, per costruire rapidamente sull’area dell’ex scalo Farini, a Milano, il suo nuovo quartier generale. Dal 2013, l’headquarter della banca guidata da Andrea Orcel è nel grattacielo disegnato da Cesar Pelli in piazza Gae Aulenti, il luogo più glam della nuova Milano, quello che ha cambiato lo skyline della città. Nel 2030 scade il contratto d’affitto e i 7 mila dipendenti e manager di Unicredit che ora lavorano nelle torri A e C di piazza Gae Aulenti e nella sede di Lampugnano dovrebbero trasferirsi tutti in una nuova sede di proprietà.
Possibile in sei anni ottenere i permessi edilizi e progettare e realizzare gli edifici? Orcel prova a scommetterci, tanto da prevedere – secondo quanto risulta al Fatto – un premio (“success fee”) a Hines e Prelios di 8 milioni di euro se riusciranno a ottenere dal Comune di Milano entro il 2027 il piano attuativo e altri 8 se entro il 2030 avranno il permesso a costruire. Non sarà facile: i tempi per i piani urbanistici sono lunghi e oggi a Milano sono anche rallentati dalle maggiori cautele del Comune dopo le indagini per abusi edilizi aperte dalla Procura.
Davvero inedito, l’incentivo della “success fee” urbanistica, in un contesto delicato in cui qualche malpensante potrebbe equivocare sui possibili utilizzi di milioni di euro stanziati per abbreviare i tempi e rendere più fluide le decisioni della pubblica amministrazione.
Una “success fee” a Hines e Prelios: 8 milioni di euro se riusciranno a ottenere dal Comune di Milano entro il 2027 il piano attuativo e altri 8 se entro il 2030 avranno il permesso a costruire
Ma, al di là delle illazioni, più concrete sono le polemiche ancora vive di quella che è stata chiamata “la guerra delle due banche” (Unicredit e Intesa) e del parallelo scontro in corso tra i due massimi operatori immobiliari sulla piazza di Milano (Coima e Hines). La città è prima in Europa per investimenti immobiliari, oltre 20 miliardi di euro negli ultimi dieci anni, seguita a distanza da Monaco di Baviera (10,8 miliardi) e Amsterdam (10,2 miliardi).
Coima, la società di Manfredi Catella, sta realizzando sull’area dello scalo Romana il villaggio olimpico per i Giochi invernali Milano-Cortina 2026 e sta completando con nuovi grattacieli l’operazione Porta Nuova, di cui la torre attuale sede di Unicredit è il fiore all’occhiello.
Nel 2015 tutta l’area di Porta Nuova è stata comprata dagli arabi di Qia, il fondo sovrano del Qatar, ma a Coima sono rimaste la gestione e le attività di “property and project management”. Così sarà Catella, nel 2030, in tempi in cui lo smart working ha ridotto la richiesta di uffici, a dover trovare nuovi affittuari per gli oltre 50 mila metri quadrati delle due torri di piazza Gae Aulenti ancora occupate da Unicredit. Non sarà un’impresa impossibile, dicono da Coima, visto che anche la torre B, già lasciata dalla banca, è stata rapidamente affittata ad altri in “multi-tenant”.
Catella era convinto di poter realizzare, dopo Porta Nuova e lo scalo Romana, anche l’operazione immobiliare oggi più importante in città, lo “sviluppo” dello scalo Farini, il più grande e pregiato dei sette ex scali ferroviari di Milano da “rigenerare”.
Invece, a sorpresa, il 13 dicembre 2023, quando furono aperte le buste con le offerte per la gara lanciata da Fs Sistemi Urbani, risultò vincitrice la cordata Hines-Prelios-Unicredit. Con un’offerta record: 500 milioni, decisa in un consiglio d’amministrazione straordinario di Unicredit convocato da Orcel la mattina dello stesso giorno in cui si dovevano presentare le offerte.
Coima aveva presentato un’offerta attorno ai 400 milioni in alleanza con Generali Real Estate e Emaar Properties (il fondo degli Emirati Arabi che possiede, tra l’altro, il Burj Khalifa di Dubai, il grattacielo più alto del mondo). Ma contro ogni previsione, a vincere è stata la superofferta di Unicredit, presentata da Mario Abbadessa, il manager alla guida della società italiana del colosso statunitense Hines, in alleanza con Prelios.
Hines è stata assistita dallo studio Chiomenti nella fase della gara e l’operazione è stata poi conclusa da Redeus Fund, fondo di investimento alternativo immobiliare chiuso, gestito da Prelios Sgr assistita dallo studio legale Dentons.
Quella di Hines-Prelios-Unicredit è stata una vittoria che ha avuto anche il sapore di una vendetta: per lo “schiaffo di Sesto” ricevuto da Coima pochi mesi prima. Nella primavera del 2023, infatti, Catella aveva presentato a Hines l’offerta di comprare per 100 milioni Milanosesto, la società che sta realizzando una gigantesca, ma complessa, operazione immobiliare a Sesto San Giovanni sui terreni che furono delle acciaierie Falck.
Hines e Prelios dichiararono subito “irricevibile, anzi provocatoria” l’offerta, replicando: “Milanosesto non è in vendita”. Poche settimane dopo dovettero ricredersi e accettare un accordo: Coima (con Redo-Intesa) svilupperà l’operazione, lasciando a Hines e Prelios solo il lotto Unione 0, su cui sarà costruito il centro direzionale da affittare poi a Intesa Sanpaolo.
Sullo scalo Farini, invece, sarà costruita la nuova sede di Unicredit. I vertici della banca prevedono che una sede di proprietà possa permettere un risparmio del 30 per cento rispetto all’affitto. Non sarà un grattacielo, ma edifici più bassi, a sviluppo orizzontale. “Dopo il covid, la tendenza è cambiata”, dicono a Unicredit, “meglio non costruire più in altezza e sviluppare invece edifici in orizzontale”. Attorno alla sede della banca saranno poi sviluppati altri immobili, uffici e residenze, che dovrebbero rendere remunerativo l’investimento milionario di Unicredit.
Ma sarà pronta la sede della banca per il 2030? “Si può fare”, rispondono ottimisti dai piani alti di Unicredit. “Comunque abbiamo con Coima un contratto che ci permette di prolungare eventualmente la permanenza nelle torri A e C”. E poi c’è il jolly: la “success fee”, cioè il ricco premio per far correre l’amministrazione milanese. Su questo, Unicredit, interpellata, non commenta.
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