Tre Ordini con i costruttori, contro la Procura che indaga per abusi edilizi
“Sull’urbanistica c’è un clima da caccia alle streghe: fermiamoci tutti”. Così ha dichiarato al Corriere Ada Lucia De Cesaris, ex vicesindaca di Milano, ora avvocato consulente di aziende e “sviluppatori”. Si riferisce alle indagini per abusi edilizi avviate dalla Procura di Milano: i tre moschettieri, i pm Marina Petruzzella, Paolo Filippini e Mauro Clerici, hanno aperto insieme ad altri colleghi inchieste su palazzi spuntati dentro un cortile e su grattacieli nuovi di zecca cresciuti al posto di palazzotti di pochi piani completamente abbattuti, eppure qualificati come “ristrutturazioni”.
“Fermiamoci tutti”, dice. Forse dovrebbero fermarsi coloro che compiono atti (eventualmente) illegittimi. Ma no, si è aperta una “caccia alle streghe”, dice De Cesaris. I “cacciatori di streghe”, in realtà, sono tenuti ad aprire fascicoli perché l’azione penale è ancora obbligatoria e perché è loro dovere verificare se le edificazioni milanesi rispettano la legge.
Ma le parole della ex vicesindaca dettano la linea: dopo la sua intervista sono subito intervenuti ben tre Ordini professionali, quello degli Architetti, quello degli Ingegneri e quello dei Geometri milanesi, con una lettera inviata al governo, alla Regione Lombardia e al Comune di Milano. Chiedono “chiarezza e regole certe”. E minacciano “il blocco” della crescita cittadina.
È giusto dare risposta agli Ordini, che “chiedono un quadro normativo chiaro e una norma di interpretazione certa del Testo unico per l’edilizia”. È giusto che “vengano garantiti strumenti chiari ed interpretazioni univoche delle norme, in modo da consentire ai colleghi professionisti ed ai dipendenti della pubblica amministrazione di operare con le giuste tutele, nell’ambito delle rispettive attività professionali, nell’interesse dell’intera collettività”, come chiede il presidente dell’Ordine degli architetti milanesi. Ma è anche necessario che queste giuste richieste non siano immerse in una melassa da azzeccagarbugli e siano liberate dal velo di ipocrisia di chi le leggi le conosce bene ma è abituato ad aggirarle.
Le inchieste dei magistrati, scrivono i tre Ordini, “provocano il disorientamento dei liberi professionisti e dei dipendenti della pubblica amministrazione, nonché di tutti gli operatori del settore, e causeranno una paralisi del processo di sviluppo della città”.
Certo, si sono tutti abituati al Nuovo Rito Ambrosiano: professionisti, dirigenti comunali e operatori immobiliari da anni costruiscono e lasciano costruire aggirando le leggi urbanistiche, in forza di consuetudini ormai consolidate e santificate dalla giustizia amministrativa. Così, in nome della velocità e della semplificazione, si può tirar su un grattacielo laddove c’era un edificio di pochi piani. E senza permessi urbanistici e piani attuativi, infischiandosi del Piano di governo del territorio: basta una Scia (la mitica Segnalazione certificata di inizio attività) che il privato manda al Comune e poi inizia i lavori, contando sul silenzio-assenso.
Dopo le denunce di alcuni cittadini, i magistrati sono intervenuti per verificare se le “consuetudini” e le “prassi interpretative amministrative consolidate negli anni sulle quali sono stati basati i progetti presentati a Milano nell’ultimo decennio” – cioè il Nuovo Rito Ambrosiano – sono conformi alle leggi.
Il compito dei magistrati è di far valere i diritti di tutti, non solo dei costruttori: anche dei cittadini che, di fronte a operazioni immobiliari (pudicamente chiamate di “rigenerazione urbana”) che aumentano massicciamente le volumetrie e il numero di persone su un’area, hanno diritto a standard e servizi aggiuntivi. Lo dicono le leggi: se non vi piacciono più, cambiatele.
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