Grattacielopoli. Cantieri, il primo sequestro non si scorda mai
Salto di qualità per la Grattacielopoli di Milano: è arrivato il primo sequestro. La Guardia di finanza ha messo i sigilli a un cantiere in via Lepontina, quartiere Isola. Vi si stava costruendo, dentro un cortile, una nuova torre di sette piani dopo aver abbattuto un edificio di due piani. Il Comune aveva dato il permesso per una “ristrutturazione”: dopo una autocertificazione, una semplice Scia (la segnalazione di inizio attività). Era davvero un “Giardino Segreto”.
Le 60 pagine dell’ordinanza del giudice Matteo Fiorentini, su richiesta della pm Marina Petruzzella, svelano il segreto e ci consegnano una lettura istruttiva e agghiacciante. Il Comune di Milano ha “sistematicamente violato l’abc dei principi costituzionali di legalità”, “a colpi di determine dirigenziali e procedure abnormi”. Violata una lunga serie di norme urbanistiche. Non si può costruire dentro un cortile edifici più alti di quelli attorno. Non si può considerare “ristrutturazione” un edificio nuovo. Non si può costruire una torre ad altra densità abitativa (tre volte l’indice generale previsto dal Pgr) senza un piano attuativo dei servizi (verde, parcheggi, strade, fogne) così rubati ai cittadini. Non si può sostituire la cessione di aree a standard con una monetizzazione, oltretutto a prezzi di molto inferiori a quelli di mercato, regalando agli operatori privati “vantaggi indebiti” e procurando loro un “finanziamento occulto”.
Il dirigente del Comune Maurizio Misciali si è baloccato con la pratica urbanistica di via Lepontina dal 2019 a oggi, per cinque anni, scrivendo, cancellando, correggendo un presunto “errore materiale”, aggiungendo, aggiustando, poi dimenticando la correzione. Viene da domandare: ci è o ci fa? Ha fatto tutto gratis? E non si è accorto, delle violazioni del Pgt, Marco Prusicki, presidente della Commissione Paesaggio a cui il Comune demanda decisioni non di competenza di quell’organismo? Il Comune di Milano ha negli anni “formato un sistema che, attraverso una lettura elastica del Regolamento edilizio, finisce per attribuire a un organismo ‘valutativo’ del Comune, la Commissione per il Paesaggio, poteri in realtà decisori discrezionali sulla fattibilità del progetto edilizio”.
Il tutto in contrasto con le leggi nazionali e regionali, dando poteri abnormi a “un organismo che non garantisce indipendenza e trasparenza, in quanto composto da architetti nominati personalmente dal sindaco, che esercitano la libera professione a Milano (per cui ricevono parcelle dagli operatori), e i cui progetti vengono sottoposti alla valutazione della stessa Commissione Paesaggio, in osmosi con lo Sportello unico edilizia che per legge valuta gli stessi progetti”: una mano lava l’altra.
È il Rito Ambrosiano, bellezza. È la consuetudine che, in nome della “attrattività”, per attirare capitali a Milano permette lottizzazioni abusive e abusi edilizi, con contorno di false attestazioni e abusi d’ufficio. E in dieci anni ha tolto ai cittadini servizi per almeno mezzo miliardo di euro (li quantificherà con più precisione la Corte dei conti?). Il sindaco Giuseppe Sala, invece di gioire per il ritorno alla legalità e per la possibilità di rimpinguare le casse del Comune, si lamenta: “Gli operatori immobiliari in parte stanno già decidendo che non si riesce più a investire a Milano”. Strana idea di sviluppo, come sistematica violazione delle regole. E ripete la balla delle leggi confuse e contraddittorie: “Stiamo parlando di una interpretazione di quello che sono le regole”.
Gli hanno già risposto i magistrati nel decreto di sequestro: “Le condotte dei funzionari e degli operatori non sono state cagionate da problemi di confusione del quadro normativo o di contraddittorietà tra normativa urbanistica statale e regionale o da oscillazioni giurisprudenziali. Ma sono frutto della deliberata torsione di basilari principi delle leggi”.
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