GIUSTIZIA

Basta intercettazioni. È l’amnistia permanente per i colletti bianchi

Basta intercettazioni. È l’amnistia permanente per i colletti bianchi

di Gianni Barbacetto e Antonella Mascali /

Togliere, limitare, circoscrivere, ridurre ogni strumento che possa servire alle indagini sui politici e sui colletti bianchi. Lasciare i magistrati d’accusa a mani nude davanti ai reati eccellenti, soprattutto quelli contro la pubblica amministrazione. È l’amnistia permanente: perché impedisce, a monte, di indagare sui delitti che non siano quelli di strada.

In un mondo interconnesso come il nostro, lo strumento principale d’indagine è l’intercettazione telefonica e ambientale, e il suo sviluppo tecnologico: il trojan che capta voci e contatti. Contro la possibilità d’intercettare e di usare i programmi-spia da anni si sono moltiplicate le iniziative di legge per ridurli fin quasi ad azzerarli.

L’ultimo segnale è arrivato due giorni fa dalla sentenza della Corte di cassazione che ha messo a rischio la possibilità di salvare decine di processi in corso, utilizzando (come permesso finora dalla legge Bonafede) le intercettazioni realizzate in un procedimento diverso. Una lunga storia, quella di rendere difficile o impossibile l’utilizzo delle captazioni telefoniche, che si è intensificata con il governo Meloni.

Basta “strascico”. Già approvate e in vigore alcune norme che depotenziano lo strumento investigativo delle intercettazioni. Stop a quelle “a strascico”, cioè divieto di usarle per un procedimento diverso da quello per cui sono state autorizzate, anche se offrono elementi di prova di un nuovo reato, a meno che non sia un reato per il quale sia previsto l’arresto in flagranza. Esclusi così molti crimini dei colletti bianchi. E ancora: vietato inserire nel verbale di trascrizione delle intercettazioni quelle considerate “irrilevanti” ai fini dell’indagine. Anche se queste potrebbero, nel corso dell’inchiesta, divenire importanti: e non solo per l’accusa, ma anche per la difesa. Il pm dovrà anche scrivere quanto ha speso per ogni intercettazione. Norme inserite nel decreto Omnibus approvato in via definitiva dal Senato il 9 ottobre 2023.

Sequestro cellulari e chat. Il 10 aprile, al Senato, approvato il ddl che dispone una stretta sul sequestro degli smartphone e degli altri apparecchi elettronici. Prevede un meccanismo talmente farraginoso per poter sequestrare e utilizzare nelle indagini le chat e la messaggistica informatica, che sarà inevitabile la perdita di tempo utile per le indagini. Come già per le intercettazioni, le chat e il materiale informatico sequestrato non potrà essere utilizzato per muovere un’altra accusa, anche se si dimostrasse un elemento stringente di prova. Per il sequestro di cellulari o pc o tablet dovrà intervenire un giudice. Entro cinque giorni, il pm deve avvisare tutte le persone coinvolte nel sequestro: gli indagati, i difensori, le persone offese. Con una sorta di udienza per la duplicazione del contenuto degli apparati elettronici sequestrati, di cui viene prodotta una copia forense. Poi sarà obbligatoria una seconda autorizzazione del gip per poter utilizzare il materiale sequestrato. Il testo approvato al Senato ora passerà alla Camera.

Niente trojan. Una settimana fa, l’assalto all’utilizzo dei trojan. Enrico Costa, ex Forza Italia passato ad Azione di Carlo Calenda, davanti alle commissioni Affari costituzionali e Giustizia della Camera ha sventagliato ben 23 emendamenti al ddl sulla cybersicurezza. Tra questi, il divieto di usare il trojan nelle indagini i per reati contro la pubblica amministrazione.

Solo 45 giorni d’ascolto. Quattro giorni fa, la commissione Giustizia del Senato ha approvato l’emendamento proposto dalla senatrice Erika Stefani (Lega) che introduce per la prima volta nel nostro Codice di procedura penale un tetto alla durata delle operazioni di ascolto: 45 giorni.

No salva-intercettazioni. Giovedì scorso le sezioni unite della Cassazione sono intervenute sulla legge Bonafede salva-intercettazioni del 2020. Le intercettazioni autorizzate per un determinato reato potranno essere utilizzate anche per un altro reato soltanto se il fascicolo originario e quello nuovo siano stati iscritti entrambi dopo l’entrata in vigore della legge (1 settembre 2020). La Bonafede, in ogni caso, è stata superata dopo l’approvazione del divieto delle intercettazioni a strascico. Dunque, anche con i limiti stabiliti ora dalla Cassazione, si potrà applicare solo per reati iscritti dopo il 31 agosto 2020 e prima del 9 ottobre 2023.

di Gianni Barbacetto e Antonella Mascali / Il Fatto quotidiano, 21 aprile 2024
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