Il messaggio a Meloni di Fincantieri, in guerra con la sindaca di Monfalcone
Nel giorno in cui il “caso Monfalcone” diventa un tema europeo approdando sulle pagine del Financial Times, la guerra tra Fincantieri e la sindaca leghista della città, Anna Maria Cisint, diventa un messaggio mandato a Giorgia Meloni e al ministro Giancarlo Giorgetti, perché disinneschino la bomba salviniana Cisint.
Ieri un’intera pagina del quotidiano economico della City è stata dedicata a Monfalcone, “la città italiana in prima linea nel cambiamento”. È il luogo d’Italia con la più alta percentuale di stranieri, quasi 10 mila dei 30 mila abitanti. La comunità più numerosa è quella che proviene dal Bangladesh.
In questa situazione, la sindaca Cisint sta attuando una politica di attacco ai diritti dei suoi concittadini di origine straniera, togliendo le panchine dalla piazza del municipio (“Vi si siedono solo i Bangla”), proibendo alle donne musulmane di fare il bagno in mare vestite, imponendo un numero massimo di ragazzi d’origine straniera nelle classi, deportando fuori città le eccedenze e impedendo perfino di pregare in due centri culturali usati anche come moschea.
Cisint indica da tempo Fincantieri come la causa dei mali di Monfalcone, perché non assume gli italiani ma attira gli stranieri, che lavorano (soprattutto in subappalto) per la costruzione delle grandi navi da crociera.
L’azienda da tempo rigetta le accuse, sostenendo di avere bisogno di almeno 2 mila saldatori e molatori che in Italia non si trovano. Fonti interne all’azienda segnalano che gli attacchi della sindaca, forse in cerca di visibilità politica nello schieramento di centrodestra, hanno ormai superato il livello di guardia: le esigenze industriali di Fincantieri e le difficoltà a reperire manodopera – spiegano – non possono costituire un’autorizzazione a “mancare di rispetto” a una grande impresa del Paese e ai suoi dipendenti, che nell’ultimo triennio hanno generato nel territorio dove lavorano 3,9 miliardi di valore, con un moltiplicatore di quattro volte sull’indotto, consegnando cinque grandi navi in acqua in tutto il mondo: nonostante il covid, l’inflazione, la difficoltà di reperire i materiali necessari e la ormai cronica mancanza di manodopera in Italia.
Fincantieri, controllata dallo Stato italiano attraverso Cdp, è diventata leader globale della cantieristica dopo la radicale ristrutturazione del settore avvenuta negli anni Ottanta, quando – spiega Nicola Quondamatteo della Normale di Pisa – “ha tagliato del 75 per cento la manodopera diretta, ricorrendo all’appalto e ai subappalti, e riuscendo così a ridurre il costo del lavoro del 50 per cento”. Sono arrivati in città i lavoratori stranieri, che sono diventati oggi un terzo della popolazione di Monfalcone. Scatenando la sindaca, che parla di “invasione della città da parte dell’Islam radicale”.
Ma senza manodopera straniera, dice al Financial Times Thomas Casotto, segretario provinciale della Cgil, “non troveremmo altri lavoratori, semplicemente non costruiremmo navi”.
Fincantieri ammette che c’è bisogno di interventi per mitigare e minimizzare gli impatti sociali dei suoi insediamenti industriali, ma sembra voler mandare un segnale al governo: per poter rispettare il suo consistente portafoglio ordini e difendere la posizione di leadership mondiale, ha bisogno crescente di manodopera, ma anche di collaborazione con le autorità locali, con le quali lavorare all’integrazione.
Non ha invece bisogno di conflitti con personaggi pittoreschi come la salviniana Cisint, che affronta il problema togliendo le panchine dalle piazze per non far incontrare le comunità straniere, vietando la preghiera islamica, proibendo il bagno alle donne che non si vogliono mettere il bikini.
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