Felice Casson: “Intercettazioni necessarie. Nordio la sa, le ha molto usate”
“Le intercettazioni sono indispensabili per le inchieste e i processi. E il ministro della giustizia Carlo Nordio la sa bene, anche se oggi sembra averlo dimenticato, perché le ha molto usate lui stesso, quando era magistrato come me a Venezia”. A parlare è Felice Casson, ex senatore del centrosinistra e prima, per una dozzina d’anni, giudice istruttore e poi, per un’altra dozzina d’anni, gip e pm.
Quando ha cominciato a usare le intercettazioni?
All’inizio, negli anni Ottanta, facevamo con fatica intercettazioni sui telefoni fissi. Poi la tecnologia è molto cambiata e oggi sono possibili controlli anche molto invasivi. Ma sono uno strumento indispensabile per molte indagini, su corruzione, terrorismo, criminalità organizzata… La mia prima intercettazione utile fu quella a Carlo Cicuttini: ci permise di confrontare la sua voce con quella della rivendicazione della strage di Peteano. Fu una delle prove che portarono alla condanna di Cicuttini per strage.
Poi lei passò a fare il giudice delle indagini preliminari, sempre a Venezia.
Sì, all’inizio degli anni Novanta sono stato il gip che ha autorizzato molte delle intercettazioni chieste da Nordio, allora pm. Lui seguì la fase finale e i processi che portarono alla condanna dei ministri Gianni De Michelis, socialista, e Carlo Bernini, democristiano. Dunque sa bene che senza intercettazioni non si sarebbe potuto accertare praticamente nulla.
Com’era Nordio da pm? Lui stesso ha raccontato che non si fermava mai in ufficio dopo le 14…
Mi avvalgo della facoltà di non rispondere.
Le intercettazioni costano troppo, dice oggi.
È tutto relativo. Se facciamo un confronto tra i costi e i vantaggi, non solo processuali (che già basterebbero), ma anche economici per lo Stato, constatiamo che questi sono enormi, grazie ai sequestri di denaro e di beni mobili e immobili che si realizzano nei processi di criminalità finanziaria e organizzata. Un tempo Nordio sosteneva che bisognava fare solo intercettazioni preventive, come si fa in Gran Bretagna, senza valore processuale. Ora non lo dice più, forse ha capito anche lui che così si perderebbero delle prove e che il controllo sulle intercettazioni lo avrebbero organi come i servizi segreti… E comunque i costi sarebbero gli stessi.
Qualche giorno fa, in Parlamento, Nordio ha detto che i pm senza controllo “sono un pericolo”.
Mi chiedo se si rende conto di quello che dice, visto che il pm lo ha fatto per tanti anni. E lo dice da ministro, da uomo dello Stato. Se dice una cosa simile, deve provarlo, deve specificare i casi e poi promuovere l’azione disciplinare oppure fare una denuncia penale. Un ministro non può parlare a vanvera.
Nordio e il governo Meloni hanno in programma l’eliminazione di alcuni reati (come l’abuso d’ufficio) e sembrano sottovalutare il contrasto alla corruzione.
Le depenalizzazioni che stanno realizzando non sono quelle che servirebbero al sistema. Io sono convinto che il panpenalismo sia sbagliato: non si può prevedere l’azione penale per qualsiasi cosa. È giusto diminuire le fattispecie penali, ma la selezione che stanno facendo è sbagliata. Cancellano i reati dei colletti bianchi e della pubblica amministrazione, che sono a tutela del cittadino; e introducono reati del tutto inutili (dal rave party a quelli contro gli ecoattivisti). È una selezione che direi classista: chi commette piccoli furti può andare in galera senza problemi e si può anche buttar via la chiave in Canal Grande. Ci sono poi comportamenti su cui non si deve intervenire con il processo penale, che deve essere usato per le cose serie, non per le stupidate.
Avrebbe un consiglio per l’ex collega Nordio?
Anche questa volta – e lo dico perché riguarda anche ministri precedenti – non si vuol capire o si fa finta di non capire che non si interviene sul problema fondamentale, e cioè sull’aumento degli strumenti necessari alla giustizia, cancellerie, segreterie, uffici di magistratura. Se non si risolve il problema della mancanza di personale, dove ci sono buchi del 50, del 60 per cento e anche peggio, vuol dire che non si vuole far funzionare la giustizia: diamo gli strumenti e il personale per farla funzionare. Ma anche questa volta, malgrado le promesse, non si è visto nulla.